Oggi abbiamo avuto la fortuna di intervistare Fernandes, un partecipante del progetto “L’altro sono io”.
La prima cosa che gli chiediamo è come gli è venuto in mente di realizzare il suo progetto. Fernandes inizia il suo discorso spiegando che il primo giorno del progetto era stato chiesto ai ragazzi di raccontare ognuno una storia, e quel giorno dopo aver ascoltato tutte le storie degli altri, lui cercava di non riprendere una storia che fosse già stata raccontata da qualcun altro, quindi piuttosto che parlare dei suoi problemi personali, oppure di qualcosa che avrebbe voluto esprimere, o comunicare, ha deciso di raccontare una storia che gli era successa la mattina stessa, ovvero un sogno.
Dopo questa prima risposta gli chiediamo se ci potrebbe spiegare meglio il suo progetto personale, e lui ci dice che il suo progetto parla di questo suo sogno dove lui si sveglia e trova i suoi genitori morti.. e non ha nessuna reazione a riguardo, segue la routine di ogni giorno, poi quando esce di casa vede che anche il mondo è fermo e morto, ma non ha ancora nessuna reazione, finché, quando arriva a scuola, sempre, indifferente per le scene atroci che ha visto poco prima. Suona la campanella, e tutto ad un tratto la paura e la tensione iniziano a salire, lui queste sensazioni le interpreta con il fatto che si è accorto che l’altro non c’era, solamente quando aveva bisogno di esso, perché quando è suonata la campanella non c’era più la professoressa che gli potesse spiegare la materia.
Successivamente gli chiediamo se l’arte è una delle modalità che lui usa per esprimersi, lui risponde che l’arte è sicuramente l’unica modalità che usa per esprimersi oltre il parlare, sebbene non abbia non abbia esattamente la necessità di esprimersi all’età di 17 anni, infatti lui dice “Le mie idee le tengo a me per ora, perché sono molto instabili. Quindi le rare volte che utilizzo l’arte per raccontare voglio raccontare davvero qualcosa. Perciò non comunico quasi mai qualcosa che penso, e se lo faccio, è solo perché sono realmente convinto di ciò”.
Dopo aver ascoltato questa risposta gli chiediamo cosa voleva comunicare attraverso il suo progetto e lui ci risponde che sostanzialmente voleva trasmettere l’assurdità del suo sogno, trasformandolo in qualcosa di concreto, raccontando una storia, senza comunicare qualcosa in particolare, lasciando la libera interpretazione a chi osserva. Ha cercato di raccontare una semplice storia di un sogno.
Successivamente ci spiega che nel suo progetto però, a differenza del suo sogno, ha rappresentato un ragazzo che si sveglia dopo un bellissimo sogno, una cosa quasi solenne, però si sveglia attorno ai morti, ovvero la sua famiglia, e questo ribalta la situazione di quello che è successo realmente a lui quella mattina, ovvero, un risveglio dopo un incubo seguito da una giornata come ogni altra.
In seguito gli chiediamo cosa pensa della settimana in generale, lui risponde che è stata una settimana diversa da tutte le altre perché stava tutto il giorno fuori casa, ovvero dalle 7.30, fino alle 19.00. Una settimana definita da lui “molto stremante” sia dal punto di vista scolastico che dal punto di vista lavorativo durante l’alternanza. Ma non solo, ci dice anche: <<A confortarmi questa settimana però sono state sicuramente le persone che ho conosciuto il primo e il secondo giorno, benché mi sia isolato già il terzo giorno per iniziare il mio progetto. A differenza di tutti gli altri, sono stato quello che meno ha condiviso le sue idee a causa delle mie assenze dovute alla creazione della mia scultura, ma nonostante questa assenza alcuni scendevano a farmi domande sul mio progetto, incuriositi, ed è stato proprio questo che mi ha motivato.>>
In fine gli chiediamo di parlarci un po’ dell’ultimo giorno del progetto, ovvero la giornata passata nella comunità “Una casa anche per te”, lui ci dice che sicuramente è stato il giorno più leggero di tutta la settimana, dopo giorni pieni di lavoro. <<È stato quasi come una pausa per il diveritmento, e sicuramente adatta come attività finale.>>
Commenta per primo