Al “si salvi chi può” individuale, l’unica alternativa collettiva di questi tempi è una presa di coscienza che, di fronte al degrado socio-politico nel quale ci hanno condotti i troppi delegati eletti – direttamente o indirettamente, ci porti ad indignarci e ribellarci.
Speriamo che le conseguenze applicative non siano necessariamente quelle dei Paesi maghrebini (ribelli) o degli spagnoli,… israeliani (indignati). Forse siamo ancora in tempo per risollevarci dalle nostre passività, farci guidare da figure meno compromesse con il potere e finalmente assumerci responsabilità, non prima di aver dichiarato che cosa siamo disposti ad investire (nel senso di rinunciare) per questa operazione.
Talvolta sentiamo persone che prendono le distanze dall’appartenenza italiana. Che questo sia in nome di un secessionismo, o in nome di una lesa maestà, chiediamo loro la coerente decisione di lasciare la comoda posizione di chi “sputa nel piatto dove mangia” o si permette di scandalizzarsi di fronte alla puzza che ha appena emesso…
Facciamo un quasi disperato appello in chi crede ancora possibile un cambiamento a favore dei giovani e dei bambini che non si meritano di ereditare un nome che li faccia vergognare di fronte al mondo intero. L’Italia non è solo la terra di mafia, di evasori e di pedofili.
Ci sono Paesi dove le prospettive di speranza sono dovute a un lento avvio di processi di sviluppo… Da noi possiamo sperare perchè ci auguriamo che il punto peggiore sia già stato superato.