Come abbiamo descritto nel precedente articolo “sulla metodología della pittura murale” la seconda e conclusiva fase del Progetto é iniziata con la scelta di 6 soggetti o temi selezionati tra una quindicina di bozzetti proposti; dal trasferimento dei bozzetti in scala sui pannelli con il metodo del proiettore elettronico di immagini e dalla realizzazione pittorica di ciascuna delle 6 composizioni tematiche.
Si é passati quindi da una prima fase di studio oggettivo e reale dello spazio architettonico a una seconda fase totalmente soggettiva e interpretativa sia per quanto riguarda lo stile pittorico che per tutte le soluzioni plastico-espressive dei temi rappresentati.

Le tre pitture murali a sinistra della navata unica nella Chiesa di San Giovanni, sulle quali riflettiamo in questo Post
Con il collega Maestro Salvatore Lovaglio, che ha collaborato concettualmente alla progettazione dell’opera, si é favorito un proposito espressivo “in progress”, suscettibile di ripensamenti, come un “Laboratorio Aperto di Muralismo Contemporaneo” , chissá anche attualizzando il senso del “non-finito” michelangiolesco.
SANT’ANTONIO ABATE
In questo modo ho iniziato lavorando al primo pannello, quello dedicato al Sant’Antonio Abate che, con questo proposito iniziale considero il piú riuscito e addirittura (cosa che succede raramente), la pittura murale risulta essere piú potente e plasticamente eloquente del bozzetto approvato, che é la “prima emozione” del tema stabilito..
Come vedremo, non sempre si riescono a raggiungere livelli soddisfacenti e convincenti rispetto alle tensioni o intenzioni originarie. Contrariamente a come si potrebbe pensare é piú difficile un “non-finito” che abbia un senso, una idea, un proposito, piuttosto che un’opera portata a termine, con tutti i dettagli, leccata, lisciata, imbellettata ma inautentica e artificiosa.
Come il vino, l’olio e altri prodotti, anche nelle arti plastiche il tempo diventa indispensabile per “decantare” l’opera e far emergere le cose buone e quelle meno buone e, nel nostro caso delle pitture murali di Rocchetta, viste dopo vari mesi dalla inaugurazione, risulta evidente che sarebbero necessari ancora vari interventi per ritoccare o “separare i sedimenti” dalle opere.
Nella Chiesa Madre di Rocchetta ho studiato la scultura di Sant’Antonio Abate, cercando di ripensarlo per davvero eremita nel deserto, in Egitto, tra stenti e pensieri, come visionario fondatore del monachesimo cristiano…..umano con tutte le necessitá, debolezze, tentazioni possibili…e sorprese improvvise come ho cercato di rappresentarlo.


Sergio Michilini TENTAZIONI DI SANT’ANTONIO 2025, bozzetto, cm50x35
Rivisitando almeno una cinquantina di “tentazioni” dipinte dai grandi maestri del passato,come quella del Tiepolo, di Lovis Corinth, di Cézanne, di Grünewald, di Félicien Rops, Domenico Morelli e altri, mi sono ricordato di un mio quadro degli anni 80, con il “Grande ballo delle streghe” che mi risultava perfetto sintetizzando un poco le linee ed addolcendo la composizione cosí da configurarsi come una grovigliosa apparizione, un sogno intricato di un ballo sfrenato e immobile contemporaneamente.

1950 – Pablo Picasso mostra la sua scultura al pittore Edouard Pignon
Poi ho inserito la capra di Picasso che considero una delle piú belle e potenti interpretazioni plastiche moderne, di una realtá ricostruita, altra, come di un mondo parallelo dove possono succedere cose che non accadono nel mondo reale .
Spesso mi avvalgo di citazioni e di emozioni plastico-espressive della Storia dell’Arte, come in questo caso di Picasso o in altri casi, come vedremo nelle composizioni successive di questo ciclo pittorico.
I colori squillanti e luminosi stanno sullo sfondo, lasciato in parte visibile, con le campiture determinate dalle linee delle “correlazioni armoniche interspaziali“, studiate nella prima fase del lavoro.
Mentre in questo dipinto ho cercato di ridurre la tavolozza al minimo, proprio adottando il metodo stabilito con il collega Salvatore Lovaglio,: quella dei quattro colori con cui PLINIO IL VECCHIO ci racconta essere stata realizzata la meravigliosa Pittura di Apelle e dell’antica Grecia, e di cui ne abbiamo una pallida testimonianza nelle pitturte di Fayum: OCRA, TERRA ROSSA, BIANCO E NERO…..il resto dei colori sono appunto quelli della prima fase di sfondo.
IL BUON SAMARITANO
Dopo il Sant’Antonio ho preferito lavorare direttamente al terzo pannello di sinistra, che avevo giá chiaramente dipinto con il pensiero e, in parte pure con pennelli e colori, realizzando alcuni bozzetti e un dipinto ad olio per un affresco in una chiesa di Lucera, che non si é potuto ancora concretizzare.

