La rassegna intitolata “Gino Severini (1883-1966), futuriste et néoclassique” realizzata tra aprile e luglio 2011 al Musée de l’Orangerie a Parigi è stata trasferita al “Mart” (Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto) e rimarrè aperta fino al 08 Gennaio 2012.
Oltre ai circa 80 dipinti della mostra di Parigi, questa del Mart è stata ampliata con una “serie di opere degli anni Quaranta e Cinquanta, che permettono di approfondire, per la prima volta dopo oltre vent’anni dall’ultima mostra monografica, il complesso intreccio rappresentato dalle diverse tappe della storia artistica di Severini”.
Il pittore Gino Severini (Cortona, 1883 – Parigi, 1966) è stato uno dei principali rotagonisti del movimento futurista e svolse un ruolo fondamentale come punto di contatto tra l’arte italiana e francese nel periodo delle avanguardie, poi del ritorno al classico e fino alla sua vicinanza, negli anni Trenta, al gruppo “Les Italiens de Paris”, di cui faceva parte anche il nostro grande maestro Anton Luigi Gajoni…….
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Il nostro amico e collega Gianfranco Tognarelli ha visitato recentemente la mostra di Rovereto, e ci invia queste considerazioni:
“Gino Severini
Le mostre che prediligo sono quelle antologiche e quella di Severini, con quasi 100 opere era invitante per diverse ragioni: in questo periodo ho molto rivalutato il primo futurismo, che nel 1916 era finito!!!! con la morte di Boccioni e con l’opera “Maternità” di Severini ( con la quale è iniziato quello che poi è stato il “ritorno all’ordine”) ; ed inoltre per vedere uno degli “Italiens de Paris”, di cui anche Gajoni faceva parte. Ed è stata veramente interessante. (Ho visto anche la mostra di Ferrara “GLI ANNI FOLLI. La Parigi di Modigliani, Picasso e Dalí. 1918-1933”, con tanti Capolavori, ma uno o due per pittore è solo confusione).
Per quanto riguarda la mostra di Rovereto…finalmente una mostra con luce quasi naturale!!! Con pareti bianche e spazi adeguati. (Gli architetti questa volta si sono contenuti). I dipinti poi veramente rappresentativi.
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La prima sala inizia con un dipinto orizzontale assai grande da post macchiaiolo ben realizzato, richiamante la toscana dell’800 (un Severini sconosciuto). E poi una serie di ritratti del primo periodo parigino, con anche i due famosi paesaggi divisionisti, “Printemps a Montmartre” e “Marchand D’oublies”- (Avenue Trudaine) che non avevo mai visto dal vero, bellissimi gli uni e gli altri.
Quello che un tempo mi pareva leggerezza, oggi mi pare luminosità fresca e ridente. Anzi, questa luminosità, mi pare essere la cifra di Severini (come diceva Boccioni: “siamo quelli del primo quadro”). Conserverà sempre luminosità e chiarezza anche mentale e compositiva.
Parigi toglie le briglie e comincia una ricerca che sempre con freschezza e luminosità tutte sue, lo porta a trovare movimento e un gioco di forme che si avvicinano al cubismo, senza mai subirlo. I lavori futuristi danno il senso di una ricerca piena di entusiasmo, è una “festa di colori e di luci tenere e raffinatissime”… sempre con notevole chiarezza formale e senso di ordine (già quasi geometrico).
Qualche perplessità poi per alcuni dipinti del “ritorno all’ordine”, dove forse la volontà di avvicinarsi in qualche modo alla metafisica, o ad altri movimenti nati in quel clima, toglie spontaneità e freschezza (si tratta di alcuni lavori) poi riscattati da capolavori come l’Arlecchino ed altri ritratti e nature morte degli anni 20-30.
Anche tutti gli studi di geometria , il numero d’oro ecc. applicata in particolare a nature morte, permettono costruzioni articolate ma sempre chiare e comunque autentiche con una tendenza ad un decorativo raffinato.
