Lo spezzatino vegano, quello reducetariano e l’acqua che si mangia (prima parte)

Leggendo, per principiar d’istruirmi nel merito dell’impatto dei nostri costumi sul pianeta, il volume “Vivere a spreco zero”[ed. Marsilio, Venezia, 2013] di Andrea Segrè, direttore del Dipartimento di scienze agro-alimentari dell’università di Bologna, trovavo conferma dell’ormai accettato teorema per il quale il modello di consumo di carne delle nostre società cosiddette “avanzate”, legato all’allevamento intensivo su larga scala, sarebbe alquanto inefficiente in termini di utilizzo delle (scarse) risorse naturali.libro Segrè

Cosa fare, dunque? Smettere di mangiare carne, come da anni preconizzano vegetariani e vegani? Occorrebbe quindi sostituire le proteine animali con quelle di origine vegetale. E’ un cambiamento piuttosto radicale, che modificherebbe non di poco le nostre comode abitudini, e siccome siamo quello che mangiamo, qui c’è il rischio di rinunciare per sempre alla nostra identità. Che dire poi della tradizione, della cultura, oltre ad alcuni aspetti dell’economia rurale?

Ma sono curioso e voglio provare, sulla mia pelle ed in modo totalmente empirico, l’effetto che fa cucinare e mangiare uno spezzatino vegano. Sono tentato di recarmi in un ristorante vegano e sperimentare lì questo tipo di cibo, ma non sarebbe veritiero. Troppo facile farselo acquistare e cucinare da un cuoco vegano esperto, questo blog parla di esperimento reale, il più vicino possibile a quello che faremmo tutti, inclusi gli sbagli e le ingenuità, se decidessimo di optare per l’una o per l’altra dieta alimentare.

Da profano mi ritrovo quindi nel mio supermercato. Avevo già notato gli scaffali dedicati ai cibi bio, vegetariani, naturali e quant’altro di alternativo e “buono”. Andando a casaccio acquisto del seitan, che dalla foto sulla confezione ha un bell’aspetto carnoso.  Tornato a casa, non senza aver sborsato ben 17 euro e cinquanta centisimi per un chilo di finta carne, mi informo sul mio acquisto. Scopro così, grazie alla rete, che il seitan è un derivato del glutine, e contiene inoltre della soia, del sale e dell’alga kombu che contribuiscono a donargli sapore. Bene. Qui ci sarebbe la questione dei celiaci, ma approfondiremo in un’altra occasione. Ora si tratta di cucinare e provare, finalmente, il mio prezioso seitan.

Sempre dalla rete intuisco che il metodo di cottura è più o meno simile a quello della carne, con tempi molto ridotti. In pratica il seitan è già cotto. Numerose, sul web, le ricette di spezzatino. Decido di optare per uno spezzatino classico con patate. Più tardi scorprirò perchè tutte le ricette me lo propinavano invece coi piselli. Realizzato un profumato soffritto in olio extravergine con cipolla e carota, univo il seitan – spezzato a mano come preconizzava l’utente-esperto di un forum che sembrava saperla lunga – e lo lasciavo insaporire per qualche minuto. Sfumavo poi con un po’ di vino, e aggiungevo mezza scatola di pelati di ottima marca, qualche rametto di rosmarino e una foglia d’alloro, finendo di coprire il mo spezzatino con poco brodo rigorosamente vegetale. Lasciavo così sobbollire per una ventina di minuti secondo i consigli dei vari blogger. Verso fine cottura univo alcune patate a pezzettoni, già cotte a vapore, aggiustavo di sale e pepe e portavo trionfalmente in tavola. (continua)

stufato di seitan