L’assalto al treno

Una volta lo facevano gli indiani, a cavallo. Ora è roba da pendolari incazzati. A Lodi, finisce in gazzarra: se ne discute anche sulle carrozze sderenate dei locali che da Varese scendono a Milano. «Là sì che hanno gli attributi», commenta un ragazzo ad alta voce. Qui, invece, c’è più rassegnazione, scappa qualche parolaccia, ma la metropoli di Milano, per noi che scendiamo dalla provincia, non infonde la stessa carica. «A me interessa che sto trenaccio mi riporti a casa stasera, per il resto…», interviene un impiegato scampato alla cassa integrazione.
Si leggono pochissimi quotidiani, soltanto qualche freepress con le solite notizie della paura. Noi, peggio di Gotham city, siamo in balìa di catastrofi, epidemie o peggio, a giudicare dai titoli sempre più rasserenante dei giornali gratuiti. La stampa a pagamento è diventata rara, sulle carrozze: del resto, è normale. Il Corriere della sera di stamane, per esempio, dedica le prime otto pagine alle schermaglie del cortile della politica, vicende lontanissime dalla realtà quotidiana che vivono i cittadini, a cominciare da quelli che ogni giorni prendono un treno all’alba e sbarcano il lunario in una città difficile, sempre più difficile.
Nel silenzio generale, oltre l’odore di sporco che ristagna sui vagoni, c’è una voce che emerge: è quella di una signora che si lamenta con il capotreno. Carrozza troppo fredda, vecchia storia, alla quale ogni controllore si difende come può… su queste carrozze si tira a campare, invece di protestare, meglio fare da sé e scegliere tra la carrozza “tropical”, 42 gradi, e quella “igloo”, meno 5. Giù in fondo, dimenticata, c’è anche la carrozza “eolo”, quella con le porte che rimangono aperte una stazione sì e una no. Gira sullo stesso treno, ormai da mesi, senza che nessuno alzi più nemmeno una voce d’indignazione: è per il ricambio d’aria. E, tutto sommato, in caso di assalto al treno, è l’ideale.