Buona primavera, dottoressa Gelmini

La primavera inizia con una giornata dedicata alla poesia. Genere bistrattato, abusato, incompreso, travolto da un modo bulimico e isterico di vivere e assumere la cultura. La poesia ha i suoi tempi e i suoi ritmi, in genere, in sintonia con quelli della natura. Vorrei proporvi qui, due poesie sulla natura di un tale Salvatore Quasimodo, autore che grazie ai programmi avallati e approvati dal nostro,  mai rimpianto, ex ministro Gelmini, sarebbe superfluo o secondario.

Sull’argomento, interessante l’articolo firmato da Roberto Russo sul Corriere della sera di stamattina:

http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/arte_e_cultura/2012/19-marzo-2012/poeti-scrittori-meridionali-900-cancellati-programmi-licei-2003739529110.shtml

Nella giornata della poesia, io italiano del Nord, sono grato a un maestro del Sud.

 

Le gemme

Ed ecco sul tronco
si rompono gemme:
un verde più nuovo dell’erba
che il cuore riposa…
E tutto mi sa di miracolo.

Un’antichissima primavera

 Già sulle rive del fiume ritornano i cavalli,
gli uccelli di plude scendono dal cielo,
dalle cime dei monti
si libera azzurra fredda l’acqua e la vite
fiorisce e la verde canna spunta.
Già nelle valli risuonano
canti di primavera.

A proposito di poesia

Già, a proposito di poesia. Un piccolo pensiero per Antonia Pozzi, un personaggio che raramente finisce sui libri di scuola, ma che ha scritto pagine di rara sensibilità poetica. Giovane milanese, morta suicida, autrice poco compresa, ma da comprendere. Per questo, mi permetto un consigliarvi un incontro molto importante: mercoledì 7 marzo, alle ore 18, presso la biblioteca civica di via Sacco a Varese, si terrà un incontro dal titolo “In riva alla vita”, appuntamento nel centenario della nascita di Antonia Pozzi (1912 -1938). All’incontro parteciperanno Alessandra Cenni e Silvio Raffo, curatori dell’opera omnia della poetessa per l’Editore Betti

Leggenda (1935)

Mi portò il mio cavallo
tra le foglie
con soffice volo.

Calda vita nel vento
il suo respiro,
i molli occhi
fra colori d’autunno:
era oro nel sole il suo mantello.

Le pietre si scostavano
sui monti
al tocco degli zoccoli d’argento…

Lucio Dalla vive, sono i poeti che non “cantano” più

L’Italia piange la scomparsa di Lucio Dalla, ma intanto la sua opera irrompe nelle case degli italiani, irrompe ovunque, più potente e viva che mai: l’immortalità è il privilegio degli artisti veri. E a Bologna, per le strade del centro hanno capito il senso di queste parole, mentre nell’aria della città si diffondevano le note delle canzoni del suo celebre cittadino (diffuse a tutto volume dalla sua abitazione di via D’Azeglio). Poesia, tanta poesia. Evocata in un pomeriggio soleggiato del 1° marzo 2012.

Anticamente i poeti  componevano e “cantavano”, nella nostra epoca sembra che non lo facciano più. Provate a chiedere a chiunque passi per la strada di citare un verso qualsiasi di un poeta attuale. E per ogni editore, la poesia è da tempo un genere in perdita, anche se gli autori in Italia sono parecchi e molto prolifici. Non vendono, non compongono e non “cantano”, ma riflettono e scrivono. I poeti si sono sempre più allontanati dalla musicalità più comprensibile al popolo (ma forse è stato il popolo ad allontanarsi da loro). Hanno preso una strada impervia e tortuosa, spesso intima o astratta, sempre più distante dal volgo. E così, il comporre e il cantare sono diventati soprattutto esercizi esclusivi dei cantautori che, oggi, sono qualcosa di molto diverso dai menestrelli e dai cantastorie di un tempo.

Il mondo è cambiato, la radio, la televisione, il giradischi, i cd hanno fatto il resto: le canzoni e i loro autori hanno preso il sopravvento, non sempre con merito reale, ma molto spesso sulla spinta del favore del pubblico. Mentre i poeti moderni si sono spinti a esplorare le nuove dimensioni della parola, i cantautori hanno continuato a lavorare per il volgo, per il popolo. E fanno poesia.

Poesia intesa come arte universale, arte che, nella sua essenza, arriva a toccare tutti. Vabbè, la mia riflessione rischia di annoiarvi, si aprono ampi spazi per discussioni e opinioni discutibili, come la mia: il valore dell’arte si misura nella sua forza universale. La musica, la poesia, la letteratura, la pittura, la scultura, se necessitano di un compendio per essere comprese nella loro essenza, sono arte monca. L’emozione è roba da “istruzioni per l’uso”?

La musica leggera (non tutta, certo) ha riaccostato la gente alla poesia, come ci è riuscito anche il cinema: questi sono fatti indiscutibili. Tuttavia,  sono in tanti a storcere il naso, quando si fanno rientrare i grandi autori della canzone italiana nella cerchia dei poeti.

La morte di Lucio Dalla, come in passato avvenne dopo la scomparsa di Fabrizio De Andrè, ripropone questo dibattito: perché, più forte della notizia che fa certamente scalpore, c’è la sua opera, la sua poesia che si spande nell’aria e nei pensieri di tutti noi.

In cuor mio, avrei voluto che fosse avvenuta la stessa cosa lo scorso mese di ottobre, dopo la morte di Andrea Zanzotto. Ma non è andata così: non critico, ma osservo e rifletto.

Il cielo,
si perde il pensiero quando guardo il cielo