Montefabbri di Colbordolo è un antichissimo borgo fortificato che si trova lungo la vecchia strada che collega Pesaro a Urbino. E’ un gioiello che sopravvive tra le bellissime colline dell’entroterra marchigiano e lì, in una fetta di casa su tre piani più la cantina che dava sulla strada delle mura, per diversi anni ci visse e ci lavoro’ il Maestro AURELIO C., uno dei pittori più importanti della seconda generazione del neorealismo italiano. Oltre che essere un collega è diventato anche un carissimo amico e, nel 1995 mi ha ospitato per un paio di mesi nella sua casa/studio di Montefabbri.
Io venivo da una Nicaragua pesante con problemi di vario tipo soggettivi e oggettivi e avevo bisogno di ritemprare l’anima, lo spirito e il “mestiere”. Avevo bisogno di dipingere all’aria libera o, come si dice“En plein air”o anche “sur le motif”. E, per un pittore, Montefabbri e i dintorni sono davvero un “motif” affascinante, a qualsiasi ora del giorno e, nel mio caso, non per dipingere “impressionista”, ma per lavorare “solido”, come i grandi del ‘400, cercando la luce dei colori, o meglio i COLORI DI LUCE.
O almeno, questa era l’idea.
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E devo dire che ho dipinto ininterrottamente per questi due mesi, direi piuttosto bene, con un clima e ambiente veramente favorevoli. Anche grazie alle grandi e variate spaghettate che Aurelio preparava….mi segnalava a distanza che stava buttando la pasta quando appendeva alla finestra un asciugamano bianco.
E’ stato uno dei momenti più belli e vissuti della mia vita. Grazie Aurelio, grazie Montefabbri!
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Nel catalogo per una mia mostra, nel 2003, ricordando questi momenti, Aurelio C. mi ha regalato questo commovente scritto:
SERGIO A MONTEFABBRI
Mi ricordava sulla strada ogni giorno, il Courbet de “l’Incontro”. Sergio se ne andava per le campagne, sui dossi alberati, sui colli col suo carico affardellato, la sua attrezzatura per dipingere: la cassetta dei colori, la tela tesa sul telaio, il seggiolino pieghevole…la borraccia con l’acqua…la sua alta persona si perdeva nel verde tra i fusti neri del bosco, a guardar bene dal basso, dal paese lo si introvedeva poi intento al suo lavoro, per ore; mi ricordava Courbet anche se lui nel gran silenzio non incontrava nessuno.
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Guardai nel libro e mi sentii un po’ Alfred Bruyas il gran mecenate di Courbet; ma solo un piccolo poco perchè io potevo essergli solo amico: egli tornava dal Nicaragua e aveva bisogno di spegnere il fuoco del suo spirito nella dolcezza di questa campagna, nella pace di qui, nella luce di qui e di questa umanizzazione antica della natura di qui, di questo paesaggio.
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Su Courbet siamo sempre stati d’accordo tutt’e due:
“J’ai étudié, en dehors de tout esprit de système et sans parti pris, l’art des anciens et l’art des moderns. Je n’ai pas plus voulu imiter les uns que copier les autres: ma pensée n’a pas été advantage d’arriver au but oiseux de “l’art pour l’art”. Non! J’ai voulu tout simplement puiser dans l’entière connaissance de la tradition le sentiment raisonné et indépendant de ma propre individualité. Savoir pour pouvoir, telle fut ma pensée…” (Courbet – Le Manifeste réaliste – 1855)
Realismo.
“Réalisme… les titres en aucun temps n’ont donné une idée juste des choses…”
Sia Sergio che me, viviamo di realtà e la figuriamo nelle nostre opere cercando di aggiungervi quel dato poetico che sentiamo. Sergio dentro il suo grande mestiere, a questo pare non crederci, non si è convinto, e così continua puntigliosamente a cercare e a fare pittura, ogni giorno, a tutte le ore.
Aurelio C.
Montefabbri, Urbino, Ottobre 1003
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