Binario due, pienone in banchina, termometro a cinque gradi: ecco il giorno ideale per iniziare il diario del pendolare. Perché fino a qualche settimana fa, i treni viaggiavano ancora mezzi vuoti e perché il caldo fuori stagione regalava fin troppo sollievo. A Milano, sembrava quasi di andarci per una gita.
Oggi ci siamo, però: comincia la stagione. Donne, che fino a ieri concedevano generose scollature a sguardi neanche tanto indiscreti, stazionano appallottolate negli scialli, uomini intabarrati e irrigiditi come merluzzi norvegesi: tutti in attesa del treno delle 6,43, con lo stomaco contratto per il freddo e la testa che già è sprofondata nel sedile di una carrozza di seconda classe. Sagome asessuate di un mattino tipico di ogni pendolare, con un venticello che taglia la faccia, alzato dal treno in arrivo.
Si sale e ci si lascia cadere su una poltroncina impolverata e lercia, ma comoda quanto basta per entrare nel mondo di Orfeo che sembra attendere quella massa di sfrattati dalle lenzuola come un San Bernardo con la grappa sotto il mento, per dare un po’ di tepore. Quasi all’istante ci s’ingloba in un intero popolo dormiente, sfatto dal ritmo quotidiano, che a quell’ora non ha la forza di leggere nemmeno un aforisma o una barzelletta. Libri, quotidiani, pc ordinatamente riposti sulle ginocchia di ognuno, testa appoggiata all’indietro e respiro pesante: soltanto qualche studentello alle prime esperienze trova l’energia per starnazzare e ridacchiare, quanto basta per liberare un “vadavialcù” da una bocca impastata di sonno.
“Gallarate, stazione di Gallarate. Il treno fermo al binario 2 termina la corsa”. Guasto nefasto e bastardo, annunciato da un altoparlante non abbastanza carismatico per farsi ascoltare da uomini e donne in fase rem. Passano minuti prima che qualcuno, almeno tra gli insonni, si accorga del trappolone: il passaparola solleva sederi appesantiti al grido di «uè andiamo al sei, c’è la coincidenza per Pioltello»: è l’odissea tipica del pendolare, animale apparentemente senza meta, ma con un punto d’arrivo ipotetico, almeno ipotetico.
La transumanza al binario 6 è completa, o quasi: tuttavia, nei meccanismi perversi della quotidianità, qualcuno resta impigliato. Gimmy, per esempio, è rimasto di là sul treno spento: la sua sagoma la s’intravede appena, dietro il finestrino. Sogna un mondo diverso, è protagonista della storia d’amore che avrebbe voluto scrivere e pubblicare, vaga in un’isola esotica, deserta, accanto a Monica Bellucci. La trama è confusa, ma la scena è troppo intensa per risvegliarsi. Di fronte a Gimmy, poi, c’è Silvana, che si vede “più bella che intelligente”, ma è troppo immersa nella lettura per accorgersi di quanto accade attorno: dentro la sua realtà virtuale, è nel vivo delle Ragazze di Sanfrediano di Pratolini, un storia che prova a immaginare ai giorni nostri, perché la fantasia è bizzarra, non si ferma mai. Bob, il protagonista, donnaiolo e finto partigiano, è un novello Silvio B. capitato nelle grinfie di un gruppo di veline sedotte e deluse che, con violenza, esprimono il loro “non siamo a tua disposizione”.
Due anime disperse su un binario morto e nemmeno un straccio di samaritano pronto a riportarli nel mondo reale. Il resto della massa di corpi deambulanti è già sul localaccio delle 7,08: addio ai sogni, tutti in piedi e pedalare. Tutti in piedi, tranne Gimmy e Silvana, due destini che hanno deciso di fermarsi uno di fronte all’altro: chissà, a volte è così che nascono le storie d’amore.