La prima buona notizia è che il MAGa si chiama MAGa, cioè “Museo d’Arte di Gallarate”, così, semplicemente, senza la faziosa dicitura “Contemporanea” che…” è un’espressione abbastanza generica…..ma sufficientemente esplicita perché l’interlocutore comprenda che si parla d’una certa forma d’arte, e non di tutta l’arte prodotta da tutti gli artisti oggi viventi e che dunque sono nostri contemporanei…” (C. Millet, L’Art Contemporain, Flammarion, Paris 1997,p.6.)
….”non tutti condividono la parola d’ordine dettata da New York (“basta con la pittura“) e anzi…. a condividerla è una ristretta minoranza, che non puó ambire alla qualifica di élite, ma merita semmai quella di fazione. Benissimo le performance e le video installazioni, ma è intollerabile che se ne voglia sancire l’esclusiva…..”(Maurizio Calvesi, editoriale di ARS, n.10, Ottobre 1998 )
La seconda buona notizia è che il nuovo museo si inaugura nientemeno che con una mostra di MODIGLIANI!!!!! E’ un ottimo ri-inizio, che speriamo abbia un significato costruttivo per un nuovo percorso basato sulla ricerca seria e professionale….e non come succede quasi sempre, quando si usano i grandi artisti del ‘900 in funzione di ALKA SELZER, per fare poi digerire la sfilata di spazzatura “contemporanea” …(come per esempio è successo a Varese, presentando MORANDI per fare poi digerire l’Arte Povera ).
(Mostra di AMEDEO MODIGLIANI: dal 19 marzo al 19 giugno 2010, Orari lunedì chiuso. Martedì a domenica 10.00/12.30-14.30/18.30)
E per riflettere su questi argomenti propongo:
Roy Strong, ex direttore del Victoria & Albert Museum in “The Times” ( in Graffiti, Il Giornale dell’Arte, N.198, aprile 2001)
…”Certo mai prima d’ora, nella storia della creatività artistica, si sarebbe potuta erigere una tale torre di Babele estetica. Mi ricorda una sorta di Inferno dantesco, nei cui baratri si aggirino torme urlanti di artisti, promotori, uomini marketing, agenti pubblicitari, critici, mercanti, direttori di musei insieme ai vari parassiti di questo carrozzone, tutti stretti in un perpetuo abbraccio di autopromozione e auto-compiacimento. Il loro vocabolario comune é interamente basato sulla novità, lo shock, la polemica e l’oltraggio. Un tocco di bacchetta magica dei grandi elettori di questo inattaccabile milieu e oplà, ecco nata una nuova stella, e moltiplicati gli zeri del prezzo delle sue opere. I media sono cruciali per il supporto di questa nuova mitologia: premi artistici in diretta televisiva, celebrità la cui presenza é richiesta ad ogni festa degna di questo nome…..
Questo mondo é anche sostenuto da un altro fenomeno della fine del XX secolo: il museo d’arte moderna. Non passa anno senza che non nasca in giro per il mondo un nuovo museo. Non ho niente contro queste istituzioni, ma mi rattrista il pensiero che non ci saró piú quando, presto o tardi, avranno anche loro ció che si meritano”……
Poi, per quanto riguarda l’atteggiamento delle autorità pubbliche……dalla intervista di Thierry Naudin a Jean Clair, direttore del Musée Picasso di Parigi e autore del famoso pamphlet “Critica della modernità” (Allemandi, 1984), su Il Giornale dell’Arte, n.193, novembre 2000.
…”Se, in qualità di osservatore, cerco un denominatore comune alla produzione contemporanea, mi trovo a priori in imbarazzo di fronte alla sua diversità. Se peró metto insieme l’orinatoio di Duchamp. La merda d’artista di Manzoni, le grandi manifestazioni, Kassel, il Whitney Museum o “Sensation” a Londra e a Brooklyn, riconosco un punto in comune che emerge prepotentemente: il gusto per l’abiezione e per l’orrore, il fascino per i fluidi corporei, il sangue, il liquido seminale, l’urina, gli escrementi, il muco nasale (pensiamo a Serrano, Pierrick Sorrin ecc.). La seduzione per l’automutilazione, la mostruosità (Orlan, Van Leemswerde, Cindy Sherman). L’estetica del disgusto ha ormai preso il sopravvento su quella del gusto che ha dominato l’arte dal 1750 fino all’incirca al 1970. E’ ancora troppo presto per trovare una spiegazione a questo fenomeno. Nella misura in cui le autorità pubbliche sembrano incoraggiare le manifestazioni apparentemente scioccanti, sarei tentato di credere che ci troviamo di fronte all’espressione di una sacralità nuova, nella quale fondere il “socius”, ma una sacralità ribaltata, negativa, alla Georges Bataille, un Sacer arcaico e di cattivo auspicio. Ma, ancora una volta, si tratta di semplici intuizioni.”
E ancora Jean Clair, Intervista, Il Giornale dell’Arte,n.157, luglio-agosto 1997
…”L’entropia del senso plastico é al centro della discussione sull’estetica di oggi. Orazio diceva che la missione dell’arte é di “docere et delectare”: da un lato insegnare, dall’altro rallegrare, nutrire lo spirito e appagare i sensi. Per molti secoli in Occidente, le arti plastiche hanno seguito questa regola perfetta. E oggi? Il “docere” non esiste piú, poichè l’arte ha cessato di essere conoscenza; per quanto riguarda il “delectare”, non si prova piú alcuna gioia dei sensi visitando le gallerie d’arte contemporanea. Per spiegare questa sclerosi dilagante bisognerebbe forse ricorrere alla teoria dei “processi opponenti”, come la definiscono gli endocrinologi: per provare un piacere immediato, senza sforzo, si fa ormai uso di droghe, sonore, visive o chimiche, si fa ricorso all’effetto choc. Questo piacere fugace non é piú seguito dalla pienezza dei sensi, dall’appagamento, che rappresentavano la ricompensa per lo sforzo di creare, e di assaporare l’opera d’arte; esso é seguito solo dal malessere e dalla sofferenza”.
E per finire, quando era ancora giovane e innocente: Vittorio Sgarbi, La stanza dipinta, Biblioteca Universale Rizzoli,1993
…”E’ giunto il momento di riguardare la storia dell’arte di questa seconda metà del secolo. (…) Siamo vissuti in un lunghissimo equivoco, obbedendo a parole d’ordine che impedivano di vedere la realtà. Solo certi fenomeni sono stati giudicati degni di considerazione, uniche prove legittime dell’arte contemporanea, serenamente ignorando tutti gli aspetti non omologabili. Mai intolleranza fu piú forte e gli artisti considerati puri strumenti di strategie. (…) Si è trattato di una vera e propria guerra, con morti, feriti e dispersi. Assai pochi hanno coscientemente conservato una propria autonomia, e l’hanno pagata con il silenzio e l’indifferenza“…
Basta che non sia un fuoco di paglia e che ci sia concreta possibilità di sviluppo.