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Di cinte, buchi e kilometri elastici

Expo USA
(Foto Floriane Vial)

Siamo a metà del guado, nel pieno di un’Expo che, se ha smentito alla grande le polemiche pre-apertura sulla presunta incompiutezza dei lavori, è ora alle prese con l’accusa ben più grave di assomigliare ad una kermesse mondiale dell’abbuffata etnica, nella quale è andato perduto il nobile tema originale: quello di trovare, tutti insieme, una soluzione sostenibile per nutrire il nostro pianeta. Leggendo quanto appare su giornali, blog e pagine facebook di esperti del settore, sembra ci siamo ridotti al concetto di quei tanti mercatini di prodotti regionali a kilometro zero, o ai tanto-di-moda street food festival che stanno spuntando ovunque come funghi . Parlando poi di kilometro zero, il concetto si è di molto “elasticizzato” come mi spiegava, quasi scocciato, il promotore di una di queste sagre della caloria di nicchia, davanti alla mia sorpresa di vedermi proporre pomodorini siciliani, miele altoatesino e salumi calabri. “Kilometro zero significa prodotto in modo naturale e tradizionale, è un concetto, una filosofia, non va preso alla lettera”. Sarà, ma credo comunque che sostenere le produzioni veramente locali incoraggiando un consumo altrettanto locale può avere molti risvolti positivi e aprire nuove, insospettate prospettive.

farmers' market whirlpool
Farmers Market a Km zero “reale” in azienda come attenzione verso il territorio e i dipendenti

Tornando a noi devo confessare che ancora non sono riuscito ad andarci, a Rho, per raccontare la “mia” Expo. Lo farò, spero presto, e magari dovrò ricredermi e scrivere di quanto si stia lavorando per risolvere la questione degli sprechi e della fame nel mondo, di accordi raggiunti tra gli stati per imbastire programmi comuni di ricerca. Io ci credo ancora. Nel frattempo continuo la mia personalissima battaglia per la mia “decrescita fisica” e per il raggiungimento di uno stile di vita e di consumo più sostenibile. Ho deciso di non valutare i miei eventuali progressi solamente in kilogrammi, ma anche e soprattutto in “buchi della cintura” e nel riflesso impietoso dello “sguardo altrui”. Per quanto riguarda il primo parametro, devo annunciare con orgoglio di aver praticato il quarto buco aggiuntivo alla mia cintura.  Per lo “sguardo altrui” siamo ancora in alto mare, devo ancora fare i conti con la sindrome del ciccione pacioccone. Ho difatto eliminato dalle mie frequentazioni ben due ristoranti dell’area Varese-laghi per le confidenze che alcuni camerieri, viste le mie rotondità, pensavano di potersi prendere, pur senza conoscermi: battute fuori luogo, palpate di pancia (!!) e “appoggio” comodo sulla spalla mentre si prende l’ordinazione. Una maleducazione che non oserebbero usare a nessuno, se non fossero convinti dell’innocuità degli oversize. Ci sono ancora molti pregiudizi, anche sul posto di lavoro – si legga in proposito l’ottimo articolo di Cristina Rubani sul “peso del pregiudizio” – che si supereranno solo quando si smetterà di credere che le persone sovrappeso lo sono per pigrizia, debolezza o mancanza di volontà.

cintura

Non ci sono ricette infallibili e ognuno sceglie la via più adatta a se. Il mio nuovo modello di stile di vita vuole essere più attivo, oltre che di minor consumo, quindi l’esercizio fisico è indispensabile. Ammiro molto chi come il direttore di Varesenew, Marco Giovannelli, può esprimere questa scelta attraverso imprese fisico-culturali (leggi qui il suo bellissimo blog sulla via francigena) esaltanti. Purtroppo la mia via è più oscura e statica, fatta di quotidiana e quasi ossessiva ripetizione, che ho simboleggiato nei selfie giornalieri in sella alla cyclette, con la stessa identica inquadratura a rappresentare la noia del ricominciare ancora e sempre e della consapevolezza di non giungere ad alcuna meta reale, rimanendo fermo nell’afa infernale di quel seminterrato. Anche, e soprattutto questo, fa parte della “decrescita” personale, ed è l’ostacolo più duro da superare.

