Il fantasma del panzerotto

Si parla di fantasmi e panzerotti, sul treno del lunedì. Lo stress da pendolare può arrivare a guastare anche la pausa pranzo, se capita di intercettare su Facebook la notizia della chiusura del fornaio Luini, un’istituzione della Milano studentesca e lavoratrice, il re del panzerotto.
Quel saccottino ripieno di formaggio e pomodoro, servito rigorosamente freddo fuori e incandescente all’interno, è il simbolo della Milano che “mangia in pè”, antesignano meneghino del moderno fast food: la notizia, captata dalla rete, finisce in carrozza. Quanto basta per scatenare un dibattito acceso e partecipato che ha l’effetto, comunque lodevole, di archiviare subito i commenti su Sanremo. I panzerotti sono una cosa seria, ben più di quattro gorgeggi stonati di Emanuele Filiberto: le controindicazioni non ne giustificheranno mai la rinuncia. In primis, quello schizzo di pomodoro, puntuale e bastardo che, al primo morso, finisce per compromettere giacche a vento, tailleur o camicie firmate.
La tradizione non può morire così. Ai pendolari occorrono certezze, poche, ma rinfrancanti: e il panzerotto del Luini è una di queste. Finché un fantasma che si firma Alessandro Richmond decide di divulgare la notizia, su Facebook, della chiusura del celebre fornaio. Il panico si scatena in ogni direzione, reale o virtuale.
Del resto, i blog o i social network sono i nuovi dogmi, sui quali si basa l’odierna ricerca della verità. Ricordo mia nonna che, da donna di campagna, fuori dal mondo, si era trasformata, qualche anno fa, in autorevole opinionista su tutto, grazie alla televisione. La sua fonte era il Tg4 del noto Emilio Fede, dal quale attingeva per qualsiasi informazione, al grido di: «l’ha detto la tivù, allora è vero». Allo stesso modo, i giovincelli apostoli dei nuovi media, sollevano il calice e consacrano i propri social network.
E così, la notizia della chiusura del celebre panzerottaio è passata da Facebook alle labbra dell’autorevole Linus (forse travestito da mia nonna), che l’ha diffusa nell’etere di Radio Deejay e l’orrendo pettegolezzo, con un fantastico telefono senza fili, è piombato in tutte le strade di Milano, si è propagato in tutti i locali chiusi, fino alle carrozze dei treni. Fino a noi pendolari del lunedì, appunto.
Si diffondono la polemica e il disorientamento: tra la stazione di Casorate Sempione e quella di Canegrate, c’è qualcuno che pensa addirittura di farla finita e passare al nemico, al più celebre tra i fast food americani. Finché, in direzione ostinata e contraria arriva la smentita: partita via Facebook, diffusa da Linus e propagata in tutto il mondo, fino alla carrozza di un treno locale che, nel frattempo, sta per entrare a Milano. Siamo salvi. «Ma sarà vero?», domanda qualcuno. «Vero cosa?», e sì’insinua la confusione generale.
La settimana comincia con i dubbi del panzerotto che, qualche fortunato, proverà a fugare in pausa pranzo, come sempre, direttamente dal celebre fornaio dietro il Duomo. Il mistero, ora, riguarda più quel tale Alessandro Richmond, divulgatore della notizia, in qualità di autorevole fantasma. E un espertone di storia moderna, che non manca maiin un vagone pendolari, è sveglissimo in carrozza e cita un ricorso storico.
Alla fine dell’Ottocento, infatti, comparve più volte nei pressi del parco Sempione, all’angolo con via Paleocapa, una dama velata che invitava con un cenno i giovani a seguirla per i viali del Parco finché, dopo lunghi giri, li faceva entrare in una villa elegantemente arredata, ma deserta e completamente ricoperta di parati di velluto nero. Qui dopo aver danzato al suono di una musica misteriosa, i malcapitati giovani avevano la sorpresa di scoprire che il volto della silenziosa signora, sotto il velo, aveva le fattezze di un macabro teschio. Dopo alcuni di questi “incontri ravvicinati”, furono organizzate diverse ricerche della misteriosa villa nel Parco, ma invano. Presto, nascerà un gruppo anche su Facebook, statene certi.