Il titolo del dipinto che ho appena realizzato è “Un pomeriggio all’Arenal” (UNA TARDE EN EL ARENAL)… ci troviamo in Nicaragua e l’Arenal è un piccolissimo villaggio che si trova nel mezzo de “Los Pueblos Blancos”, nel municipio di Masatepe. ARENA in spagnolo significa sabbia, e “arenal” è un luogo di sabbia…e siccome siamo nel bel mezzo della stagione secca (non piove da Novembre scorso) “El Arenal” si presenta oltre che sabbioso, anche polveroso e secco…tutto è chiarissimo e luminosissimo e fa un caldo tremendo.
E ciononostante abbiamo passato un piacevolissimo pomeriggio nella casa della Martita, che è una contadina povera che vive di quello che produce nella sua casa (polli, tacchini, maiale ecc.) e nel pezzo di terra che ha avuto in eredità e che è pieno di alberi da frutta (arance, mandarini, manghi, avogadi, cacao ecc.). Il problema è che il pezzo di terra che possiede non ha strade, solo un avventuroso sentiero e tutto viene portato fuori sulle spalle. E con il caldo che fa vi garantisco che la cosa è piuttosto faticosa.
La gente de El Arenal non è più tanto povera come una ventina di anni fa. Non si vedono più le case di cartone, di plastica nera o le vecchie catapecchie di tavole di legno. Negli ultimi due o tre anni tutti hanno costruito la loro casetta di cemento e zinco sul tetto, e si vede che il benessere, anche se a livelli primari, è diffuso.
La gente de El Arenal è estremamente orgogliosa di vivere lì, e lì, francamente, non c’è niente, sembra di essere nel mezzo del niente. Ci vuole una oretta di stradine polverose per arrivarci e pare che durante la stagione delle piogge non si possa entrare con la macchina.
Ma non è la prima volta che noi arriviamo in posti dove pare che ci si trovi nel mezzo del niente, e che la gente ci dica “qua c’è tutto, non ci manca niente!”… e tutti sono felici e circondati da un mare di bambini. Bambini chiassosi da tutte le parti, e adolescenti e giovani felici di stare lì, e anche se poi qualcuno di loro deve andare a lavorare nelle cittadine dei dintorni, sempre ritorna, tutti i giorni, perchè lì è il suo “terrugno”, il suo universo, l’ombelico del mondo…..nel mezzo del niente.
Il quadro che ho dipinto rappresenta nella parte alta la assolata e umile casetta della Martita e, in primissimo piano, nell’ombra di un albero di mango, una “natura morta” di cacao, che è verde quando è acerbo, giallo quando è maturo e marrone quando si sta seccando.
Aprendo questo frutto ci si trovano i semi del cacao immersi in una gelatina che si può mangiare e che è come una crema dolciastra. I semi si seccano al sole e poi inizia il processo di selezione, tostatura, macinazione ecc. ecc. fino ad ottenere la polvere di cacao.
E’ un quadro che sono riuscito a realizzare lasciando varie aree vuote (stavo riempiendole di animaletti domestici, ma poi ci ho ripensato)…cosa che non è stata per niente facile, dato che e io sono soggetto al peccato pittorico dell’ “HORROR VACUI“ (mi conosco ormai anche troppo bene in questo senso).
Alla fine ho ottenuto un lavoro che, onestamente, non mi dispiace. Mi pare di essere abbastanza riuscito a rappresentare il “senso” della emozione spaziale di quel piacevole pomeriggio.
Mi piacerebbe poter lavorare ad altri quadri su questo soggetto….ma “mi chiama” disperatamente il quadrone su Ruben Dario (il grande poeta modernista nicaraguense) che mi ha fatto tribolare in questo ultimo mese. Questa è stata una parentesi pittorica che forse mi aiuterà a risolvere i problemoni sospesi del quadrone dariano.