La storia di Lin

II parte

Ho cercato un altro impiego tramite il passaparola tra connazionali e rispondendo ad annunci di lavoro in cinese affissi in negozi nella zona di Paolo Sarpi a Milano.

Così ho conosciuto una donna cinese che mi ha portato in un nuovo laboratorio tessile, il proprietario mi ha spiegato che il lavoro non era molto: 10 ore al giorno senza riposo settimanale con vitto e alloggio e 500 euro al mese…ho subito accettato.

Il proprietario mi ha aumentato l’orario di lavoro fino a 17 ore al giorno lasciando invariato lo stipendio.

Ho litigato con lui perché mi sentivo truffata, ma non è servito a niente.

Iniziavamo a lavorare alle 6 del mattino fino a mezzanotte, sospendevamo per mangiare 3 pasti al giorno per una tempo di 20 minuti a pausa.

Il laboratorio era organizzato nella stesso appartamento nel quale vivevamo. Noi operai dormivamo in una stanza vicino a quella dei padroni. Lavoravamo, mangiavamo, dormivamo…vivevamo sempre nello stesso luogo. Era impossibile uscire. Non eravamo segregati, ma non c’era tempo.

Eravamo 7 operai a condividere il poco spazio, lavorando in un luogo poco illuminato, malsano per i fumi delle colorazioni dei tessuti, senza l’uso di guanti o protezioni, col rischio di compromettere in modo irreparabile la nostra salute.

Dopo un anno in questa situazione ho deciso di andarmene e di denunciare la situazione di grave sfruttamento cui vengono sottoposti cittadini cinesi senza permesso di soggiorno, senza conoscenza della lingua italiana, costretti ad accettare le disumane condizioni imposte da connazionali senza scrupoli.

Ho incontrato delle persone che mi hanno spiegato che esiste una legge che garantisce la protezione all’aiuto ai cittadini stranieri sfruttati e maltrattati: io all’inizio non pensavo che riguardasse me e la mia condizione, in fondo riuscivo a guadagnare qualche soldo e poi avevo un contratto di lavoro!

Solo con l’aiuto di alcuni operatori ho capito che il mio non era un contratto regolare e che mi stavano sfruttando.

Ho deciso così di denunciare la mia storia.

Dopo aver sporto denuncia sono stata inserita in un percorso di protezione sociale ottenendo un permesso di soggiorno per motivi umanitari, col quale spero di poter ricominciare a vivere in Italia in modo regolare.

Sto studiando l’italiano e sto imparando a cercare lavoro fuori dai circuiti gestiti da connazionali. È difficile ma mi sto impegnando…mio figlio in Cina ha bisogno del mio aiuto!

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