Nella magia di terre fantastiche anche la tecnologia fa la sua parte. Con due dita posso allargare o restringere una mappa. Posso digitare il nome di un paese fino a conoscerne vie, piazze e frazioni. Le informazioni arrivano una dietro l’altra fino a sapere distanze e tempi di percorrenza. Tutto questo ai tempi del viaggio di Michele Serra era pura fantascienza.
Eppure, chiedere un’indicazione a un anziano resta un’occasione unica di conoscenza del territorio. In Puglia sono tutti gentili e sembra abbiano un navigatore incorporato. All’inizio, spesso in un dialetto quasi incomprensibile, sciorinano una serie di punti di riferimento a me sconosciuti, e così al primo incrocio puntualmente mi devo fermare di nuovo e richiedere. Lo faccio con piacere soprattutto nei centri storici dei piccoli paesini. Mi diverte vedere quelle espressioni di stupore quando gli racconto del mio viaggio.
Francesco a Gallipoli, dopo avermi spiegato per l’ennesima volta come arrivare alla Cattedrale, mi ha chiesto: «Ma voi fate davvero il giornalista?» Gli ho tirato fuori una copia del giornale che avevo appena acquistato e gli ho fatto vedere le due pagine con me di schiena. In più indossavo la stessa maglietta e così ha iniziato a raccontarmi. «Allora dovete farlo sapere voi ai ministri che noi dopo una vita di lavoro prendiamo 500 euro di pensione».
Francesco fa il pescatore e sta riparando le reti insieme ad altri uomini. Sono sul molo, a fianco a S. Maria del canneto. «A sei anni ho iniziato ad aggiustarle e mentre facevo la prima media mi alzavo già di notte per andare a pescare con mio padre. Ho lasciato la scuola perché non riuscivo più a studiare. La licenza l’ho presa dopo con i corsi, ma sono contento della vita che faccio. La mia passione e soddisfazione più grande è alzarmi tutte le mattine e andare per mare a lavorare. A noi, se non andiamo, non ci paga nessuno».
A Gallipoli ci sono un centinaio di imbarcazioni per la pesca e ci lavorano cinquecento persone.
La pesca e la campagna sono gli elementi forti della Puglia, o meglio delle Puglie, perché questa regione si coniuga anche al plurale. Il turismo è arrivato dopo a caccia di bellezze e tradizioni autentiche che permettono di scoprire meraviglie anche negli angoli più remoti e nascosti.
Un angolo di terra che doveva avere un’energia particolare è quello tra San Pietro Vernotico e Cellino San Marco. Divisi solo da una manciata di chilometri e diventati famosi grazie a Domenico Modugno e Al Bano Carrisi. Il padre dei cantautori moderni è nato a Polignano a mare, un grazioso paese arroccato su uno sperone sulla costa alle porte di Bari, ma i suoi genitori si erano trasferiti nell’entroterra quando Domenico aveva solo sette anni. Il cantante è cresciuto lì. Oggi a lui è intitolata una piazza al centro della quale c’è un grande monumento. A San Pietro Vernotico vivono i nipoti di Modugno ed è nata anche un’associazione che gestisce un piccolo museo (chiuso nel pomeriggio) dedicato al cantante.
Il pezzo forte della zona sono però le Tenute Al Bano Carrisi. Centotrenta ettari di terra su cui, oltre alla villa del cantante, sorge un vero villaggio con tanto di scuola materna, tre chiesette, quaranta appartamenti, un ristorante, un’enoteca, un bar, una sala di incisione, una piscina e chissà cos’altro. C’è un pellegrinaggio continuo di gente che cerca Al Bano. «Non è difficile trovarlo, – mi dice Romeo che da 19 anni lavora per lui- vive qui e parla volentieri con tutti».
Nella tenuta si produce vino e alcune etichette «sono legate a titoli di mie canzoni, – spiega Al Bano – facciamo anche tanto olio e il resto della tenuta è lasciata a bosco. È un bosco importante e antico. A metà dell’Ottocento era il rifugio dei briganti che non volevano arrendersi ai Savoia. Si nascondevano qui assaltando diligenze e viaggiatori. Facevano scorribande anche nelle masserie e il mio bisnonno, che era un carbonaio, fu costretto dai briganti a portare loro cibo e sigari per tanto tempo».
Le piazzette della tenuta hanno anche loro titoli di canzoni o di personaggi a cui Al Bano è molto legato, come don Verzè e Madre Teresa. Il villaggio è tutto immerso nel verde con pini, lecci, querce e corbezzoli ed è costruito in tufo e pietre lecciso, materiali tipici di queste zone. «Le costruzioni hanno uno stile che ho inventato io e che ricorda la Puglia del periodo federiciano. Provo grande soddisfazione per quanto ho realizzato, ma quella più grande viene dal fatto che, con tutte queste iniziative, ho dato lavoro e benessere a centinaia di persone. Tutti i soldi che ho guadagnato in quarant’anni di carriera in giro per il mondo li ho investiti a Cellino». Torna così questo attaccamento forte alla propria terra che in tutti questi chilometri del Sud fa da comun denominatore.
Devo ammetterlo, non ho resistito a questa deviazione dalla costa. Mi ero ripromesso di non farne, come di non prendere mai l’autostrada. Un’eccezione si può fare però e così arrivo tardi a Ostuni, la città bianca. Si sta smontando il palco in piazza, ma qui in agosto c’è sempre comunque aria di festa. La giornata si chiude con un altro omaggio a Modugno. Mi fermo a dormire a Polignano a mare, dove è nato l’uomo che ha fatto Volare la canzone italiana.
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