Capolinea del 14, finisce Milano, comincia il camposanto. La metropoli dei morti, con le sue strade e i suoi monumenti, ritrovo per un popolo con il velo, luogo di culto per 100.000 vedove, ma anche il velodromo di Tano. Piscopo Gaetano, cinquantacinque chili di maschio mediterraneo sotto un etto di brillantina Linetti. Masculo da Casoria a Milano, dalle sopracciglia a cespuglio, di professione becchino, ma con sentimento. Nel senso che, nella sua vita tra il cimitero Maggiore e il monolocale di Quarto Oggiaro, va dove lo porta il cuore. E il cuore di Tano vede due sole cose: la «fessa», come dice lui alzando il mento con orgoglio, e la bicicletta. Un becchino sensibile, insomma, ma professionale sul lavoro. Tra una messa da requiem e una sepoltura, trova il tempo per dare sfogo alle sue passioni. Mai provato a pedalare a Quarto Oggiaro? E a tacchinare? La risposta a entrambi i quesiti è la stessa: meglio il camposanto. La giornata è lunga, al Maggiore, e le strade della passione sono infinite: chilometri di vialetti, velodromo dei sogni per inscenare sfide immaginarie e pedalate reali, negli orari di scarsa affluenza e con il benestare del suo superiore terreno (tifoso di Pantani) e, probabilmente, anche del caporeparto ultraterreno, non avendo mai ricevuto malefici né dal cielo, né dall’inferno. E lì che la lacrima della vedova diventa rito quotidiano, anima in pena tra anime celesti, cuore da consolare. Dove non arriva più l’anima del marito, giunge la preghiera e quando nemmeno la preghiera può, Tano può.
L’approccio alle quarantenni è la sua specialità, come la volata in spazi stretti, due esercizi che mette in scena in orari generalmente diversi, ma con egual classe. In mente ha tutta la mappa delle sepolture che, a seconda degli orari, diventano terreno di caccia o percorsi ideali. Tra il fu Gilberto Pirola, classe 19, e la lapide della marchesa Torelli, di questi tempi va in scena la tragedia di una signora in tailleur grigio e cappello con retina, dal quale s’intravvedono riccioli rossi di una sensualità peccaminosa in quel luogo, almeno per i benpensanti. E il volto di quella creatura, rigato dalle lacrime non è sfuggito all’uomo brillantina, che dopo attenta valutazione, una passata di pettine e aggiustatina alla cravatta, mette in scena il suo miglior repertorio. Faccia contrita, ma occhio sveglio, si avvicina e si ferma quanto basta: «Eh povero Gianni, solo tu mi sapevi capire», recita a mezzavoce, ma con un tono sufficientemente alto da farsi sentire dalla signora lì accanto. «Ma come, lo conosceva anche lei?», sospira la sconsolata.
«Conosceva? Se non lo conoscevo io, chi semmai? Siamo cresciuti insieme».
«Anche lei è cresciuto alla Barona?», ridomanda lei.
«La mia famiglia è emigrata tanto tempo fa, io e il Gianni eravamo inseparabili», risposta che fa da conforto alla vedova rossa che, da quell’istante, avverte un senso di solidarietà, un senso di condivisione del dolore che induce a ridurre le distanza tra lei e quell’uomo che, se era amico di Gianni, non è più un estraneo.
La dinamica vincente di Tano è più meno sempre la stessa, strategia della consolazione che, a volte, richiede lungo corteggiamento, altre volte esplode in passione bollente in pochi giorni, dipende da caso a caso, ma quasi mai va a vuoto. Tano ci sa fare. Come quella volta in cui consolò la moglie del banchiere. Avete capito bene: banchiere, non bancario. Ricca ereditiera che, per superare il trauma della vedovanza, impiegò sette settimane, ma ritrovò stimoli da troppo tempo affogati nelle lacrime grazie a una crociera sul suo panfilo e a un maggiordomo tuttofare. E quel maggiordomo era Tano che seppe conquistarsi anche un premio partita: «Dimmi cosa vuoi come regalo», gli aveva chiesto la ricca signora. «Un ciclocomputer», era stata la sua risposta immediata. (…) continua
… ma come, topo di campagna, ci lasci così sulla suspance? Certo che una telenovela non me l’aspettavo, la cosa si fa avvincente. Scrivi presto che i tuoi fans non possono aspettare!
Lo faccio per non mettere a repentaglio i vostri occhietti….. I grafomani del web fanno la fortuna degli oculisti, del resto.