Quando sulla strada per Portonovo, ho letto il cartello del parco che indicava: “attenzione animali selvatici vaganti”, ho pensato: «cosa non si inventano per affascinare i turisti». Poi, lasciati i bagagli in camera, appena fuori dall’albergo, mi sono ritrovato a tu per tu con un cinghiale enorme. In vespa non è proprio un piacere, anche perché lui non sembrava tanto accomodante, e non ne voleva sapere di lasciarmi passare.
«Li hanno reintrodotti i cacciatori per fare un dispetto a chi ha voluto il parco», mi spiega una ragazza che in estate fa la guida turistica. «Adesso sono un bel problema, perché sono diventati tantissimi e distruggono tutto».
Il Conero si estende su un territorio piccolo, appena seimila ettari. È l’unico promontorio da Trieste fino al Gargano. Il parco è stato istituito nel 1987, due anni dopo il passaggio del nostro Michele Serra. Alcune cose sono rimaste tali e quali quelle descritte venticinque anni fa, anche se uno dei punti forte del suo racconto ha avuto l’evoluzione che ci si poteva attendere. Nella spiaggia dei Sassi neri il nudismo, allora appena tollerato, non può più esser praticato, anzi è severamente vietato. Con l’ordinanza numero 40 del 2002 il sindaco ha decretato che chiunque venga trovato in giro come Adamo ed Eva, verrà sanzionato con una multa di 516,40 euro. Con la buona pace dei benpensanti, anche quelle zone sono state “bonificate”.
«Hanno fatto bene, – mi dice la signora che lavora da Roberto, uno degli stabilimenti in quel tratto di spiaggia, – perché non rispettavano lo spazio e alla fine erano solo esibizionisti». La pensa più o meno allo stesso modo Elia, una brianzola che viene a Sirolo dal 1970. Non ha perso una stagione, e quindici anni fa l’amministrazione comunale le ha dato un premio fedeltà. Insomma, il nudismo non si può praticare più. La bellezza della costa resta comunque intatta, e c’è da dubitare, che tranne qualche guardone, che andrà sicuramente altrove, i turisti arrivassero in questi luoghi quasi deserti per vedere le nudità di qualche dolce creatura o aitante giovane.
I Sassi neri, come tanti tratti di costa, hanno subito una continua erosione di spiaggia, ma conservano intatto il loro fascino. Carlo, in ogni caso, non ne vuol sapere di fare tutta quella strada per arrivare fin laggiù. «Che palle. Ma vi pare che mi faccio un chilometro e mezzo per vedere il mare? Fosse un museo potrei capire, ma il mare è sempre il mare». L’adolescente brufoloso è irremovibile. «Dai Carlo, guarda che bello». Il padre tira fuori un depliant con le caratteristiche della spiaggia. Lui non demorde. Accetta di proseguire fino in fondo al primo tratto di strada, da dove si apre la vista della scogliera. «Ecco, guarda faccio pure una foto, e adesso torniamo in campeggio». Alla fine i genitori cedono e tornano indietro. In effetti, chissà cosa non gliene avrebbe detto il figlio se lo avessero convinto. Una mezz’ora per scendere e poi una scalinata bella ripida. La spiaggia comunque merita davvero, malgrado Roberto ne controlli minuziosamente le attività avendo vietato (c’è un cartello ben in vista): “qualsiasi gioco con la palla, introdurre cani o altri animali, introdurre attrezzatura privata, sostare sul bagnasciuga”. Chissà se lo sa che c’è qualcuno che, di nascosto da lui, va a pesca di moscioli. Le cozze selvatiche si trovano da Pietralcroce ai Sassi neri, e Slow food li ha inseriti tra i propri prodotti tipici.
Di questi pescatori se ne incontrano diversi anche verso Portonovo. La località, malgrado le spiagge più raggiungibili, è ancora più esclusiva di Sirolo. In passato il suo interesse era legato alla presenza di una fonte da cui usciva copiosa una buona acqua. Laggiù, alla fine degli anni Venti, iniziò ad andare a cucinare polli e fettuccine “Nonna Emilia”, che aveva aperto una piccola osteria al Poggio. La gente del posto le chiedeva di spostarsi a Portonovo. Lei si mise a fianco di quella fonte surgiva che tanto era stata contesa. Il turismo iniziò un po’ così, da quella cucina semplice, e dalla voglia di passare insieme quel poco tempo libero che il duro lavoro lasciava.
Portonovo ha accolto a lungo anche Nanni Moretti. Lui è uno dei protagonisti del mio viaggio. Ho scoperto che molte riprese della Stanza del figlio, che gli valse la meritata vittoria a Cannes, Moretti le girò ad Ancona. Aveva scelto come base logistica l’hotel Emilia al Poggio di Portonovo. Lo stesso albergo dove ho soggiornato nella mia tappa di Sirolo. Ne parlo con Raffaella, tornata alcuni anni fa da Milano, dove aveva studiato Archittura, per riprendere in mano l’azienda di famiglia dopo la drammatica morte del fratello Maurizio. «Nanni è stato qui otto mesi, e si era creato un clima familiare tanto che è tornato tante volte anche negli anni successivi. Alcune scene del film le ha girate a Portonovo e all’osteria del Poggio, che era stata fondata dalla nonna Emilia e gestita poi dalla nostra famiglia». Nello stesso hotel è stato ospite Dustin Hofman, scelto dalle Marche come testimonial per gli spot di promozione turistica della regione.
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