Cyclette gallery

Ogni scatto è apparentemente uguale all’altro, salvo impercettibili dettagli, a dar la misura della sensazione di inutilità dell’impresa e dell’angoscia di trovarsi in un loop spazio-temporale che ricorda “il giorno della marmotta”, il film con Bill Murray che vede il protagonista rivivere all’infinito la stessa giornata. Alla fine del film, però, il personaggio ha fatto invece enormi progressi sul piano personale, così come tra il primo e l’ultimo scatto della serie qui sopra ci sono quasi dieci chili di differenza. Anche questa è la “mia” Expo, sulla mia pelle (sudata), e continuerò a raccontarla nei prossimi post, speriamo direttamente dal Decumano!

Ho provato: lo snack salute della macchinetta in azienda

health snacks

Me ne sono accorto solo pochi giorni fa, ma da quando in azienda ci hanno cambiato le macchinette del caffè e degli snack nelle aree dedicate alla pausa, hanno fatto la loro apparizione nelle vetrine una serie di snack “nutrizionalmente corretti” tra succhi naturali,  frutta secca e disidratata, bacche varie, chips di mela e barrette ai cereali. Una iniziativa dell’azienda per offrire ai propri dipendenti una scelta “salutare”, a fianco delle classiche e note merendine, patatine, barrette di cioccolato, bibite gassate e non, focacce, tramezzini, brioche e altri dolciumi . Si tratta di una scelta vera perché i prodotti “healthy” occupano quasi tre piani di un distributore, e ce n’è per tutti i gusti.

Health snack 1

Già al bar – tradizionale – della reception erano disponibili spremute “vere” fatte al momento, e frutta fresca, nello stesso spirito di offrire una scelta “healthy”. Ora con le macchinette si allarga l’offerta, e con lei le possibilità di mantenere un’alimentazione corretta ed equilibrata durante l’arco della giornata. E’ vero, non tutti hanno la fortuna di lavorare in un’azienda multinazionale tradizionalmente attenta al tema del benessere, con addirittura la scelta tra un bar vero e proprio e le macchinette dislocate nei punti strategici, ma la buona notizia è che le ditte che gestiscono i distributori automatici sono più o meno le stesse per tutti, dal laboratorio artigianale alla multinazionale, appunto. La linea benessere fa ora parte della loro offerta alle aziende, e si tratta solo di decidere di inserirla.

mixed berries
I miei 25g di benessere: uva sultanina, mirtilli rossi e bacche di Goji per 80 calorie, circa la metà di una merendina “da pubblicità”.

Per il mio primo snack salutare da macchinetta mi oriento su un mix di bacche ” a basso contenuto di grassi”: uvetta sultanina, mirtillo rosso e bacche di Goji. In realtà sono proprio queste ultime ad attirarmi. Sono la novità trendy del momento. Spuntano in ogni dove, dal supermercato alle pagine facebook, ai negozi di cibi naturali. Sono molto curioso, pare che abbiano proprietà miracolose. Sarebbero addiritura il segreto della longevità delle popolazioni del Tibet, usate da 6000 anni. Non potevo resistere!

Mentre le sgranocchio seduto davanti al mio computer, mi vado a vedere i dati ufficiali sulla longevità delle popolazioni del Tibet, magari anche qualche serie storica di prima dell’arrivo della “civiltà” che potrebbe aver peggiorato le cose con i nostri usi sciagurati.

