Non è merito dei media – e ancora meno dei politici. La festa per i 150 anni dell’Unità d’Italia si farà. Ne valuteremo tra qualche tempo la riuscita… Già da ora ha superato il test della decenza, almeno per aver riscosso l’accoglienza della “gente normale”. Non è il bisogno di far festa – in questi giorni ne faremmo volentieri a meno… È il bisogno di percepire quei legami che in questi giorni vediamo “sostenere” il Giappone, nel suo momento più buio dalla fine del Secondo Conflitto Mondiale.
Qualcuno potrebbe alludere a uno stile e a una storia particolare che caratterizza il popolo del Sol Levante. Noi stiamo ai fatti di questi giorni nei quali vediamo governo e opposizione, città e villaggi…: un popolo unito che affronta un pericolo, anzi una tragedia.
Facendoci male potremmo dire che la nostra reazione italiana è quella di trovare, anche nella tragedia, una nuova occasione per dividerci su nucleare e anti-nucleare, passando dall’attenzione solidalistica alla sfida reciproca. Abbiamo bisogno di nuovi pionieri dell’Unità.
Una buona occasione sarà ricercare i segni della bellezza e della forza che ridaranno un futuro di prestigio all’Italia e cioè i suoi artisti, la sua cultura, la sua archeologia. Quest’anno prevediamo di conoscere meglio il nostro Paese: senza escludere vacanze all’estero, programmiamo una qualche visita a luoghi che riteniamo “lontani” nel nostro Paese. Ci è dato di visitare e conoscere meglio il nostro Paese con un turismo minore, senza grandi investimenti: conoscendo il passato glorioso, ne apprezzeremo anche i custodi.
Reduci da poco dal Festival di Sanremo, che ha avuto un’adesione effettivamente nazionale, possiamo seguire le diverse iniziative di musica e di canto in lingua o in dialetto sentendoci comunque sempre a casa.
L’Italia non sarà mai unita nell’omogeneità, ma nella pluralità di storie e progetti.
Certo, i diversi localismi sembrano mettere in evidenza dei corpi estranei. Di fatto sarà bene percepirli come elementi di particolarismo che non dice estraneità, ma provocazione per una crescita alla quale tutti devono dare contributo.
Non saremo mai una nazione come il Giappone, ma avremo una conviviale diversità che comunque fa sentire appartenenza… anche a quanti verbalmente la negano.