Specie aliene: perché sono un problema?

Adriano Martinoli, docente universitario e divulgatore scientifico, spiega qual è la seconda causa al mondo di estinzione di specie

L'alloctono scoiattolo grigio (a sinistra) e l'autoctono scoiattolo rosso (a destra)

Cosa sono le specie “aliene”? Perché dovremmo preoccuparcene?

E’ ciò che Adriano Martinoli ha cercato di spiegare ai ragazzi di Giornalisti Fuoriclasse la mattinata del 28 Febbraio scorso al Teatro Santuccio di Varese (clicca qui per leggere l’articolo sull’evento).

Adriano Martinoli è ricercatore e docente di Zoologia presso l’Università degli Studi dell’Insubria. E’ inoltre un ottimo divulgatore scientifico che da anni si occupa, tra le altre cose, di sensibilizzare e fare corretta informazione sul tema delle specie alloctone. Foto di Carlotta Lunardi.

Le specie aliene (o, più correttamente, alloctone) sono quegli organismi viventi introdotti, volontariamente o meno, dall’uomo in ambienti dei quali non sono originari. L’ecosistema, spiega Martinoli, può essere visto come una complessa rete di relazioni in un equilibrio dinamico, ma al contempo fragile. Anche una apparente piccola alterazione può produrre effetti a cascata notevoli. L’introduzione di specie alloctone, che è a tutti gli effetti una forma di inquinamento, fa parte di questo genere di alterazioni.
Per rendersi conto della portata del fenomeno basti pensare che è la seconda causa al mondo di perdita di biodiversità, ovvero di estinzione di specie (al primo posto vi è la distruzione dell’habitat).
Inoltre, gli effetti negativi non sono solo di carattere ambientale, ma anche e di conseguenza economico. I costi dei danni ammontano a oltre 12,5 miliardi di euro all’anno in Europa.

Il prof. Martinoli ha riportato esempi emblematici in Italia e nel mondo: uno su tutti il caso dello scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis). Questa specie venne introdotta dall’uomo nel 1878 in Gran Bretagna. Da allora la popolazione ha espanso notevolmente la sua area di presenza, trovandosi in un ambiente favorevole e privo delle limitazioni naturali del suo ambiente originario nel quale si è evoluto in equilibrio. Contemporaneamente ha causato il declino, dovuto a una competizione insostenibile, della specie autoctona: lo scoiattolo rosso (Sciurus vulgaris).

Distribuzione dello scoiattolo rosso e dello scoiattolo grigio in Gran Bretagna negli anni (da sinistra a destra): 1945, 2000 e 2010. Immagine presa da: Cornwall Red Squirrels Project.

 

Ma, quindi, cosa si sta facendo?
Adriano Martinoli sottolinea la necessità di un intervento corale e costante per gestire il fenomeno in maniera consapevole ed efficace, dando priorità alle specie considerate invasive. Inoltre, gli interventi dovrebbero essere soprattutto mirati a prevenire la diffusione di queste. Ciò si traduce in controlli più approfonditi e rigidi sui trasporti. Si noti che l’area di Malpensa, ad esempio, è tra quelle in Italia con la più alta presenza di specie non native. L’Unione Europea negli ultimi anni sta dunque agendo per definire quali sono le specie alloctone invasive prioritarie e le modalità di intervento.

L’intervento del prof. Martinoli si è chiuso con la discussione di un altro tema cruciale: il ruolo di una corretta ed efficace comunicazione scientifica. Chi si occupa di ricerca spesso non è capace di comunicare efficacemente la scienza.

“Dobbiamo passare a un modello cosiddetto evidence based, dando gli strumenti di consapevolezza per riuscire a interpretare anche aspetti scientifici complicati.”

E’ necessaria, in questo senso, una rivoluzione culturale.

All’intervento è seguita l’ultima fase: quella delle domande.
Una domanda ha sollevato una questione molto dibattuta, che si può riassumere così: non sarebbe meglio lasciare che la natura faccia il suo corso?. Non sono in pochi ad avere quest’idea distorta e un po’ naif: l’idea di una natura che in ogni caso “saprà” sempre come risolvere la situazione e ristabilire l’equilibrio originario. Fatto sta che essa non funziona proprio così. Infatti se l’introduzione di specie alloctone (volontaria o meno) comporta un’alterazione profonda negli ambienti interessati con conseguente perdita di biodiversità a causa dell’uomo (e così è), è bene che quest’ultimo intervenga per quantomeno contenere i danni e prevenire casi futuri, se il suo obiettivo è quello di salvaguardare la biodiversità e, di conseguenza, se stesso.

 

Qualche link per approfondimenti:

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Fonte immagine in evidenza: https://www.varesenews.it/photogallery/scoiattolo-grigio-scoiattolo-rosso/

 

Silvio Cova

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