Crotone: n’drangheta, speranze e il mitico Rino

capo colonnaDa quando sono partito, ogni tanto mi ritrovo a fischiettare dei motivi musicali senza capire bene da dove arrivino. Stamattina mentre uscivo da Reggio Calabria mi sono ritrovato a cantare “ma il mare è sempre più blu…”. Solo dopo un po’ ho realizzato che Rino Gaetano è nato a Crotone, la mia prossima tappa.
“Ricorda nel suo cuore errante il misero salario del bracciante”. Rino, prima di trasferirsi a Roma, ha vissuto dieci anni nella città vecchia dove era nato nel 1950. “Agapito Malteni il ferroviere” è una delle canzoni in cui esprime la sua rabbiosa nostalgia per il Sud contadino abbandonato, raccontando la storia di un macchinista che sogna di fermare il treno dell’emigrazione al Nord, l’esodo dei contadini verso i tristi paesi della periferia milanese. Ancora oggi da qui si emigra, ma questa terra è diventata approdo: anche alla vigilia di Ferragosto sulle spiagge vicino a Crotone sono sbarcati cinque disperati, arrivati dalla Turchia.
E così sulla Jonica 106, fischiettando il mitico Rino faccio la prima sosta. Ambiguità e doppiezza. Sono queste le prime due parole che pronuncia Rocco Cordì, quando gli chiedo cosa prova a guardare la sua terra. «Chiunque arrivi qui non può che provare amore e odio per la Calabria. È incantevole con mondi tutti da scoprire, ma anche desolante per il senso di abbandono che vedi ovunque. I calabresi non hanno consapevolezza delle risorse che avrebbero a disposizione. Questa potrebbe essere la California italiana e invece la costa è stata mangiata dalle costruzioni in modo disordinato e precario. Non è tutto così per fortuna. Nell’entroterra si stanno recuperando molti borghi ed è la zona più autentica».
Rocco è emigrato a Varese nel 1968, ma da allora, come tanti, è sempre tornato nel suo paese di origine, e si è pure comprato una casa per passare le vacanze. È stato l’ultimo segretario del Pci, che quando Serra passò da queste parti, venticinque anni fa, ancora esisteva.
Siamo nella Locride e non si può far a meno di pensare alla ‘ndrangheta. Come per la camorra è un fenomeno che non lo vedi passando. Percorrendo le strade di San Luca e di Locri però scorrono le immagini di sangue che la criminalità organizzata produce.
«È iniziato tutto qui, – mi racconta Rocco – e negli ultimi dieci anni c’è stato il salto di qualità. Dai sequestri di persona si è passati ai grandi traffici di cocaina. Tutto nasce dai legami di sangue che si sono poi evoluti grazie all’intelligenza organizzativa, che sa sfruttare le relazioni e i rapporti con la politica. Anche qui emergono le contraddizioni della nostra terra, perché da una parte c’è una Calabria fatalista a cui non interessa affatto lo sviluppo. Si nasconde dietro la ‘ndrangheta per avere la scusa del non far niente. Dall’altra sta avanzando una nuova realtà imprenditoriale molto dinamica soprattutto nel Nord della costa. Ci sono situazioni interessanti come Badolato, dove lo sbarco dei curdi è stata l’occasione per ripensare alle sorti del paese, che si sta progressivamente svuotando, e così il sindaco ha lanciato la proposta dei paesi albergo, chiedendo aiuti internazionali per rivitalizzare i centri e nel contempo accogliere immigrati che lavorino lì».
Lascio Rocco per fare solo pochi chilometri di strada verso Crotone, che è la mia tappa di oggi.
A S. Andrea apostolo dello Ionio c’è una caccia al tesoro. Mi fermo incuriosito e mi viene incontro Melissa. Allegra, solare, insieme con tanti altri giovani fa parte dell’Ara, ovvero l’associazione romana degli andreolesi. Esiste anche l’Ama, che è la versione milanese della stessa. «Negli anni Cinquanta qui vivevano 5.000 persone, ora sono rimaste in 2.000, ma chi va via non perde i legami e torna. Soltanto che ormai siamo anche alla terza generazione di emigrati e così abbiamo perso molte tradizioni. Noi conosciamo poco, e la Pro Loco si sta impegnando per diffondere la storia, il dialetto e altro».
Giuseppe Dominjanni ha 27 anni e fa l’operatore turistico. Ha un Bed & Breakfast e da un paio d’anni presiede la Pro Loco. «Questa era una terra di pignatari già dai tempi della Magna Grecia. Ora che gli ultimi due hanno cessato l’attività, per non perdere tutto il patrimonio abbiamo aperto dei laboratori didattici per i ragazzi. Abbiamo anche un dizionario ufficiale andreolese».
Le riflessioni di Giuseppe non si fermano però ad aspetti culturali. «La gente di qui è rimasta un po’ indietro e non si rende conto che il territorio è il bene più importante e prezioso che abbiamo. Qui c’è la tendenza a non accettare lo straniero. Pensano che vogliano appropriarsi del paese, ma tutti quanti non ci rendiamo conto invece, che siamo proprio noi la causa dell’arretramento. La ‘ndrangheta spesso è una scusa per non fare niente. Diventa un paravento al parassitismo».
Intanto sono arrivati tutti i partecipanti dei dodici equipaggi per la caccia al tesoro. Una foto e si parte…

Arrivo a Crotone che è quasi notte e trovo una camera nell’albergo storico della città. All’hotel Concordia ha dormito gente importante e il proprietario ha fatto un piccolo dossier fai da te per i turisti. Un albergo che ha i suoi anni, e malgrado il tentativo di notorietà si vedono tutti.

Questa voce è stata pubblicata in Ricordi e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.