Tanti cittadini dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, si esprimono in modo “indignato” nei confronti dei loro Governi. Dall’Africa del Nord all’Europa c’è un movimento di protesta che va accusando i responsabili della vita pubblica di fare i propri interessi, ignorando – anzi danneggiando – i loro concittadini. Si tratta di un movimento che ha cicli periodici ventennali/trentennali.
Anche in Italia sta montando la protesta – iniziata dalle donne – che vuol moralizzare i proprio deputati. C’è un avvicendarsi di accusatori e accusati, ma tutti sono oramai convinti che così non si possa andare avanti.
Manca però un progetto che anzitutto metta fine a questi comportamenti, ma che poi prosegua nel definire una conduzione della vita pubblica dove diritti e doveri si accompagnino a bisogni e risorse, secondo giustizia, nel senso di dare a ognuno ciò di cui ha bisogno e chiedere a ciascuno quanto può dare e fare.
Nei bar, per le strade, nei convegni, nei dibattiti radiofonici e televisivi, negli SMS monta la protesta, quasi ad esprimersi come “pars destruens”. Chi ha questa posizione indignata, può avere anche un progetto da proporre e da pretendere. Ognuno di noi, però, dovrà chiedersi quanto può protestare o indignarsi, secondo la sua condizione.