Per terminare con gli ultimi lavori sempre felici , nei quali si sentono le influenze parigine, talvolta Matisse o Picasso, ma sempre filtrati dalla sua sensibilità, nelle quali torna in realtà a sviluppare esperienze pittoriche che già aveva attraversato intorno agli anni 20. E chiaro e luminoso è sempre.
La cosa bella è vedere il percorso di una vita da pittore (di quelli veri, che attraversano crisi, che cercano verità, che non dipingono sempre il solito quadro), con tutti i cambiamenti anche radicali, in realtà poi in fondo si è sempre se stessi anche nei più diversi modi di esprimersi. Lo si voglia o no , si sia astratti o no.
L’altra cosa che mi piace di Severini è il suo modo di affrontare la pittura: essere tutti giorni allo studio, perché, diceva ,quando fosse arrivata quella cosa che chiamano ispirazione era meglio che lo trovasse pronto!”
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Gino Severini su Anton Luigi Gajoni
La mostra di Rovereto era incentrata sulla pittura da cavalletto, non c’erano lavori che riguardassero la pittura sacra, o studi per gli affreschi. Quando Severini aveva dipinto nell’abside della chiesa di Notre Dame du Valentin a Losanna,aveva chiamato Gajoni come assistente all’esecuzione, per la sua esperienza di affreschista (Gajoni insegnava allora Tecnica dell’Affresco alla scuola Andrè Lothe di Parigi ), ed in occasione della mostra degli “artistes italiens de Paris” alla Galleria Charpentier del 1933, Severini aveva scritto nella Rivista “Quadrivio”: “fra i lavori dei giovani quello del Gajoni è il più completo dal doppio punto di vista del concepire e del fare. Intelligentemente composto e dipinto con toni chiari da affreschista italiano, esso non è una “riuscita” venuta su per caso, ma un opera ben ponderata e voluta, il che ci fa pensare che questo giovane artista ha raggiunto quel grado di maturità, che gli permetterà di darci d’ora in avanti non delle promesse più o meno brillanti, ma delle opere vere e proprie.”
Gino Severini disse negli anni 40 riferendosi agli anni 20-22 “L’entrata in scena del cosidetto “neo-classicismo”, applicato a Picasso e Braque. Ma debbo dire che sia per l’uno che per l’altro, i critici che tirarono in ballo quella parola si sbagliavano di grosso.In ogni caso è certo che le grosse donne pompeiane o romane di Picasso hanno una ragion d’essere, e i miei “pulcinelli” ed arlecchini ne hanno un’altra. Sta al vero critico chiarire queste questioni. Per quel che mi riguarda non posso aiutarlo che con una confessione, le regole geometriche e matematiche che avevo scoperte e ricostruite dai classici pesavano, è vero, fortemente sulla mia arte; mi distingueva da Picasso l’idea che lo stile doveva scaturire da quella severità di “mezzi” nutrita da un sentimento, e da una qualità personale intrinseca. (……) E’ certo tuttavia che lo stile non può venire se non dall’unità spirituale di tutta un’epoca, e che questa non c’era più nè a Parigi nè altrove. (….) Negli artisti della nostra galleria tornava una certa simpatia per le apparenze sensibili della realtà: in alcuni, come in Braque, con dignità misura e talento; in altri come in Metzinger, in Herbin- in modo più oggettivo e meno elevato. (….) Questa specie di ritorno alla realtà apparente delle cose, per il quale sento una certa responsabilità, non lasciò indifferenti nemmeno Leger e Gris”
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Sul Mart….
“Per quanto riguarda il Mart, è un gran museo . Il museo vero e proprio non è grande e riguarda il novecento con i pittori più importanti con i quadri che spesso cambiano. Poi ci sono parti dedicate a mostre temporanee, sempre 2 o 3 di buon interesse. Gli spazi sono ampi luminosi e dopo il primo periodo, c’è sempre poca gente….. siamo in provincia, insomma un posto ideale direi. Per me è stato un ottimo lavoro di Botta. E’ nel centro della città senza che nemmeno lo si veda.
Un coloratissimo saluto e buon lavoro Gianfranco”
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Gino Severini nel periodo post- macchiaiolo dipinge la toscana con la firma M.E. Severini ????