Gibbone in fuga, preso con le mani in mano

Gh’è scapà al gibòn. Si aggirava in viale Papiniano, camminava ciondolante senza meta. L’hanno notato in molti, oggi ne parlano tutti i giornali. C’è già una segreteria di partito che studia una strategia per la prossima campagna elettorale: la faccia buca il video, indubbiamente. Il gibbone è un inedito che potrebbe diventare il simbolo della riscossa delle facce da schiaffi, degli uomini scimmia, o soltanto delle scimmie.
Si grattava il capo nervosamente, il gibbone, e non sapeva se valesse la pena di attraversare il viale oppure rimanere lì, sotto il platano: il dilemma di una giornata di un milanese, forse un po’ atipico, ma pur sempre con una dignità. Più di qualsiasi clochard, di un miserabile, come i tanti che vagano alla stessa maniera e riscuotono soltanto indifferenza: almeno il gibbone non è sembrato una comparsa scomoda, ma attore protagonista di qualche fotogramma della giornata più appiccicosa dell’anno, con l’afa che fa molto equatore.
Ma un gibbone o un chicchessia finisce comunque per fare massa e in città la massa finisce per dare fastidio. Già dopo una mezz’oretta che era lì con le mani in mano, sotto il platano, c’era qualcuno, sul marciapiede opposto che mugugnava alla vista dell’energumeno peloso: «Di questi extracomunitari non se ne può più». E già ci sono opinionisti che si chiedono se si tratti di razzismo oppure di un passaggio di grado, da semplice scimmia a extracomunitario, categoria che a Milano ristagna nei piani più bassi del rispetto, purtroppo.
Gh’è scapà al gibòn e potrebbe diventare presidente. Dove? Una poltrona qualsiasi. E se non ci fosse posto, va bene anche manager. Ci starebbe seduto giusto il tempo per far danni e mandare qualche azienda sul lastrico e, magari, come buona uscita, è a buon mercato e si accontenta di un casco di banane: una convenienza, tutta da valutare.
Ghé scapà al gibòn, ma poi l’hanno arrestato, come un malandrino: si potrà mai permettere, uno scimmione, di fermarsi a pensare se attraversare una strada oppure no? Dietro le sbarre, ma presto in libertà, assicurano i benpensati: «Al suo paese, magari. Rimandiamolo da dove è venuto». Qualche deputato protesterà e c’è chi farà gazzarra su ‘sta cosa, un’interrogazione parlamentare potrebbe essere all’ordine del giorno. Clandestino è una brutta parola di questi tempi, ma ancora non è chiaro se esiste una normativa che faccia distinzione tra uomo e scimmia. Soltanto la tivù, a questo punto, potrebbe salvare il gibbone di Milano dal triste destino di un “sans papier”: un talk show farebbe al caso suo, ma in estate i palinsesti sono tutti bloccati. Rien à faire, non se ne fa niente: gh’è scapà al gibon e Milano non è più la stessa. O forse no.