Rimasero immobili e in silenzio per un minuto, guardando quel foglio con espressione attonita. Poi i miei genitori cominciarono ad aguzzare lo sguardo, finché mia madre si sentì in dovere di dirmi un poco convinto «Bello! Proprio bello». Io ero di fronte a loro con quel foglio in mano, mostrato con orgoglio e in attesa di quella risposta, ma avevo intuito che difficilmente, da grande, avrei fatto il pittore.
Primo giorno di scuola, primo disegno: titolo dell’opera “ricordi d’estate”. E io di quell’estate 1977 mi ricordai di una gara di nuoto a cui avevo assistito per la prima volta nella vita, durante una breve vacanza in Liguria. Mai vista una piscina prima di allora e non immaginavo che si potessero inventare delle vasche così grandi e azzurre per nuotarci dentro…La disegnai vista dall’alto, la piscina, ovvero come un enorme rettangolo azzurro con dentro una fila di testoline che sbucavano dall’azzurro (l’acqua). Un’interpretazione quasi cubista, frutto di una fantasia che a 6 anni non conosce limiti. A me la gara di nuoto aveva colpito parecchio. Con mio padre, ero tra la folla in silenzio in tribuna, in attesa dello sparo dello starter e feci un ragionamento ad alta voce che creò qualche scompiglio: «Bé, avevano il mare qui vicino, potevano nuotare là, senza il problema di dover girare ogni volta, perché nel mare la vasca è davvero infinita». Ero fatto così, certe stranezze dei grandi mi suggerivano sempre qualche contestazione. Come la mia prima volta al circo, sempre tra il pubblico in religioso silenzio, questa volta di fronte a un lanciatore di coltelli e a una giovane donzella appoggiata rigida e tesa a un asse di legno: «Ma perché sta lì? Non può spostarsi? È pericoloso» E non capivo, invece, perché alle mie parole, tutto il circo sghignazzava, compreso il lanciatore, tranne la donzella.
Sono i ricordi di un’estate, quella, terminata in una scuola, dentro un’aula piccola e stretta, nella quale mi fecero entrare assieme ad altri dodici bambini, tutti con il grembiulino nero. Ognuno orgoglioso della propria cartella nuova: la mia era rossa e con le bretelline in pelle e l’avevo lucidata per tutto il giorno precedente. E la notte prima avevo fatto fatica a prendere sonno, poi ci riuscii, ma mi risvegliai con le mutandine bagnate di pipì: troppa l’emozione. Poi, finalmente a scuola: ero pettinato e profumato a dovere, di fronte alla maestra che fu la prima donna, dopo mia madre, di cui mi innamorai.
Trentacinque anni dopo, in quella stessa scuola, dentro quelle aule rimaste assolutamente identiche da allora, ci entrerà mia figlia: e mi piglia un groppo in gola, al solo pensiero. All’idea che quel cucciolo di donna si appresti ad entrare con sui piccoli passi, nel mondo dei grandi. E a suo modo comincerà a farsi un’idea di tutto. È l’alba, la mia bimba dorme ancora e chissà cosa starà sognando: forse le immagini di un’estate, questa, vissuta in modo spensierato. O forse di cosa farà da grande, dentro questa Italia che è molto diversa da quella di trentacinque anni fa.
Tuttavia, anche in un’Italia diversa, la genialità dei bambini è la stessa di sempre e la potrà salvare dalla mediocrità: se penso a quante cose, noi grandi, le vorremo insegnare e addirittura imporre, nel bene o nel male, mi auguro che non bastino per farle perdere quel modo di pensare assolutamente puro e innocente. Si è appena svegliata, intanto, la cucciola: «Chissà come si chiamerà, la mia maestra. Per fortuna, questa notte è stata cortissima, più corta delle altre» è il suo primo pensiero a voce alta.
E anche lei ha sognato la scuola. E’ una tappa così importante per un bambino. Mia figlia ha ancora un anno di materna, ma già ne parla. e noi, così facili alle lacrime, per i nostri cuccioli, non possiamo che rassegnarci, felici, alla loro crescita e sperare sempre che abbiano il meglio, anche dell’istruzione, in questa scuola così provata.
Io non ci volevo andare. Quel grembiulino che mi arrossava i polsi peché stringeva, poi la divisa delle suore con la cravattina con l’elastico per fare prima. Per fortuna mia figlia la sta prendendo diversamente. Ma è ancora all’asilo. A lei toccherà l’anno prossimo.
E già mi emoziono. Leggendo questo poi…
E’ il primo post che leggo del tuo blog: ci sono arrivato dai link di Pendolante.
Sarà che ho anch’io una “figlia in crescita” ma mi hai commosso.
Sarà che ho due figli piccoli anch’io, ma il tuo post mi ha commosso.
PS: Avevo già provato ad inviare questo commento qualche giorno fa ma non so come mai non è arrivato.
sono io che mi scuso, il topo ha attraversato un periodo travagliato, ma presto riprenderà a vigilare sulla tana (letteraria)