«Vieni via! Vieni via! Luigi, vieni via di lì!» Le grida lo raggiungono mentre lui avanza in mezzo ai tavolini. «Dai, c’è posto qui, e ci prendiamo un aperitivo». Risponde convinto Luigi. «Vieni via!» Insiste la donna. A quel punto la gente seduta inizia a incuriosirsi e qualcuno anche a preoccuparsi. Sono seduto nel bar a fianco e seguo la scena senza capire cosa stia succedendo. «Luigi vieni via!» Stavolta interviene con maggiore energia un altro uomo. «Non lo vedi che lì è pieno di comunisti e pure quelli del culattone». Il cameriere a quel punto esce sulla porta del bar, li guarda, e con aria tra la disperazione e la commiserazione, spalanca le braccia. La gente rumoreggia e poi inizia a ridere quando si accorge che sempre il cameriere indica le bandiere di Sinistra, ecologia e libertà che sventolano sul balcone dell’appartamento sopra il bar.
La baldanzosa compagnia di milanesi ha lasciato tutti senza parole. Ce ne vorrà ancora di tempo prima che si esaurisca il carniere dei pregiudizi.
Un’ora prima avevo sentito un’altra critica a Vendola. Per fortuna non sui suoi gusti sessuali, ma sulla scarsa attenzione che dimostrerebbe nei confronti del Gargano. «Qui non è amato perché non ci considera affatto. Anzi, sostiene che siamo dei mafiosi in doppiopetto».
Parto da Vieste un po’ a malincuore. È un arrivederci alla Puglia che tanto mi ha entusiasmato. Mi attendono duecentocinquanta chilometri davvero noiosi. La statale 16, l’Adriatica, con i suoi mille chilometri esatti è la strada più lunga d’Italia.
Arrivo a Silvi marina, che era stata una tappa del nostro Serra venticinque anni fa. Tutto preso dal raccontare di un biliardino, non ne aveva però parlato molto. La cittadina è stata per tanto tempo la perla del turismo balneare abruzzese. Poi la globalizzazione e la concorrenza è arrivata anche qui, e malgrado i discreti servizi e un mare tutto sommato decente con una bella spiaggia, da diverse stagioni non raggiunge più i numeri di una volta.
La canzone del sole è nata qui. L’abbiamo strimpellata e cantata tutti. Almeno quelli della generazione post- sessantottina. “L’innocenza sulle gote tue” aveva lo sfondo della sabbia bianca di Silvi Marina. Mogol, quello che ha fatto coppia per anni con Battisti, ha passato tantissime estati nella cittadina abruzzese. E proprio dai ricordi di Silvi sarebbe nata “La canzone del sole”. Il celebre compositore, ormai un po’ come Garibaldi, lascia segni dappertutto. «Ho dato il mio primo bacio qui, – racconta Mogol, – a una ragazza bionda di Roma alta un metro e ottanta che potevo baciare solo da sdraiata. Silvi mi è rimasta nel cuore. Ne parlo spesso con i miei figli della fortuna che ho avuto a venire qui in quelle estati. Partivamo da Milano a sera, sulla 500 Giardinetta di legno: mio padre guidava tutta la notte, con mia madre a fianco e io e la mia sorellina dietro. Dormicchiavamo, stavamo scomodi, pieni di pacchi e valigie. Arrivavamo nella tarda mattinata, rattrappiti e assonnati e c’era questo mare che ci abbracciava».
Oltre al mare e a Mogol, Silvi marina è nota anche per la Saila menta. Come la nutella, questo marchio, ha avuto la capacità di costruirsi un popolarità enorme. L’azienda è nata nel 1937 e ha sempre tenuto la produzione a Silvi marina. Fino al 1994 è rimasta saldamente in mano alla famiglia Barabeschi. I confetti alla menta, ma soprattutto le caramelle alla liquerizia hanno caratterizzato un’epoca. Nei periodi d’oro negli stabilimenti, quasi in riva al mare, lavoravano oltre cento persone. Poi a metà degli anni novanta Gianni, Emilio e Pietro, figli del fondatore, Angelo hanno venduto alla multinazionale americana Warner Lambert. Da allora una serie di passaggi fino all’attuale Leaf, società cremonese che ha una serie di marchi famosi come la Sperlari, le Galatine, Dietorelle, Halls e Pringles. La Leaf, come è scritto sul proprio sito internet, “ha l’obiettivo di diventare l’azienda più ammirata all’interno dell’industria dolciaria europea”. Intanto a Silvi marina però sono rimasti a lavorare solo una ventina di persone.
Vado a trovare Domenico Mazzone, portavoce del sindaco, per sapere cosa è cambiato negli ultimi mesi rispetto ai terremotati dell’Aquila. «Un anno fa qui la situazione era profondamente diversa. La sera dopo il terremoto sono arrivate 2.000 persone, e nelle settimane successive siamo arrivati a picchi di 3.800 presenze. C’è stata una partecipazione e una solidarietà eccezionale. Ognuno si rendeva disponibile per qualsiasi cosa, e abbiamo così potuto fronteggiare meglio questa emergenza drammatica».
Elena ed Ennio si ricordano bene quei momenti e quest’anno sono tornati a passare le vacanze nello stesso albergo. «Noi dovevamo sposarci dopo Pasqua. Stavamo finendo di sistemare la casa quando le scosse di quella notte ce l’hanno distrutta completamente». Insieme con l’abitazione stava svanendo il loro sogno d’unione; almeno a breve. «A Paganica non c’era una tendopoli e così ci hanno portati all’hotel Abruzzo marina. Il direttore Alì è stato il primo ad ospitarci, e per noi, per diversi mesi fino a novembre, l’albergo è diventata la seconda casa». Elena ha iniziato subito a fare la volontaria e lavorava in cucina.
«Un giorno il signor Alì ha saputo che noi dovevamo sposarci. Così ha organizzato una grande festa offrendoci tutto. Il primo agosto eravamo quasi trecento persone ed è stato commovente».
Di storie come queste ce ne sono tante e nella hall dell’albergo ci sono le foto e le dediche di ringraziamento. Mohamed Alì, il manager che gestisce l’hotel, ha un doppio passaporto perché arrivato dall’Egitto vent’anni fa, ora è cittadino italiano. È laureato in turismo e ha lavorato in grandi alberghi come lo Sheraton di Genova. «Ho scelto l’Italia perché mi piace il suo popolo. Il nostro albergo ha aperto subito le porte alle persone che arrivavano con i camion dei militari e con i pullman. Avevano perso tutto ed era nostro dovere aiutarli».
Tanta gente, come Elena ed Ennio, torna a trovarlo. Non potrà più farlo un ragazzino di quattordici anni che era diventato la mascotte della cucina. Appena messa in piedi una tendopoli, era voluto tornare, tra i primi, a casa sua. Aveva battuto il terremoto. Gli è stato fatale un incidente in motorino.
A Silvi marina tutto sembra tornato come prima, ma nelle prime pagine dei giornali e in molte conversazioni quei giorni sono ancora vivi e presenti.
Il libro
Hanno seguito il viaggio
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