Modigliani ha vissuto, brevemente e intensamente, gli anni della agonia del linguaggio della Pittura nel mondo industrializzato: anni ruggenti, anni alla deriva per le Belle Arti o Arti Plastiche, l’ultima zampata del leone agonizzante.
Dopo il grande momento della elaborazione culturale dell’Illuminismo, con il Neoclassicismo, il Romanticismo, il Realismo…..per l’Europa inizia il cammino di una società sempre più legata ai valori del denaro, del profitto, del calcolo, dell’interesse e i pochi mecenati o committenti rimasti guardavano ormai quasi unicamente agli affari e al “bisnes”
…anche se personaggi come Leopold Zborowski o Paul Alexandre o altri, ancora investivano e rischiavano il proprio denaro puntando su artisti sconosciuti…..però fondamentalmente il loro fine era moltiplicare, un giorno, il denaro investito.
La Pittura era diventata un semplice oggetto di lucro e speculazione, come tutto ciò che veniva prodotto dalla industria moderna.
E come oggetti leggeri, per il lucro e la speculazione, …”le arti figurative stavano per diventare una delle maggiori industrie culturali dell’Occidente capitalistico” (op.cit.).
Diceva Picasso in una intervista a Giovanni Papini:….”Ed io, dal cubismo in poi, ho contentato questi signori e questi critici con tutte le mutevoli bizzarrie che mi son venute in testa, e meno le capivano e più mi ammiravano. A forza di spassarmela con tutti questi giochi, con queste funambolerie, con i rompicapo, i rebus e gli arabeschi, son diventato celebre abbastanza presto. E la celebrità significa, per un pittore, vendite, guadagni, fortuna, ricchezza”….
Quello che ormai contava, una volta distrutte tutte le funzioni e ruoli della Pittura e delle Arti in generale, era unicamente lo STILE PERSONALE nell’opera (cosa di cui un pittore non dovrebbe proprio preoccuparsi).
Modigliani si è concentrato sulla ricerca del suo “stile personale”…e finalmente è riuscito a trovarlo: unico, riconoscibile, colto e raffinato.
E alla fine della sua vita i collezionisti, i galleristi, i nuovi ricchi (soprattutto nordamericani), e tutta la fauna dello zoo del lucro e della speculazione, ha finalmente riconosciuto questo suo stile personalissimo e si è convinta della qualità delle opere di Modì (…si, perché a quel tempo, l’avanguardia cercava e possedeva ancora, nonostante tutto, una sua QUALITA’ PITTORICA ED ESTETICA).
Oggi tutto questo non esiste più. E’ storia del passato.
Dagli anni ’60 in avanti cercare di fare della buona Pittura è un peccato mortale.
Cercare di dipingere con amore cose positive e costruttive è un crimine .
Dipingere utopie, sogni, progetti per una società più giusta e felice è addirittura roba da terroristi pericolosi….da isolare, emarginare e ghettizzare.
Il libro di Augias è ben documentato, appassionato, struggente ed è da leggere per capire la grandezza di Modigliani e dei suoi colleghi della “Scuola di Parigi”: l’ultima zampata gloriosa del leone agonizzante alle soglie della grande omologazione.
Come scrisse il grande Mario De Micheli: “ora un solo Dio governa: il Dio del profitto. L’ideale della perfezione umana, il “regno dell’uomo”, potrà ormai vivere solo nel sogno dei poeti”….
Questo di Augias è un libro che forse ci aiuta a capire l’inizio della fine per la Storia della Pittura.
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Corrado Augias
Modigliani, l’ultimo romantico
Editore: Mondadori 1999
“Pochi uomini hanno incarnato come Amedeo Modigliani (Livorno 1884 – Parigi 1920) il mito romantico dell’artista geniale e trasgressivo. Storia e leggenda sono così strettamente mescolate nel racconto della sua vita da risultare quasi inestricabili. Anche le testimonianze di coloro che lo conobbero sono contraddittorie: di volta in volta lo descrivono come gentile, beneducato, tranquillo o al contrario come un ubriacone vociferante e rissoso. All’impresa di distinguere la storia dalla leggenda si è dedicato, con la consueta sensibilità, Corrado Augias, che ricostruisce la vicenda della famiglia Modigliani nella Livorno ottocentesca, la formazione pittorica di Amedeo, la sua vita di bohéme a Parigi tra i più grandi artisti del primo Novecento. Fino alla tragica fine, condivisa dalla compagna Jeanne, e al nascere del mito. Allo stesso tempo traccia l’affresco di un’epoca irripetibile della cultura europea. E racconta, attraverso la parabole esemplare di un protagonista, il destino della più alta e febbrile arte novecentesca.”