Nessuna sosta tra la scuola e il canestro

Intervista a Matteo Librizzi, giocatore Under 18 eccellenza della Pallacanestro Varese

“Il Basket è uno sport che fornisce le esperienze necessarie per essere più forti nella vita”.

Play-maker della Under 18 Pallacanestro Varese, Matteo Librizzi si racconta ai microfoni di Giornalisti Fuoriclasse, non celando una singola esperienza vissuta come giocatore e come studente.

Come ti sei appassionato al basket?
Tutto ebbe inizio quando avevo la tenera età di sei anni, anche se devo ammettere che non è stato merito mio: sin da piccolo mia madre mi spronava a partecipare agli allenamenti e mi convinse a continuarli quando decisi (malauguratamente) di mollare tutto dopo un anno per iniziare a giocare a calcio. Sono contento che sia rimasta sui suoi passi.

Qual è stato il momento decisivo che ti spinse a passare all’agonismo?
Credo sia stato qualcosa di molto automatico. A tredici anni ho partecipato alle selezioni per le Under 13, superandole e venendo ammesso nella squadra. Un evento che sicuramente mi spinse a prendervene parte fu una partita che ricordo tuttora, quando il Matteo dell’ultimo anno di minibasket segnò 42 punti in una singola partita. Ah, i tempi andati! In ogni caso continuai così ad accedere alle varie fasce, una dopo l’altra. Una prima difficoltà la incontrai quando raggiunsi le Under 16: un po’ per colpa mia, un po’ no, decisi di unirmi anche alla Under 18 per superare i miei limiti, raddoppiando però il tempo effettivo di allenamento, un’ora e mezza per una squadra e un’altra ora e mezza per l’altra. E ricordiamoci che ero in seconda liceo: organizzare il mio tempo divenne un’impresa. Possiamo sicuramente dire che è stato impegnativo. Più avanti dovetti affrontare le vere selezioni della Under 18: la difficoltà era decisamente aumentata, ma grazie al mio impegno riuscì a passarle. Ed ora eccoci qua, di ritorno dalla Coppa Italia giovanile.

Prima hai parlato di come gestivi il tuo tempo: puoi descrivere più nel dettaglio la situazione attuale?
Da quando sono entrato nella Under 18 la tabella di marcia è molto dura, soprattutto a causa dei sei allenamenti settimanali e delle due/tre sessioni di potenziamento in palestra, ciascuna delle quali può durare fino alle due ore, per un totale massimo di quattro ore al giorno. Conciliare lo studio con lo sport non è cosa da poco, ma nulla è impossibile: credo che il problema non stia nel trovare il tempo, ma nel cercare le energie per sforzarsi in entrambi i campi e ottenere il massimo, ricerca che purtroppo mi risulta ancora difficoltosa. Ciò che mi sprona ad andare avanti è la mia passione per il basket che, come ho già detto, mi accompagna sin dalla tenera età.

Credo che ciascuno studente possa un minimo immedesimarsi nei tuoi panni, di certo non serve praticare sport a livello agonistico per sentire il peso delle lezioni, dello studio e delle verifiche (nel mentre Librizzi annuisce con la testa, sorridendo). A proposito di tutti noi poveri teenager, cosa consiglieresti a coloro che hanno intenzione di iniziare a giocare a Basket? È troppo tardi?
Non si è mai troppo tardi per vivere la propria passione. Se uno vuole cimentarsi in questo sport non deve far altro che iniziare. In fondo il basket è uno sport in cui i giocatori tendono a essere molto agguerriti, incoraggiandoci a dare il meglio di noi e insegnandoci a essere dei leoni in questa società così competitiva. Tuttavia bisogna partire coi piedi per terra, perché per raggiungere i livelli agonistici sono necessari anni di duro allenamento. Ma sì, credo che ognuno possa cominciare da zero, a qualsiasi età, purché riesca a viverlo con dedizione e passione.

E infine, cosa credi ti riservi il futuro?
Se sarò ancora nel basket agonistico? A questa domanda non saprei rispondere, in fondo chi vivrà vedrà. Sicuramente continuerò ad amare la pallacanestro, ma per raggiungere i livelli più avanzati impegno e fatica sono d’obbligo. Per il prossimo futuro aspetterò semplicemente la prossima partita. Auguratemi buona fortuna!

Thomas Macchi

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