Il profumo dei pini e della rugiada delle ore prime, si mescolano all’aria di mare. Lascio le Cinque terre e tra le curve di quelle strade strette e scoscese sbucano uno alla volta i borghi incastonati su speroni di roccia, come i paesini dei presepi. Una vista che libera emozioni profonde e fa risuonare le parole sulla bellezza del parco, sul bisogno di autenticità e semplicità.
Il passaggio dalle Cinque terre a Viareggio è di quelli che ti tramortiscono. Me ne sono accorto subito, appena entrato in Toscana. Quaranta chilometri di viali con una sequenza interminabile di bagni e semafori. Le spiagge però sono per lo più deserte, anche perché, oggi, non si capisce bene cosa voglia fare questo tempo.
Arrivato a Viareggio inizio a cercare una pensione. Alla prima dove mi fermo a chiedere se hanno una camera libera, mi viene incontro un signore tutto distinto. Mi guarda e inizia: “Che sei malato tu? Sei malato? Allora qui non ci puoi venire. Questo non è più un albergo. Il comune ci ha messo noi malati. Che sei malato tu? Sei malato?” Inutile cercar di capir meglio. Ripete in modo ossessivo le stesse frasi.
La ricerca comunque non è lunga e trovo un piccolo hotel a metà strada tra il mare e la stazione. Una scelta non casuale perché voglio andare in via Ponchielli, dove la notte del 29 giugno di un anno fa, a seguito dello scoppio di una cisterna ferroviaria, persero la vita trentadue persone.
Nel piazzale all’inizio della via, di fianco a un piccolo supermercato, è stata costruita la “casina dei ricordi” come è stato scritto a fuoco sul legno. Appena entro resto senza fiato. Le pareti sono tappezzate di foto, ritagli di articoli, poesie, disegni di bambini, vignette. Di fronte, su alcune mensole, centinaia di peluche di ogni dimensione.
A occuparsi della casetta, che è diventata un piccolo museo della memoria, sono “Le tartarughe lente”, una banda di una ventina di motociclisti tra i 40 e 50 anni, amici di “Pulce e Scarburato”, due delle vittime di quella notte. Sono proprio come nei film, con toppe, giacche di pelle, ecc. Hanno soprannomi da motociclisti e hanno scelto di chiamarsi così perché, quando vanno in giro, continuano a fermarsi per qualsiasi cosa. Uno spirito fraterno. Lo stesso che avevano con gli amici scomparsi.
“La vostra solidarietà ci da forza e calore” è scritto ovunque lungo quella strada. Si lavora intensamente per ricostruire, ma restano tanti segni del disastro. Una porzione di casa, quella che è andata distrutta quasi completamente, è ancora come quella notte. Una vera apocalisse che ha lasciato segni anche sui cartelli rimasti anneriti fuori dalla stazione.
Sono proprio gli amici, il comitato della via, che vogliono guardare avanti, ma senza dimenticare. Perché non accada più una strage così assurda.
Non lontano da qui fervono i preparativi per la terza serata del carnevale estivo. Sembra stridere tutto, ma la città ha bisogno di allegria e animazione. Viareggio, come Alassio e altri templi del turismo del passato, soffre la concorrenza. Qui sono arrivati tanti russi a salvare parte del business del lusso. Non è ancora come a Forte dei marmi, dove la speculazione immobiliare ha raggiunto limiti pericolosi, ma la città sotto questo aspetto sta cambiando.
Si attinge dalla tradizione, e cosa di meglio dei giganti in cartapesta? Viareggio è la città del Carnevale e così è stata prevista un’edizione estiva. Otto giorni di festa. Domenica c’è stato un assaggio della sfilata dei carri allegorici. Tre di questi sono rimasti in piazza con i bambini che gli gironzalono intorno tra il timore e il desiderio di salirci sopra.
“Vieni via che il drago ti morde”. Un nonno cerca di dissuadere il nipotino, che incurante dell’assurda direttiva, va avanti a cercar di strappare un pezzo della coda.
La serata anni Cinquanta, sul lungomare dominato ormai dai negozi in franchising, si incastra benissimo con un’atmosfera che sa di fermo. Un po’ come quelle bottiglie di vino pregiato conservate male. Il cui tappo poi ha fatto il resto.
Viareggio però è anche terra di giovani…
Sara e Francesco insieme non arrivano a cinquant’anni. Tre mesi fa hanno lasciato tutto, e da Cantù si sono trasferiti a Viareggio. Lei faceva la gelataia e lui lavorava come perito meccanico. Hanno trovato un’occasione su Internet e non ci hanno pensato su due volte.
“Ci siamo licenziati e abbiamo rilevato questo bar. Va bene, anche se è un po’ dura con i viareggini perché sono diffidenti e chiusi”.
A un tratto entrano sei ragazzi. Un dialetto che Sara riconosce subito e così si mettono a raccontare anche loro. Arrivano da Varese e stanno percorrendo un pezzo del Tirreno in bicicletta. Tomaso, Davide, Jack, Daniele, Luca e Gigio hanno messo in piedi un diario web come “Ladri di biciclette”. Sono partiti il primo agosto e staranno in giro fino al 12 campeggiando dove si può, anche se non si potrebbe. “Siamo tutti studenti e ci piace l’avventura. E poi che male c’è?”.
Siamo stati a chiacchierare per un po’. Poi scalpitavano, e così, mangiato il gelato e utilizzato il gabinetto, hanno inforcato le loro bici, e via veloci come il vento.
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