Prima delusione, da un white paper delle autorità cinesi, riportato da xinhua.net, pare che nel 1951 l’aspettativa di vita in Tibet fosse di 37 anni!! Ad oggi, grazie agli sforzi in materia di sanità fatti dal governo cinese, sarebbe salita a 67 anni! Non mi pare un granché, io a 67 anni non sarò neanche arrivato alla pensione! Oggi si è scoperto che in realtà le bacche sarebbero originarie della Mongolia interna, ma è peggio, l’aspettativa di vita in quelle terre è di 65 anni. Una rapida occhiata alle tabelle dell’OMS per controllare quanto ci “spetta” a noi occidentali “avvelenati” dalla medicina ufficiale, e mi accorgo che per l’italia il dato è 83 anni! Per il momento Lasagna batte Goji  83 a 67. Ok, forse le bacche di Goji non sono miracolose (qui cosa ne pensa il sito antibufale bufale un tanto al chilo), ma lo sgrannocchiar m’è piacevole, e tutto sommato hanno un gusto interessante che non mi dispiace affatto.

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Goji (un po’ allungate e di colore rosso chiaro), uvetta sultanina (dal colore più scuro) e mirtillo rosso (rosso più intenso)

Un’occhiata all’etichetta, molto chiara, mi rivela che il mio spuntino mi apporterà circa 80 calorie. Di solito mi orientavo sui tarallini, salati e cotti al forno, senza farciture iperzuccherine, pensando di contenere i danni. Una visita ad uno dei tanti siti dedicati mi fa scoprire invece che avrei “speso” ben 270 calorie, molto di più addirittura di un sacchetto di patatine, 135 kcal, o di una brioche alla marmellata, 190 kcal, e anche delle merendine farcite, intorno alle 170 kcal.

Oltre alla sfilza di nutrienti e vitamine , le mie bacche sono ricche di  antiossidanti, altro termine feticcio del moderno nutritionally-correct. Queste sostanze combattono i radicali liberi e sono quindi anti-age. Oltre a ben figurare in una qualsiasi conversazione in società, facendoci passare per bene informati, cosa significano questi termini?

L’ossidazione è una reazione chimica che vede la cessione di elettroni da parte di un elemento ad un altro elemento detto ossidante. Questa reazione porta tipicamente alla produzione di radicali liberi, molecole munite di un elettrone spaiato, quindi attivissime e avide di acquisire elettroni altrui. All’interno del corpo umano il fenomeno danneggia le cellule, provocandone la morte.  Un fenomeno tipicamente associato all’invecchiamento, ma anche a molte patologie cardiovascolari, al cancro, a maculopatie degenerative. Antiossidanti sono quegli elementi che impediscono o rallentano le reazioni di ossidazione. In natura, potenti agenti antiossidanti sono, tra gli altri, i polifenoli, presenti in molti ortaggi e anche nel vino.

Si pensa che integrando la nostra alimentazione con elementi antiossidanti si riesca a prevenire tutte quelle patologie associate ai fenomeni di stress ossidativo.  Un articolo del National Center for Biotechnology Information ne spiega molto bene la teoria. Il problema è che la scienza medica, se li ha effettivamente osservati, non è in grado di determinare se questi siano la causa o la conseguenza delle patologie in questione.

In uno studio del 2008 il British Medical Journal esamina gli effetti degli antiossidanti sulle patologie cardiovascolari in pazienti affetti da diabete, concludendo che non ci sono elementi a sostegno di un beneficio di integratori alimentari contenenti antiossidanti nelle patologie studiate. Nessun altro studio è riuscito ad evidenziare una qualunque efficacia dell’assunzione di antiossidanti nella prevenzione di queste patologie, e ancor meno dell’invecchiamento, mentre sono invece evidenti i potenziali danni di una sovra-integrazione, anche ai più accesi sostenitori della loro efficacia.

Rimane il fatto che rispetto ad una merendina tradizionale, un ridotto apporto calorico, i minimi contenuti di grassi e la presenza di vitamine e fibre sono elementi benefici, riconosciuti da tutti. Certo gli stessi benefici potrei averli potrandomi da casa una mela, o delle carote crude, ma ad un costo di 65 cent le mie bacche miste rappresentano uno spuntino, devo riconoscerlo, gustoso e appagante. Lo sgranocchio, in termini di tempo, dura molto di più di una soffice merenda da forno fatta fuori in due bocconi, e il sapore è sicuramente più interessante. In buona sostanza: merendina salutare della macchinetta, adottata!

