La statale 18, Tirrena inferiore, è lunga e noiosa. Per alcuni tratti corre in piano, stretta tra il mare e la ferrovia. Talvolta sfiora la Salerno – Reggio Calabria, una delle autostrade italiane più contestata della storia. Nel giro di pochi chilometri, su quella strada, si toccano quasi tutte le province calabre. Per arrivare a Tropea si parte da quella di Cosenza, per passare poi nel catanzarese, e ultimare la corsa in quella di Vibo Valentia.
Quest’ultima è appena diventata maggiorenne. Fu una lunga battaglia del senatore democristiano Antonino Murmura. Sui ponti della statale, dopo oltre trent’anni (chissà che vernice usavano), si legge ancora “Al Senato vota Dc e Murmura”. Lo sforzo dei suoi fan è stato più volte premiato, dato che venne eletto per ben sette legislature dal ’68 al ’94.
Il senatore non ce ne voglia, andava citato, ma la sua terra è famosa per altro.
Un mare stupendo e una gastronomia da leccarsi i baffi, che ne fa una delle mete turistiche più ambite in Italia. Della bellezza della Costa degli Dei, come viene chiamato questo tratto di terra, se ne accorse bene Giuseppe Berto che, dopo aver girato a lungo il Belpaese, decise di stabilirsi a Capo Vaticano. «È pieno di storia e di bellezza. Si potrebbe chiamare Costabella con un pizzico di rimpianto e nostalgia». Lo scrittore riposa nel piccolo cimitero di San Nicolò a due passi da Tropea. Il profumo del mare arriva forte a San Nicolò vicino a Ricadi. Giuseppe Berto è sepolto lì, con una tomba semplicissima, sotto un cipresso. Per copertura solo gerani e piante e l’edera fa da ornamento sul muro. Ha scelto di restare per sempre lì, dopo aver vissuto gli ultimi anni della sua vita a Capo Vaticano. Lo scrittore aveva acquistato un terreno e ci aveva costruito una villa che divenne il suo rifugio. Ne racconta in diversi passaggi del Male oscuro. “L’isola degli aranci sta dall’altra parte celeste e gialla e un poco verde nella sua breve lontananza, e in mezzo c’è un piccolo tratto di mare proprio piccolo e così verso sera cerco un posto da dove si possa guardare la Sicilia, ecco qui mi costruirò con le mie mani un rifugio di pietre e penso che in conclusione questo potrebbe andar bene come luogo della mia vita e della mia morte”. «Penso che Capo Vaticano, – scriveva Berto, – si chiami Vaticano per la stessa ragione per cui un colle di Roma si chiama alla stessa maniera: sacerdoti e indovini vi andavano a scrutare il futuro, basandosi sul volo degli uccelli e altre cose. Duecento metri al largo della punta c’è uno scoglio chiamato Mantineo, e in greco “manteuo” significa comunicare con la volontà divina. Il Capo era un posto sacro, e lo è ancora, nonostante tutto».
Sacro o meno, oltre a Berto, grosso modo negli stessi anni, si accorse di quella bellezza Pietro Marti, per tutti “don Pietro”. «Venni in vacanza qui per la prima volta nel 1967. L’anno dopo ci tornai per comprare un pezzo di terra. È iniziato tutto così. Facevo l’insegnante di matematica a Firenze e non potevo pensare che avrei fatto l’imprenditore turistico. Nel 1971 invece abbiamo iniziato i lavori, e tre anni dopo abbiamo inaugurato Torre Marino». Il piccolo villaggio immerso nel verde si affaccia direttamente sul mare. Un’accoglienza strepitosa con un “toscanaccio” che risponde ancora lui al telefono. Prezzi modici e servizi eccellenti.
Sono arrivato lì dopo aver cercato un albergo a Tropea, ma al quarto tentativo ho desistito, e per fortuna mi sono spostato, e “don Pietro” ha salvato la mia serata, anche grazie a una salutare nuotata in un mare che sembrava finto, tanto era bello.
Lungo la strada avevo fatto diverse tappe per farmi raccontare un po’ tutta questa notorietà della cipolla di Tropea. Un simbolo per l’intera zona, e tanto per cambiare, i vari paesi litigano per chi ha il prodotto più autentico. Appena si lascia la Tirrena, iniziano i baracchini pieni di cipolle rosse. Queste vengono legate e intrecciate diventando così anche un elemento decorativo. Per le stradine di Tropea si contendono il primato con i mazzi di peperoncino rosso.
E a proposito di peperoncino sono scoppiato a ridere pensando alla fatica che fanno gli esperti di marketing, quando bastano due frasi giuste, come quelle della pizzeria dove stavo mangiando.
«Ao’, Giusè, hai sentito che er pupone gl’ha dato qui a Tropea la prima vorta? Chissà se era nella stessa spiaggia nostra?»
«Ma chi t’ha detto sta stronzata?» gli risponde lui con la gentilezza tipica degli anglosassoni.
«Te pare che non me devi sempre risponne così. Io te dico na cosa interessante e tu me tratti come na scema. L’ho sentito alla radio. L’ha confessato lui. L’ha fatto co na tale Simona. Figurete che c’aveva 12 anni, ma nun c’ha capito n’cazzo». «E che te devi aspettà da sto burino».
Il centro storico di Tropea è un piccolo gioiello caratterizzato per i prodotti tipici. I due, e non solo loro, staranno ancora cercando la spiaggia dove Totti avrebbe fatto sesso per la prima volta. Per le cipolle c’è tempo.
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