Uno stenografo, dopo lunga gavetta, si ritrovò scrittore. “Se diventerò l’eroe della mia vita, o se questa condizione spetterà a qualcun altro, lo diranno queste pagine”.
Duecento anni fa, nasceva Charles Dickens, scrittore amato da molti e, forse, detestato da molti di più.
Io sono tra coloro che lo amano: chissà, forse perché tutto cominciò da uno Scrooge con le sembianze di zio Paperone, da un canto di Natale letto da bambino sulle pagine di Topolino. Dickens ha questa particolarità: di ricordare l’infanzia a molti. Eppure scrisse in un’epoca ormai lontana, raccontò storie tipicamente inglesi… Non so come ci sia riuscito, ma mi ha conquistato: con i suoi personaggi e le sue descrizioni minuziose, con la sua capacità di prendere per mano il lettore e portarlo con sé, dentro a un sobborgo di Londra.
“Quando Dickens descrive una cosa una volta, la si vede per tutta la vita”: questo lo disse un altro grande autore, George Orwell che, pure, non fu mai molto tenero nei suoi giudizi su di lui. Amo Dickens soprattutto perché sapeva parlare ai “semplici”, perché sapeva essere universale, perché è stato capace di trasmettere a tutti la sua letteratura. Lo amo soprattutto perché pubblicava a puntate sui giornali e perché i cattedratici lo stroncavano.
C’è chi confina Dickens dentro la sua epoca, dentro quell’atmosfera londinese di metà Ottocento. Eppure io lo trovo ancora molto attuale: lo vorrei vedere all’opera in questo tempo difficile e decadente, m’immagino come descriverebbe un treno carico di pendolari, per esempio. Vorrei vederlo all’opera nel descrivere la periferia di Milano, o magari una pasticceria di Varese piena zeppa di signore impellicciate, tutte infervorate per i saldi, mentre fuori c’è un popolo che sta perdendo il lavoro.
Se Dickens vivesse oggi, tra Varese e Milano, cosa scriverebbe? Chissà, magari ci scriverà il romanzo di un sindaco leghista invaghitosi per una povera rumena, o chissà, magari proverà a raccontare di un imprenditore che, per non vendere la propria barca ormeggiata a Portofino, si trova costretto a licenziare alcuni dipendenti, a caso… E secondo voi?
bellissimo, complimenti! Concordo..l’immagine delle signore impellicciate lanciate alla conquista dei saldi sarebbe usata più e più volte da Dickens!
Un laboratorio sotterraneo, senza finestre, un’unica latrina. Odore di muffa e di umanità, con uomini, donne e bambini, dalla lontana Cina, stipati a confezionare abiti. Giacigli improvvisati nella stanza accanto, un tozzo di pane, anzi, un piatto di riso … è un’immagine senza tempo che dickens avrebbe potuto descrivere allora esattamente come oggi
stamattina ho dntaoo il sangue per la prima volta nella mia vita. ho 24 anni e abito in provincia di Napoli. Spero sia utile. Cmq davvero mi sento moralmente meglio.
francesca sirvce:Ottima iniziativa! Proprio per questo motivo volevo segnalare un fumetto realizzato dal giovane fumettista romano Giorgio di Zenzo in arte DIZ intitolato Donare ti dona dedicato proprio alla sensibilizzazione del problema della donazione, indirizzato ai giovani , per richiamare l’attenzione su questo problema.Francesca