Le regard des autres, ovvero l’inevitabile, impietoso giudizio degli altri

Prova scarpe per il prossimo ritorno in palestra
Prova scarpe per il prossimo ritorno in palestra

Da dimagritore pluri-recidivo ho acquisito una certa esperienza dei complicati meccanismi dell’animo umano in materia di diete. Uno degli aspetti certamente sottovalutati dai dietisti novelli è quello che io chiamo “le regard des autres”, ovvero il peso dello sguardo e del giudizio altrui, quest’ultimo costantemente espresso in forma ironica e scherzosa. “I grassoni fanno ridere, sono simpatici e bonaccioni, non c’è nulla di male a scherzare con loro”, è il luogo comune dietro a questi continui attacchi, anche se rivolti involontariamente e allegramente.

Tutto parte dal comune sentire che se uno è grasso è colpa sua, esclusi rari casi di conclamati scompensi ormonali. Quindi “te la sei cercata, non ti lamentare troppo di esser preso in giro, c’è poco da far la vittima!”. Il grassone è dunque piagnone, pigro, incostante, non ha carattere né volontà, non ha amor proprio. In una parola è “diverso” e “debole”. Ecco, mi son scappati i paroloni! Homo homini lupus, il branco fa in fretta a sbranarti.

Il momento più pericoloso è l’inizio. E’ già difficile personalmente poiché il cammino è tutto in salita: cambiare il proprio modo di mangiare, anche solo nelle quantità, è durissimo; fare attività fisica, per chi non è abituato, è altrettanto duro. I risultati ancora devono venire e sono del tutto invisibili al mondo esterno, e il mondo esterno ignora la durezza della battaglia, il valore delle conquiste, i sacrifici finora compiuti .

Ogni dieta è una specie di guerra personale, fatta di molte battaglie, alcune perse e alcune vinte. Si sa benissimo che è difficile vincere una guerra senza concedere tregue, piccoli momenti di rilassamento per riorganizzare le proprie forze, rinsaldare la propria volontà e poter continuare così l’assedio. Nel corso di una dieta può voler dire concedersi uno strappo, controllato. Così una pizza, una birra o un mezzo bicchiere di vino, diventano subito oggetto di scherno.” Bravo, è così che fai la dieta! Ma chi vuoi prendere in giro!”. E’ avvilente, e non si può nemmeno ingaggiare tenzone verbale, poichè l’avversario possiede l’arma assoluta: “basta guardarti. taci!”. Allo stesso modo e invariabilmente, al momento dei pasti tutti diventano improvvisamente esperti, sulla sola base di una linea migliore di quella del grassone di turno. E vai di consigli, critiche, stroncature alla dieta che si sta cercando si seguire con mille difficoltà. Chiunque è autorizzato a sputare sentenze e pareri autorevoli. Inutile discutere, l’argomento finale lo conosciamo: “ma basta guardarti! taci.”

Ci sono poi i perversi, che non appena gli dici che stai cercando di seguire una dieta, si trasformano in diavoli tentatori e cercano di corromperti con ogni mezzo calorico a disposizione. “Ma dai, perchè non ordini questo bel piatto di lasagne? Che ne dici di un bel tiramisù? Non farai mica storie per una volta, non mi vorrai offendere?”.

Dovendo condividere un pasto con altre persone, ho imparato a dichiarare di soffrire di malattie immaginarie come la “gastrite convulsa” o il “reflusso anastatico”. Molto di moda anche le allergie e le intolleranze: basta solo un accenno e tutti gli “esperti” (chi ne soffre davvero in genere non dice nulla o ne parla in modo sensato, così come chi ne capisce qualcosa) si precipitano nella breccia a far sfoggio della propria abissale ignoranza al grido di “anch’io, anch’io!”. Scampato pericolo, si può quindi ordinare in tutta tranquillità la nostra verdura al vapore e il pesce alla griglia, accompagnati da mezzo calice di buon bianco.