Ho dipinto il “Il Buon Samaritano”, che è una parabola di Gesù, narrata nel Vangelo secondo Luca 10,25-37, quando giá avevamo chiarito che il pannello di fronte sarebbe stato dedicato all’INDIFFERENTE, cioé alla attualizzazione del messaggio evangelico ai giorni nostri.
L’argomento è di assoluta attualità oggi, perché viviamo in un mondo sempre più permeato da odio, razzismo, fanatismo, corruzione e guerre.
Questa parabola di Gesù mette a confronto quattro figure emblematiche che rappresentano due sette ebraiche storicamente e brutalmente opposte: gli ebrei samaritani, che vivevano a nord di Gerusalemme e credevano di essere gli unici a preservare l’originaria religione mosaica (idea monoteista di Mosè), e gli ebrei galilei (a cui apparteneva Gesù), anch’essi convinti di essere gli unici a preservare l’originaria religione mosaica.
I veri ebrei samaritani e i veri ebrei galilei si odiavano ed erano nemici.
Il fulcro della parabola è che di fronte a un ebreo galileo ferito gravemente, il sacerdote e il levita amici e correligionari galilei “passarono oltre“, mentre il “nemico eretico” samaritano “ne fu mosso a compassione e andò da lui, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino. Poi lo caricò sul suo asino, lo portò a una locanda e si prese cura di lui“.
Qui, nell’ azione del Buon Samaritano possiamo dedurre due atteggiamenti di salvezza: il primo ed il piú importante é la ERESIA (libero pensiero) del Buon Samaritano che si oppone al dogmatismo fanatico di entrambe le fazioni ebraiche e il secondo é il rapporto con il PROSSIMO, che non é l’altro piú o meno vicino a noi,, ma che é il proprio atteggiamento nei confronti del nemico (il nostro PROSSIMO é, nel senso profondo della parabola, il nostro NEMICO).
Ciò che la parabola del Buon Samaritano ci insegna oggi è di agire con un pensiero indipendente, libero, critico, decoloniale, ERETICO di fronte al “pensiero unico”, con una volontá decisa di dialogo, tolleranza e pace con il NEMICO.
In questo senso ci piace ricordare il nostro amato Gianni Vattimo, uno dei più importanti filosofi contemporanei, con la sua tesi principale sul “pensiero debole” e associarla all’azione misericordiosa del Buon Samaritano……umanamente, di fronte al potere, il “pensiero debole” é sempre vincente!

Tecnicamente e metodologicamente é interessante notare, in questo pannello, come il Sacerdote galileo é rappresentato nascosto dietro la colonna e visibile solamente all’avvicinarsi dello spettatore all’altare.
Questa é anche una delle magie visive (che ciascuno puó interpretare a suo piacimento) scaturite dallo studio “poliangolare” dello spazio architettonico e del movimento dello spettatore in questo spazio.
Questo secondo dipinto murale, in ordine di esecuzione, rappresenta giá un certo distanziamento dai postulati originali stabiliti con il collega Salvatore Lovaglio e, chissá, la suo forza espressiva ed eloquenza drammatica poteva essere maggiore se si fosse mantenuta la “emozione iniziale del secondo bozzetto”.

Secondo bozzetto de IL BUON SAMARITANO
LA MADONNA DEL POZZO
Questo dipinto murale é stato il piú complicato e problematico e sofferto in quanto il piú visitato e il piú commentato durante la sua esecuzione.
Le continue modificazioni, i ripensamenti e poi gli abbellimenti e rifiniture dovute al forte coinvolgimento devozionale, al fervore talora commovente dei visitanti e dei cittadini di Rocchetta in generale, hanno fatto perdere le tracce dei propositi espressivi iniziali.
Se da un lato la partecipazione popolare é stata eccellente per coinvolgere la comunitá nel processo creativo, come stabilito nel Progetto di “Residenza d’Artista” , e ha dato ottimi risultati, d’altra parte, chissá, la trascendenza di questa particolare tematica di “prossimitá” cittadina avrebbe potuto maturare ulteriormente a livello di sintesi pittorica.

Il risultato é un lavoro abbastanza scontato nella parte superiore, mentre alcuni scatti di freschezza compositiva e pittorica si sono salvati nei personaggi della processione.
Molto probabilmente la statua della Madonna del Pozzo avrebbe avuto un impatto visivo ed espressivo maggiore con una soluzione come quella del bozzetto approvato: la figura totalmente bianca con solamente delineato il disegno, come un lavoro “in progress”, un “non- finito” contemporaneo che, tra l’altro poteva anche rappresentare al meglio il senso immateriale e trascendentale della devozione mariana.
Con piú tempo a disposizione e superando varie contingenza particolari, anche i ritratti spontanei che si stavano realizzando e che hanno dato adito a titoli di vari giornali, potevano potenziare la eloquenza espressiva, senza peraltro disturbare visivamente la composizione del suo insieme.
La rappresentazione pittorica comunque risulta bene inserita tra il il Sant’Antonio e il Buon Samaritano e la composizione “gioca” favorevolmente articolata, ampliando lo spazio architettonico della navata.


Le tre pitture muralii nella parete sinistra della navata

Il complesso pittorico-monumentale San Giovanni Battista nel borgo di Rocchetta Sant’Antonio, nei Monti Dauni, in Provincia di Foggia