MORLACCHI E IL VANGELO DI MATTEO: «É UN COLTELLO NELLA MIA MENTE»

Stralci di intervista a Lucilla Morlacchi di Nicoletta Romano, direttore della rivista Living

Cortissimi capelli grigi, occhiali in mano e un sorriso sereno. Lucilla Morlacchi racconta di sé e del suo spettacolo ed io non riesco a non lasciarmi catturare dalla sua voce. Sarà, infatti, lei, una delle più grandi attrici italiane di teatro, ad aprire giovedì (1 luglio, ore 21) la stagione Tra sacro e Sacro Monte nella terrazza sopra il Mosè della via sacra varesina, con la lettura integrale del Vangelo secondo Matteo.

COSA L’HA PORTATA QUI A VARESE PER QUESTO SPETTACOLO?

Sono qui per Andrea Chiodi (direttore artistico della stagione). Con Andrea si è parlato sempre dei suoi progetti. Per il rapporto che man mano si creava con lui, lo vedevo crescere; parlavamo delle sue idee e delle sue cose. A me piace Andrea, voglio che abbia aria da respirare, strada da poter camminare e si comprometta nel fare tutto questo. Qualche tempo fa mi parlò di quest’eventuale progetto e io dissi “si certo, vengo a farti qualche cosa, anche la Vispa Teresa”. Andrea aveva visto dei pezzetti che avevo registrato del Vangelo secondo Matteo e lui mi disse “certo, sarebbe bello fare il Vangelo”. Gli dissi che era una gran cosa che avevo fatto in passato, ma un’impresa durissima per cui non me la sarei sentita. Allora mi propose “andiamo a vedere il posto”. Ecco, Andrea capiva benissimo cosa mi sarebbe successo nel momento in cui mi avrebbe portato al Sacro Monte. Andiamo lì e vedo questo teatrino in miniatura, tipo teatro greco antico, vedo questo luogo, quest’aria, questo spazio, quest’apertura e dico “qui non si può fare altro che il Vangelo di Matteo!”

COSA HA DI SPECIALE QUESTO TESTO, IN REALTà NON TEATRALE?

Questo testo contiene un’umanità straordinaria che ci deve assolutamente appartenere in questo momento, al di là del credo religioso. È di una complessità straordinaria. É duro perché sono 3 ore nelle quali io sono lì, in piedi, e devo catturare l’attenzione non su di me, ma sul contenuto, sul testo. Per cui devo liberarmi, devo usare i mezzi dell’attore ma non devo essere un attore. Questa è la difficoltà. Devo portare il pensiero, ma non posso mettermi a recitare. É un percorso straordinario, un fiume di luce immenso, con questa capacità di umanità: curioso perché non è soltanto un fatto di religiosità, ma di grande umanità. Ci si accosta alla povertà, c’è dolore, amore e c’è anche speranza.

DA DOVE NASCE QUESTO TIPO DI SPETTACOLO?

Io lo feci nel 1995, fu Massimo Luconi che aveva preso la direzione artistica del Metastasio o non ricordo di cosa e mi disse: “devo fare i quattro Vangeli, vieni, mi fai il Matteo”. Io dissi subito di no, innanzitutto perché non ero a conoscenza di questo testo e poi mi sembrava curioso dare a un Vangelo la voce di una donna. Lui insistette tanto che poi accettai. Poi aprendo in mano questa materia ebbi dei problemi, mi dissi “non sono capace”. Ho avuto la fortuna di essere aiutata da Monsignor Ravasi, che è un uomo geniale e grande. Man mano che entravo in questa roba con lui mi dicevo: “ma questo è il testo più bello in assoluto che io abbia incontrato nella mia carriera”.

È  STRANO SENTIRE QUESTE PAROLE DA UNA DONNA ATEA.

Io non sono credente, ecco perché trovo straordinaria questa materia. Ormai è una cosa qua, è un coltello nella mia mente. Non è che lo usi perché mi serva per arrivare a qualche cosa, ma mi apre la testa. Rimango non credente, ma le dico che è molto importante questa materia. Dentro c’è molto di più. Non si può farne dei tagli, non c’è nulla di ripetitivo, ha un ritmo…è incredibile! Io non essendo religiosa non posso aggrapparmi a un’idea di Cristo, credo sia esistito un ragazzo, ma non posso immaginarmelo e figurarmelo. Ma allora che voce gli do? Io devo assolutamente pensare come un altro che l’ha visto e che se lo ricorda. Per cui niente recitazione. Posso recitare la Medea, ma non la voce di un tale che si è chiamato Gesù Cristo o di un tale che si è chiamato Matteo.

(a cura di Elisabetta Micale)

Questa voce è stata pubblicata in News. Contrassegna il permalink.

Una risposta a MORLACCHI E IL VANGELO DI MATTEO: «É UN COLTELLO NELLA MIA MENTE»

  1. Maria Rosa Colombo scrive:

    Carissima Lucilla la tua voce sará la voce di DIO peccatto che sono tanto lontana e non potró vederti. Dalla Argentina in bocca al lupo

I commenti sono chiusi.