“SONO IO CHE NON CAPISCO – Riflessioni sull’arte contemporanea di un obiettore alla crescita”, è l’ultimo libro di Maurizio Pallante, fondatore e presidente del Movimento per la Decrescita Felice. Un nuovo contributo sicuramente prezioso per iniziare finalmente ad uscire dall’incubo chiamato “Sistema dell’Arte Contemporanea”…….e dalla stessa Arte Contemporanea tout court che, come scrive Paolo Portoghesi nella Prefazione, è “l’espressione artistica dall’arte di regime….poiché nei sistemi economici finalizzati alla crescita questa è l’arte riconosciuta ufficialmente, sostenuta finanziariamente e imposta dal Potere”.
Questa notizia l’ho appena ricevuta e il libro non l’ho ancora letto (spero che qualcuno, prima o poi, possa mandarmene una copia, o portarmela, qua a Managua dove vivo).
Ma non ho dubbi sulla qualità delle riflessioni di Maurizio Pallante. D’altra parte, pochi mesi fa ho aderito al MANIFESTO ARTE E DECRESCITA.
Credo che finalmente anche a livello teorico siamo sulla strada giusta (in quello pratico ho sempre seguito, come tanti, questo cammino), per uscire dalle sabbie mobili dell’ “arte contemporanea” che, con i suoi principi, dogmi, canoni, metodi e sistemi si è trasforamata in una vera e propria ARTE DI STATO (possiamo sicuramente affermare che semmai avesse ancora un senso ed esistesse oggi una “avanguardia” questa si troverebbe esattamente nella opposizione radicale e totale alla cosidetta “arte contemporanea”).
Dalla Prefazione di Paolo Portoghesi al libro di Maurizio Pallante “SONO IO CHE NON CAPISCO – Riflessioni sull’arte contemporanea di un obiettore alla crescita”.
[…] Con disarmante chiarezza Maurizio Pallante individua in questo pamphlet i nessi che legano l’arte moderna alla società attuale e illustra i paradossi di una cultura artistica che pretende di essere alternativa al sistema mentre ne ha subíto l’influenza fino a diventarne lo specchio.
[…] Gli aspetti della società consumistica che hanno plagiato l’arte contemporanea, messi in rilievo da Pallante, sono principalmente il mito del nuovo fine a se stesso, l’esasperato individualismo, la distruzione della memoria, la sottrazione della produzione artistica alla preparazione tecnica che legava arte e artigianato, la liberazione dell’arte quindi dal lavoro paziente che ne era alimento essenziale, la rimozione del concetto di bellezza e la tendenza a fare dell’operazione artistica un semplice riconoscimento del valore concettuale attribuibile a oggetti esistenti elevati al rango di opere d’arte.
[…] L’invito che scaturisce dalle riflessioni di Pallante è quello, rivolto agli artisti, di liberarsi «dai vincoli imposti all’espressione artistica dall’arte di regime». «Poiché nei sistemi economici finalizzati alla crescita questa è l’arte riconosciuta ufficialmente, sostenuta finanziariamente e imposta dal Potere» la critica a questo genere di arte «assume la valenza di una rivoluzione culturale» e il suo abbandono darà «un contributo imprescindibile al processo di liberazione dal sistema di valori su cui l’economia della crescita sta clonando da alcune generazioni quote sempre piú ampie della popolazione mondiale. […]
Maurizio Pallante Fondatore e presidente del Movimento per la decrescita felice. Impegnato dal 1985 sulle tematiche ecologiche, in particolare in relazione alle tecnologie che aumentano l’efficienza nell’uso delle risorse, riducendo gli sprechi e l’inquinamento ambientale. Ha pubblicato diversi libri su questi argomenti. È autore anche di libri di divulgazione scientifico-ecologica per bambini. Per Editori Riuniti ha pubblicato: Metamorfosi di bios (2003); Un futuro senza luce? (2004); per le Edizioni per la decrescita felice: Un programma politico per la decrescita, (2008); Decrescita e migrazioni, (2009); La decrescita felice, (2009); Pilli, Silvia e la decrescita felice, (2011).
