“Ciao Jinel, mi manchi. Ci manchi”

jinelJinel è il ragazzo morto a gennaio, a soli 26 anni, per una malattia di cui non sapremo mai nulla, fisica o psicologica. Quello che la sua presenza ha significato nella parrocchia di Mare Rouge, ad Haiti, lo racconta direttamente don Giuseppe Noli nella lettera che segue, tra delusione e fede. Ma non solo. La situazione di Jinel era stata presa a cuore anche dai volontari italiani che aiutano la parrocchia di Mare Rouge.
Ecco chi era Jinel nelle parole di Don Giuseppe. 

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Jinel è morto. Non pensavo che gli avrei fatto il funerale, anche se la sfida era stata lanciata.

“Jinel ti restano due cose: andare a giocare al pallone sul campo di calcio o entrare in una cassa da morto”.

Da li è partita tutta l’operazione Jinel.

26 anni, trovato per caso, su un letto, in una stanza poco più grande del letto, con dei vicini che ogni tanto gli davano da mangiare. Solo. Con qualche persona che lo guardava. Non aveva voglia di vivere? Voleva lasciarsi morire? Gli piaceva vivere cosi’, sul crinale vita-morte?

Ce lo siamo preso in carico: volevamo arrivare sul campo di calcio.

L’ospedale con 3-4 sacche di sangue. La famiglia, il papà, fratelli, sorelle, cognati hanno mostrato la faccia.E lui ci è stato.

Un nuovo locale nella casa paterna con un po’ di più di cibo e Ti-fam che lo stuzzicava, con il ‘Tampico’, la ‘Malta’ e la sua giovane bellezza di ragazza aityana di 23 anni…

Ha incominciato a uscire di stanza.

E poi con un colpo geniale, di cui lo Spirto Santo è esperto, il vecchio catechista decide di prendersi cura di lui, a casa sua.

Jinel risorge. Esce, cammina, va in moto, arriva persino in chiesa, alla domenica e nei giorni feriali.

Don Giuseppe Noli

Don Giuseppe Noli

La sua presenza, sempre un po’ traballante, è notata; si interessano di lui, prima un po’ da lontano e poi sempre più vicino fino a parlargli, a dargli una mano.

E’ diventato uno di noi. E riesce a dire, in pubblico, la sua nuova esperienza di vita.

Non gli mancano mai le medecine, anche perchè non è solo una questione fisica. Qualità e quantità ben misurate, con la figlia del vecchio catechista, giovane come Jinel, che si offre tutta per aiutarlo.

Miracolo? Vuole andare a lavorare. Ritornare a fare il muratore.

Vuole gli attrezzi. Lo portiamo in un cantiere della parrocchia per la costruzione di una casa. Resiste tre giorni. Spende tutte le energie accumulate e poi rinuncia, con un po’ di tristezza, penso, e con un po’ di sollievo del capomastro che aveva paura che sarebbe cascato a terra.

Va persino al mare accompagnato da un gruppo di giovani volontari italiani che se lo sono preso a cuore.

Ha voglia di radio, di musica.

Poi gradualmente si ritira. Preferisce il letto. Perde la voglia di parlare e di mangiare. Perde la pipi’.

Polen lo accudisce più che un fratello.

Consultazioni. Il catetere. Non serve granchè. Decisione: l’ospedale, dice la suora infermiera.

Arriva all’ospedale di Jan Rabel: il dottore dichiara la sua incapacità e così si arriva a Port de Paix.
Diagnosi: infezione generalizzata. Viene operato d’urgenza all’uretra. Ha bisogno di sangue, di tanti antibiotici. E’ stazionario. Non gli manca niente, nè clinicamente, nè come presenza, fino a preparagli il “bouyon”(il brodo di verdura). Polen con i famigliari sono presenti e attenti.
La notte tra il mercoledi e il giovedi muore. L’avevo visto lunedi. Ogni tanto mi guardava, senza una parola, senz’altro dagli occhi si vedeva che voleva dire qualcosa.

Ho fatto il viaggio con lui nella bara, da Port de Paix a Marwouj. Alle 4 del pomeriggio con la parola del cielo nuovo e della terra nuova dell’Apocalisse e la dichiarazione di Gesù:”Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me ha una vita senza fine” l’abbiamo portato al cimitero in una tomba già preparata.

Ora sono qui, senza Jinel. Mi manca. Ci manca. Ci aveva abituato troppo a volergli bene con la sua dolce, serena, paziente presenza.

Mi rimane l’interrogativo:  Chi ce l’ha portato via? E’ stato un “nemico” visto che Jinel era diventato pericoloso per tutto il misterioso pullulare, scorrere d’amore che si era messo in moto con la sua semplice presenza?

O sei stato Tu, Dio, che gli hai voluto completare con l’infinito amore di cui sei capace, la gioia di vivere e l’amore di cui aveva bisogno?

Non mi interessa molto la risposta.

Mi accontento del fatto che ora abbiamo un altro “sous renmen” presso Dio e che Jinel è senz’altro contento.

Sono costretto a tirare qualche calcio al pallone sul campo di Pechri, solo.

Don Giuseppe Noli

2 pensieri su ““Ciao Jinel, mi manchi. Ci manchi”

  1. ho la fortuna di aver conosciuto Don Giuseppe e non occorrono parole per far conoscere l’infinita fede e disponibilità per il prossimo più povero: basta leggere la lettera per capirlo e comprendere lo spirito con cui ha dato tutto se stesso a Jinel, a lui come a migliaia di “Jinel” in giro per il mondo, da Abbiate Guazzone al Perù, ad Haiti con una dedizione ed un altruismo senza limiti.
    A Lui queste parole darebbero fastidio se non seguissero nostre azioni di sostegno a quanto, con Don Mauro, sta facendo là per una moltitudine di Jinel in quella parte povere del mondo
    Abbiate ha avuto la fortuna di averli entrambi pastori e il ricordarli e sostenerli è il grazie più bello per quanto per noi hanno fatto

  2. Quando si perde una persona cara, magari speciale come Jinel, non è momento di tante parole. A volte, le parole, suonano a vuoto e stonano come campane rotte.
    Questo è il momento del silenzio, senza la pretesa di dare risposta al nostro “perchè?. E’ il venerdì santo. Muto dolore e attesa. Attesa di un Mistero svelato che il nostro cuore già conosce. E’ la risposta ad una Chiamata: vieni a Me, servo buono, poichè sei stato fedele nel poco.
    Ringraziate Jinel per l’Amore che ha saputo generare in voi. Questo è stato il suo miracolo. Ha fatto quanto gli è stato ordinato di fare. E in quel “tutto è compiuto”, è tornato al Padre.
    Grazie per aver parlato di Jinel. Anche se non l’ho mai conosciuto e anche se apprendo solo ora la sua storia, ha dato qualcosa anche a me, insieme a tutti voi che lo avete amato e che ora lo piangete.
    Con affetto, emanuela b.

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