La soluzione? Fare esattamente come dicono loro: smettere di fare la vittima e lamentarsi, perché ci sono delle buone notizie, e un lieto fine. Innanzitutto ci si accorge anche di avere molti amici, che sostengono la propria scelta e la incoraggiano. Spesso sono insospettabili, e ciò fa molto piacere. Si nota poi, man mano che i risultati diventano più visibili, un cambiamento radicale nell’atteggiamento degli altri. Il loro “sguardo” cambia, e testimoniano stima e rispetto.

prima e dopo
Il prima e dopo dell’ultima “impresa”. Lo sguardo, e il giudizio morale, degli altri cambia radicalmente lungo tutto l’arco della trasformazione, tra il 2004 e il 2006. Tra la prima e la seconda fotografia ci sono 100kg di differenza.

Stranamente siamo passati da deboli e senza volontà a determinati e virtuosi, ma noi siamo rimasti esattamente gli stessi.  Ora sono di nuovo all’inizio, anche se il percorso è più breve, ma so che pure la percezione di questo stesso post cambierà da qui a qualche mese. E’ una sensazione strana, ma ci si può abituare. Lo so bene, per averlo provato sulla mia pelle. Più volte.

Scarponcini da viaggio, con cravatta

 

Passeggiata Fabriano 3

Durante un recente viaggio di lavoro, mi ero portato dietro i famigerati scarponcini squarciati. Alzandomi un po’ prima sono riuscito a “muovermi” per la campagna marchigiana intorno al mio albergo, con grande soddisfazione. Il tutto senza inficiare sul nutrito programma di lavoro, direi anzi con un certo beneficio sulla tonicità e sul livello di attenzione.

Passeggiata Fabriano

Per chi, come me, tende ad indulgere nell’ozio e a rifuggire da ogni sforzo fisico, le scuse per non “muoversi” sono legioni. Innanzitutto non è mai il momento giusto, vuoi per gli impegni invariabilmente inderogabili, vuoi per lo stress opprimente che impedirebbe di dedicare interamente la nostra mente a questa mistica attività, come se dovessimo sostenere un esame di fisica nucleare. Poi non ci si trova mai nel luogo giusto, o con le giuste condizioni meteo, quasi stessimo organizzando un matrimonio. La verità è che chi è davvero motivato trova sempre una via, nel nostro caso anche un semplice sentiero, mentre gli altri trovano scuse. Nel ribadire il concetto di non aspettare che tutto sia perfetto quando si tratta di compiere il primo passo, mi accorgo che anche in quelli successivi è necessaria una buona dose di motivazione. Quando dedicare un po’ di tempo all’attività fisica? Ora! Dove farlo? Qui!

Il trucco è di prefissarsi degli obiettivi alla nostra portata, facilmente gestibili e che non sconvolgano la nostra vita, perché allora incombe la rinuncia e le comode scuse sorgono spontanee. Occorre anche approfittare delle occasioni che si presentano all’improvviso, operare costantemente delle piccole scelte, come usare le scale anzichè l’ascensore quando si tratta di raggiungere il primo o il secondo piano (poi man mano che si progredisce, si sceglierà di farlo anche per il terzo e il quarto piano). Uscire dalla locanda tre quatri d’ora in anticipo per girarsi la campagna circostante, malgrado il luogo sconosciuto, malgrado la leggera pioggia, malgrado i pensieri di lavoro, malgrado non fosse tutto perfetto, è stata tutto sommato un piccola scelta, facile e gestibile, ma che mi ha permesso di continuare a muovermi. Un piccolo contributo, ma costante, al cambiamento di stile di vita.