http://www.editoririuniti.it/libri/sono-io-che-non-capisco.php
Una decrescita sostenibile in alternativa alla società dei consumi? Pare che al consumismo non ci sia alternativa, forse ci vorrebbe prima una rivoluzione, ma da parte di chi? Chi parla di rivoluzioni ha livellato le menti, ha soggiogato popoli, eliminato il pensare a nuovi modelli organizzativi sociali. In questa crisi contraddittoria che stiamo vivendo, con mercati finanziari ai massimi storici e scorrelati dal mondo reale, nessuna voce si è alzata dal coro degli economisti, dei politici a proporre modelli di vita alternativi! … L’arte, anzi no, molti artisti sono asserviti al sistema che li sostiene perchè da questo dipendono, con questo sopravvivono! Basta poi guardarsi un po’ attorno e ci si accorge che i semi per modelli di rinascita alternativa, non sono i di incompresibili ed emeriti nomi da Biennali! Questo io penso.
L’arte dev’essere libera di cambiare da sola e di trovare le giuste alternative, irregimentare l’arte è sempre stata un’esperienza deleteria e ne abbiamo i precedenti.
I termini “contemporanea e moderna” acquisiscono un valore relativo e specifico se legati all’arte, così come il termine “moderno” lo acquisisce se legato alla storia.
L’arte contemporanea ha gli estremi di una forte contestazione al regime, che si manifesta in tante e varie forme, oltre che essere soggetta al mercato speculativo. Due facce della stessa medaglia, che suggeriscono le potenzialità dell’arte se lasciata libera. E magari suggerisce a Pallante di approfondire e cercare di capire, anzichè arrendersi alla pessima idea di irregimentare l’arte.
Nel mondo ridotto a merce, dove tutto ha un prezzo e una funzione, non vi è più la voglia, se non la capacità di capire un atto gratuito come una opera di arte. Basta guardare i vernissage, fiere della vanità e dell ovvio. Forse,potremmo partire esponendo un quadro in un locale, un opera strettamente bidimensionale su cui siano linee, colori, figurativo o no raccogliendo su un quaderno posto sotto di esso le considerazioni scritte di possibili avventori. Per un utopico dibattito?
L’arte è una parola che riassume “La qualità della comunicazione”. I componenti sono la rappresentazione tecnica e la comunicazione che ne risulta. La tecnica non dovrebbe innalzarsi al di sopra della funzionalità. La comunicazione artistica non deve essere troppo esasperata: troppa originalità getta il pubblico in una condizione di estraneità e quindi nel disaccordo ma nemmeno troppo scontata, cioè solo illustrativa. La competenza tecnica deve essere adeguata a produrre un impatto emotivo, un messaggio. Quest’ultimo, poi, può essere implicito, esplicito, o anche soltanto emozionale, esattamente come avviene in tutte le forme di comunicazione. L’arte è assolutamente biunivoca, i protagonisti sono l’opera e l’osservatore. Benedetto Croce affermava che l’arte si distingue tra estetica del contenuto ed estetica della forma. Contenuto e forma si devono distinguere, ma non sono separabili perché qualcosa si qualifichi come artistico. L’arte è sintesi tra sentimento e immagine. Il sentimento senza l’immagine è cieco, l’immagine senza sentimento è vuota. L’arte per l’arte è un paradosso, l’arte deve essere per tutti. E questo è il fine per cui un artista deve lavorare essendo l’arte la qualità della comunicazione e trattandosi di una comunicazione universale. Le opere d’arte vengono viste dalla gente, vengono percepite dalla gente. Non sono soltanto il nutrimento di un ristretto numero di iniziati, sono il pane dell’anima di tutte le persone”L’arte per l’arte: un paradosso? “Assolutamente sì. Un completo paradosso. L’arte è parte inscindibile dell’universo spirituale e come tale si distingue dal mondo fisico, l’arte è intuizione e perciò si distingue dall’attività pratica, morale e concettuale.
http://eugeniogalli.it/intervista-esclusiva-eugenio-galli-spiega-cose-larte/