Una imponente scultura di bronzo domina il promontorio di Dakar, capitale del Senegal, sull’Oceano Atlantico , in direzione al continente americano…. indicando il cammino della tortura, della schiavitù e della morte a cui furono costretti milioni e milioni di esseri umani dell’Africa.
É un monumento ispirato (NON nelle forme, come vedremo, però SI nei contenuti) alla “negritudine” del poeta Léopold Sédar Senghor, primo presidente della “République du Sénégal” indipendente.
La negritudine (négritude in francese) fu un movimento letterario, culturale e politico sviluppatosi nel XX secolo nelle colonie francofone e che coinvolse scrittori africani e afroamericani. Gli esponenti di questo movimento (fra cui Léopold Sédar Senghor, Léon-Gontran Damas, Aimé Césaire, e Guy Tirolien) si proponevano di affrancare i propri popoli dal complesso di inferiorità imposto dai colonizzatori attraverso l’orgogliosa rivendicazione delle qualità peculiari proprie dei neri (la loro “negritudine”).
Aimé Césaire rivendicava l’identità e la cultura nera contro quella francese, percepita come strumento di oppressione da parte dell’amministrazione coloniale. Il concetto fu poi ripreso da molti altri autori. Fra questi spicca Léopold Sédar Senghor, che in Canti d’ombra (Chants d’ombre, 1945) arricchì l’idea di negritudine opponendo la “ragione ellenica” all'”emozione nera”.
Il Monumento al Rinascimento Africano é la più grande scultura del continente; alta 49 metri é stata realizzata in lamine di bronzo di 3 centimetri di spessore su disegno dall’architetto senegalese Pierre Goudiaby, mentre la realizzazione prefabbricata é stata opera della firma nortcoreana Mansudae Overseas Projects
Il monumento é stato inaugurato solennemente il 4 Aprile 2010, festa Nazionale del 50º anniversario della indipendenza del Senegal dalla Francia e rappresenta 3 membri di una famiglia che salgono sulla cima di una montagna : una giovane donna, un uomo e sul suo braccio destro un bambino che segnala il mare.
Le tre figure simbolizzano anche Oxossi, Oxum e Logun-Edé, che sono deitá delle religioni afrro-americane:
Oxóssi nel Candomble o nell’Oxasse é l’Orixa della caccia, della foresta, degli animali, della fortuna e del sostentamento. É la leggerezza, l’astuzia, la sapienza , la contemplazione e l’amore per le arti e delle cose belle.
Oshun, Oxum u Ochun é una deitá della religione Yoruba e sincretiza la Virgen de la Caridad del Cobre, patrona di Cuba. Regina delle acque dolci e personificazione dell’amore e della fertilitá.
Logun Ede, appartiene alla religione Yoruba (santería cubana e brasiliana)ed é un Orishas minore, figlio di Oshún e Oshosi con caratteristiche ermafrodita, cambiando sembianze 6 mesi all’anno femmina e 6 mesi maschio. Logun Ede rappresenterebbe anche l’aspetto maschile di Oshun.
A parte il significato simbolico-religioso di queste figure, di cui confessiamo la nostra profonda ignoranza, vorremmo far notare la sorprendente imponenza colossale di questa opera, eseguita tecnicamente in modo superlativo dalla impresa della Corea del Nord….però con una visione formale francamente da realismo ultra-accademico eurocentrico con ben poco ossigeno vitale.
Il Senegal sembra ricchissimo d’arte scultorea che, in generale, viene plasmata in maniera spontanea, senza progettualità in quanto istintiva: dalle maschere religiose, alle statue votive,ai feticci, alle marionette ecc. Sculture tendenzialmente rivolte verso forme astratte, verso la rappresentazione di un’idea piuttosto che dell’oggetto; forme che nascono profondamente dalla etnia di appartenenza dell’artista, come ad esempio Casamance, Fouta-Toro, Sine-Saloum ecc.
Da estranei come siamo, ci permettiamo di chiedere: ma perché non si sono coinvolte le creatività locali, artistiche e artigianali, per realizzare il più grande monumento africano, cosí rappresentando davvero un RINASCIMENTO DELL’AFRICA, non solo post-coloniale, ma anche e sopratutto con un nuovo modello sociale , culturale e politico, totalmente svincolato dai modelli politico-sociali eurocentrici…… il pensiero decolonizzato, come scrive Frantz Fanon ne “I dannati della terra”, anche nell’ambito della espressività artistica.