Passeggiata Fabriano 1

Nel mio personalissimo cammino verso Expo, uno dei tanti possibili, sono importanti anche questi minuscoli passi, irrilevanti nell’ordine generale delle cose, ma per me vere e proprie micro-conquiste, con la speranza di poter ispirare altri “diversamente sportivi”. La telefonata del mio ufficio stampa, ricevuta in mezzo alla natura e sotto una pioggerellina insistente, è stata poi un’esperienza rivelatrice di quanto i problemi appaiano diversi, meno spaventosi e quasi irrisori, se solo si cambia il contesto e si considerano da una prospettiva leggermente diversa dal solito. Sarà un’impressione, ma le soluzioni sembrano apparire anche più facilmente, come fossero incise nella corteccia dei lecci onnipresenti, o sussurrate dalla brezza pur gelida. Cose già note, ma quando si provano sulla propria pelle fanno tutto un altro effetto!

 

Non aspettare che tutto sia perfetto

promenade dans les bois…Quel momento non arriverà mai, semplicemente inizia. Con questo banale aforisma “da cioccolatino” si potrebbe perfettamente descrivere il mio esordio nel mondo dei fisicamente attivi. OK, dalla foto sembro più un pingue contadino-possidente del tardo Ottocento che un agguerrito e modeno trekker, ma ci vuole un inizio per tutto.

Non ho certo aspettato che fosse tutto perfetto, ben lungi. Per cominciare il tempo era gelido, e la neve caduta di recente ingombrava il sentiero. Avevo anche un rimasuglio di raffreddore, ma soprattutto le annunciate scarpe ordinate in rete erano sì arrivate, ma di un numero sotto il mio. Ci ho provato a far finta di niente, indossandole per oltre un’ora nel tentativo di convincermi che in fondo potevano andar bene. Dovevo arrendermi all’evidenza, mi facevano male, furiosamente.

timberland piccole

Senza perdermi d’animo escogitavo un piano B e recuperavo dalla cantina un paio di vecchi scarponcini squarciati. Con un buon paio di calze sarei riuscito a tenere a bada il freddo per almeno un paio d’ore. Mi imbacuccavo poi con quel che mi capitava, un vecchio giaccone di panno, lo sciarpone Vuitton, guanti di pecari, i miei fedeli jeans, berretto di cashemire regalato dai suoceri a Natale e un bastone da allevatore di bestiame. Sì, forse la cravatta la potevo anche evitare…

Scarpone squarciato

Prontissimo, caricavo le cagnette sul pandino 4×4 e convergevo sul rione Mirabella di Gemonio, da dove parte un sentiero piuttosto in piano che collega Gemonio ad Azzio.

L’obiettivo era quello di acclimatarmi, come lo farebbe un alpinista sulle pendici dell’Himalaya prima di sfidare la vetta. Siamo sui primi contrafforti del Campo dei Fiori, sotto Orino, e da qui si vede benissimo la mia futura meta. Il mio percorso di oggi prevedeva l’arrivo nei pressi dell’agriturismo Terra Libera di Azzio.

mappa walking

A circa metà del cammino sentivo d’improvviso un gran vociare, rumori di rami rotti, corsa sfrenata attraverso la boscaglia. Poi una scarica di fucilate, fortissime, vicinissime,  e  un uomo che gridava concitato “E’ grosso, è grosso! Occhio ai cani! Qui per portarlo via dovremo metterci in sei!”. Surreale. Per un attimo mi sono leggermente preoccupato, poi ragionando ho intuito che si riferivano ad un grosso cinghiale, abbattuto poco dopo dal resto dei fucilatori appostati più in basso.

Per oggi poteva bastare, decidevo di non finire impallinato e facevo dietrofront, seguito docilmente da Milla e Bubu che sembravano approvare il rientro anticipato. Comunque avevamo camminato per un’ora buona. Troppo presto per il calcolo delle calorie e ogni altra considerazione statistica, non sono ancora entrato nella mentalità. Per ora mi sono goduto una tranquilla, o quasi, camminata nel bosco in compagnia dei miei cani. Domani ritorneremo, cercando di spingere più in là il nostro modestissimo limite. Irrisorio, forse, ma il concetto è proprio questo: muoversi, un passo alla volta!