Altavi(t)a delle Dolomiti

Quest’estate, oltre ad avventure più alpinistiche, io, il solito Marco ci siamo uniti all’ennesima altavia di alcuni nostri amici più grandi: Scoma, Costa, Sasha, Dapo e Steve, che è purtroppo tornato a casa dopo poche ore per colpa di una bronchite rimediata alla JMJ di Rio. Sfruttando un po’ l’esperienza dei veterani, io e Marco ci siamo aggregati volentieri all’allegra compagnia, che quest’anno ha percorso parte dell’altavia n.4 delle Dolomiti: da San Candido a Pieve di Cadore in 6 giorni di cammino, per un totale di 90 km. Il viaggio verso “il paese di Terence Hill” era già emblematico, una macchina, sette persone, chili e chili di zaini e tanta allegria; tra musica e battute varie. Siamo partiti verso le 10.00 da San Candido e abbiamo percorso il sentiero che porta al cospetto delle Tre Cime di Lavaredo, dove i nostri occhi si sono riempiti di centinaia di persone che, scese dalla macchina, si riversano in un ora di facile cammino, al rifugio Locatelli. Qui ci siamo concessi dei buon panini e una dormitina, per rimetterci poi in cammino verso il rifugio Auronzo. Ci siamo però permessi una deviazione fin sotto la Grande di Lavaredo, per toccare con mano un pezzo di storia dell’alpinismo e confesso di essermi quasi emozionato. Il secondo giorno è stato a parer mio il peggiore, abbiamo camminato le solite 6-7 ore rincorsi da fulmini e saette, passato ferrate e sbagliato strada, prima di arrivare al rifugio Città di Carpi. Ma ripensandoci adesso, quel giorno è forse quello che ricordo più volentieri. Dopo una bella cenetta, rigorosamente cucinata con buste liofilizzate, fornelletto e pentole da noi trasportate, siamo andati a nanna con la speranza che il bel tempo ci accogliesse l’indomani ma…la mattina, il cielo di Misurina ci accoglie con nuvole, pioggia e gran freddo. Per motivi di logistica abbiamo preso un pullmann e, scesi, abbiamo raggiunto il “famoso” rifugio Vandelli, dove abbiamo mangiato le solite insalate in scatola. Da qui però; partiva la parte più bella dell’altavia: una lunga ferrata che scavallava la montagna. Al di là, dopo aver visto dei camosci e aver preso della neve da sciogliere, abbiamo raggiunto il Bivacco Comici, una scatoletta di latta, dove abbiamo acceso un fuoco, cucinato e dormito alla bell’e meglio, ma anche goduto di un fantastico tramonto. Il giorno seguente, mentre Costa e Dapo andavano a tentare l’Antelao; io, Scoma, Marco e Sasha, ci siamo trascinati verso il San Marco con meno di un litro e mezzo d’acqua a testa. Fortunatamente abbiamo trovato un ruscello dove abbiamo bevuto in abbondanza e riempito le borracce. Arrivati al rifugio abbiamo passato un tranquillo pomeriggio a giocare a carte e parlare con un simpatico signore; mentre aspettavamo i nostri amici, fermatisi a pochi metri dalla cima dell’Antelao. Una buona cena sulla terrazza panoramica e una dormita ci hanno dato la carica di affrontare, il giorno seguente, le solite 6-7 ore di cammino e una facile ma molto divertente ferrata. Con un comodo sentiero siamo infine arrivati all’ultimo rifugio: l’Antelao. Qui abbiamo praticamente festeggiato mangiando quasi tutti gli avanzi e giocando a carte fino a tardi: era la nostra ultima notte insieme! L’ultimo giorno siamo comodamente scesi a Pieve di Cadore; dove abbiamo preso un taxi che ci ha riportato alla macchina.
Credo che questa avventura sia davvero stata una scuola di vita per me: mi ha fatto apprezzare le comodità di casa, la bontà del cibo che prepara la mamma, una doccia calda, un divano; tutte cose che sembrano scontate ma che non lo sono. Per non parlare poi delle relazioni interpersonali: dopo un’esperienza simile le amicizie diventano più vere, più salde. Sono troppe le esperienze provate, per essere scritte e raccontate, l’unico modo per capire cosa intendo è provare!

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