Ricevo dall’amico e collega Gianfranco Tognarelli alcune notevoli considerazioni su due mostre in Toscana. La prima, a Pontedera, di pittura italiana piena di emozioni e di lavori straordinari, ma senza pubblico; la seconda, a Pisa, di pittura nordamericana insignificante e banale, ma incredibilmente affollata.
“Ti parlo di una mostra che è stata fatta qui a Pontedera di arte antica:”Tenerezza e luce” nella pittura italiana dal 400 al settecento. Te ne parlo perchè è stata una mostra di lavori notevoli.
Come vedrai sono tutti lavori notevoli, ben dipinti ed anche forti. Ad esempio il Procaccini ha una forza colore che non avrei immaginato almeno nella parte terrena, poi nell’alto si annacqua, (il concilio di Trento!). Ma questo vale anche per gli altri lavori dallo Strozzi al Furini, ma anche per il settecento è notevole la qualità… tutto questo per dire che alla fine però, pur con tutto il rispetto, gli unici lavori veramente emozionanti mi sono risultati il Pirez e direi, anche commovente, il Matteo di Giovanni, nella ricerca di espressività.
Sarà il primitivismo che si sente, tutto sommato la non bravura che richiede quindi uno sforzo di ricerca per raggiungere il risultato… comunque gli altri pur bravissimi mi sono sembrati più convenzionali e spesso teatrali.(Si potrebbero fare altre considerazioni ma …)
Altra costatazione, la mostra è stata pochissimo visitata!! Eppure meritava! è vero che non ha avuto nessun battage pubblicitario, al contrario di quello che avviene nell’ormai consueto mostrifico. Però…
La domenica seguente sono stato a visitare la mostra di Andy Warhol a Palazzo Blù, Pisa. E’ vero, ha avuto ben altra pubblicità, ma incredibile ho visto fuori una fila come nelle grandi mostre, non era capitato nemmeno per le precedenti: Kandisky , Picasso o Chagall. E devo dire che l’impressione che ne ho ricavato, è quella di una gran piacevolezza, direi gran scioglievolezza (che si dice per una cioccolata), pur trattandosi di “immagini senza qualità”, sono tutte serigrafie… Ma evidentemente vicine alla sensibilità di oggi!?
Così Fagioli si esprime in alcune righe sul catalogo “Ogni immagine di Warhrol è così insignificante in sè e possiede al tempo stesso un valore assoluto, quello di una figura da cui qualsiasi desiderio trascendente si è ritirato, lasciando il posto soltanto all’immanenza dell’immagine”
Vivo a Firenze, purtroppo non ho visto la mostra di Pontedera, della quale non sapevo niente, ma mi sono trovato – pur con un pò di riluttanza – a varcare la soglia di Palazzo Blu a Pisa per vedere la mostra di Andy Warhol (vado spesso, per lavoro, a Pisa).
Mi aspettavo di trovarmi di fronte all’ennesima mostra ‘usa e getta’, due o tre lavori famosi e molta fuffa.
Invece, gradita sorpresa, mi sono trovato a vedere una mostra ben curata, piena di opere più o meno conosciute, ben allestita, con un’ottimo servizio di auricolari per seguire più approfonditamente il percorso nelle sue varie sfaccettature (di solito li snobbo, errore madornale) .
‘Immagini senza qualità’ mi suona come un’espressione che tradisce la natura di ciò che ho avuto modo di vedere, un’espressione fin troppo consueta, usurata per la sua reiterazione, figlia dell’insofferenza per un mondo che non ci piace e che ci troviamo, nostro malgrado, ad abitare.
Dal canto mio ho trovato, e me ne sono sinceramente stupito, una grande qualità in opere – quelle si davvero usurate da infinite riproduzioni – dalle quali mai mi sarei aspettato.
Non ho mai avuto particolare interesse, o sintonia, col lavoro di Warhol. Devo ammettere che guardando questa mostra mi sono profondamente ricreduto.
Come mi sono ricreduto, a suo tempo, di fronte ai quadri di Rubens, Giottino o altri pittori meno conosciuti le cui riproduzioni non rendevano fede alla grande vivacità della pittura.
Per completare il mio pensiero devo dire che concordo con le senszioni di A. Querci, ho avuto con sorpresa la sensazione di “bella mostra”, e da qui il rilievo sull’affluenza del pubblico.. (con riferimento al fatto che il tutto risponde al gusto di oggi, la mostra di Pontedera era per studiosi ed amatori), come lui non ho mai avuto interesse o sintonia con il lavoro di Warhol, ma devo ammettere che le immagini, forse anche grazie alla struttura della mostra, erano… “coinvolgenti”?!
Anche se non parlerei di “grande qualità delle opere” ma di qualcosaltro che non so definire e perciò ho fatto riferimento al testo di Marco Fagioli.
A proposito del catalogo ,sono rimasto anche colpito dallo scritto di Fagioli dell’Arco che negli anni 60 aveva dato già una lettura dell’opera di warhol alla quale c’è poco da aggiungere.
Non posso che ringraziare il signor Tognarelli per la sua gentilissima replica.
Sono consapevole che parlare di ‘grande qualità delle opere’ di fronte a delle serigrafie possa sembrare eccessivo, probabilmente lo è davvero. Cercando di correggere il tiro potrei forse parlare di una certa intensità che si perde usualmente nella pletora di riproduzioni di opere ormai famose di Warhol, e della scoperta di una sorta di sottofondo d’ispirazione, tematiche ed implicazioni che vanno oltre il glamour superficiale che di solito accompagna la sterminata produzione dell’artista in questione.
Un ricordo personale: il primo libro libro che ho acquistato – in gioventù, e che risale all’inizio degli anni ’70 – che parlava di PopArt (ora non ricordo l’edizione, mi pare un paperback Rizzoli) non fa quasi menzione di quello che oggi è divenuto l’esponente principale della corrente. A Warhol non è riservata neanche mezza pagina di un saggio che ne conta un centinaio, con un unica riproduzione di un suo lavoro. Molto più spazio ad artisti come Rosenquist, Peter Blake, Jim Dine ed altri quasi dimenticati.