Recentemente sono stati ritrovati due dipinti di Antonio Luigi Gajoni (1889-1966), uno dei più grandi artisti italiani del ‘900. Sono due opere dipinte nella città di San Miniato, dove visse gli ultimi anni della sua vita.
Mi scrive l’amico e collega Gianfranco Tognarelli:
“E’ capitato che Giorgio Giolli, un ottimo pittore di San Miniato, abbia trovato questi 2 lavori di Antonio Luigi Gajoni e ne ha fatto una lettura così attenta e profonda che è stato stimolante anche per me, ed anch’io ho scritto qualcosa che ti invio insieme alle foto.Un colorato saluto Gianfranco”
Il dipinto eseguito nel 1950 è incentrato sul tema-racconto di un matrimonio. La familiarità pittorica desunta dall’evento figurale, è fissata nello spazio della piazza-scatola costruita con piani geometrici essenziali: dopo le quinte laterali in scorcio prospettico ed il piano di profondità individuato nella chiesa, è al piano orizzontale che il Maestro demanda il ruolo primario di tutta la composizione. Si osservi la disposizione delle tre auto in primo piano: a queste è affidata la spinta di accesso alla condivisione sensibile nello spazio strutturale del soggetto. Le tre presenze inanimate, le tre vetture, sembrano avviare quel processo metamorfico sempre ambito verso l’umano: l’acciaio inerte dell’auto lambisce, tocca, penetra nella realtà carnale della specie umana. Poi è una corona di popolo ellittica ad imprigionare il bianco solare della sposa, ch’è anche il centro fisico dell’opera. Il punto principale è invece nel riquadro scuro dell’ingresso alla chiesa. Bianca è la figura incastonata. Se guardiamo l’insieme del dipinto per qualche secondo in più, ci accorgeremo che tutte le tensioni convergono là, su questa figura bianca che marca il percorso di trasferimento degli sposi bianchi. Anche l’orologio è bianco come il tempo nuovo. Immaginiamo di far passare una linea retta dai tre bianchi di cui abbiamo parlato: visto ? Partendo dall’orologio bianco, passando per la figura bianca all’ingresso, ed ancora per il bianco della sposa, continuiamo a marcare una retta che arriva si fino al portone degli sposi, ma che divide anche l’ellisse dei partecipanti alla cerimonia in due parti uguali. Il punto di vista è in asse con lo stipite destro del portale in pietra. Ho preferito avvicendarmi nell’opera tramite queste coordinate che ai più potrebbero sembrare preminentemente tecniche, ma che in realtà ritengo essere peculiari al linguaggio rappresentativo di ogni “pittore”. Pensate che di questo “semplice dipinto” ho scritto solo il venti per cento di quanto avrei dovuto! Quando potrò vi annoierò con la pittura, ve lo prometto! Ma avete visto nel dettaglio come l’artista ha dipinto “il gruppo di persone” ? Una accanto all’altra,….colore, calore, gioia, semplicità, solarità, fascino, mistero….ha, la pittura, …..!!!!
Antonio Luigi Gajoni, Piazza del Popolo”, olio su masonite 1959-60
Mi interessa molto l’ipotesi fra Fotografia e Pittura che percepisco “complementare” nel documento artistico del Maestro sanminiatese. Nelle arti figurative dell’800, ” l’arte fotografica” è già una questione sul nascere molto discussa, soprattutto in Francia, nel clima caldo della pittura impressionista. Del nostro ho ritagliato ed ingrandito un dettaglio : si osservi la farmacia Cheli con relativa bacheca a metà dello stipite sx, (nella foto di Giacomo è altrettanto marcata).
Poi si veda il negozio di ortaggi, ambientato nell’ingresso dell’attuale via Angelica : nella foto in b\n s’individuano i profili bianchi dell’infisso ed altro. Nelle due figure, una lieve inclinazione di moto che si ritrova anche nella foto. L’auto, una Balilla di passo o forse in sosta, nella foto, a sx, la prima vettura pare somigliarle. Certamente, sono più che convinto che A.L.Gajoni in qualche fase abbia tenuto nella mano sinistra la ‘cartolina’ postata da Giacomo e con la destra abbia ….”mutato il sole in pioggia. Rinfrescato gli ortaggi dell’ortolano, più brillanti nel verde e nel rosso. Abbia donato la parola ai personaggi occasionali. Abbia scavato gli scuri inquieti degli interni. Abbia slavato i riflessi liquidi nel selciato,….abbia continuato a dipingere, insomma, l’umano silenzio dell’anima ! “
Giorgio Giolli
A.L.GAJONI, “Matrimonio in Piazza del Popolo”, Olio su tela 1950. Particolare.
In basso a destra l’acciaio livido delle vetture contrasta con il sentimento che intriga gli astanti. Quanto popolo c’è ad incorniciare quell’evento ! In questo dettaglio si esaltano le qualità umane ed artistiche del Maestro. La ‘tavolozza’, ossia i colori usati per la raffigurazione delle persone presenti, è semplice, anche complessa. Semplice per la ‘naturale’ attenzione dell’artista acuita fin’anche nell’abbigliamento di ogni singolo, seppure mai descrittiva e manierata. Complessa per la profondità spirituale con cui Gajoni pare indagare, analizzare con il colore l’identità di ogni membro intervenuto a quella cerimonia: non un punto, non un segmento, non un tono è mai uguale ad un altro. Qui, in questa aggregazione ellittica, ciascun individuo partecipa con la propria personalità. Molto spesso cerchiamo nei dipinti “il significato per cui”, al fine di comprenderne meglio il senso: nel nostro, tutto questo non ha modo di essere ! D’acchito si è coinvolti da una umanità plasmata nel colore. Le molteplici tensioni strutturali attive nel dipinto ci introducono in progresso nella familiarità figurale del racconto. Dettaglio dopo dettaglio si condivide il dato sensibile dell’insieme, fino a farne parte. E’ l’arte, qui è la pittura, a mutare la nostra condizione fisica nello spirituale. La stesura cromatica variegata nel gruppo degli astanti, muove di noi intense emozioni, non soltanto visive. Il rosa e l’azzurro là in fondo, il rosso carminio, acceso come un sorriso, vibrante come un suono. Il soggetto: gli sposi in transito verso la chiesa. Il bianco solare di lei è la sorgente cromatica primaria dove convergono tutti i complementari del dipinto. Il moto impastato bel bianco della sposa genera corti, brevi segmenti inclinati che lo sposo ripete nel gesto nero della gamba sinistra. La paggetta bianca sostiene dietro il velo bianco della sposa bianca adornato di garofani bianchi. Gli astanti assistono statici,curiosi e appassionati. Il Maestro li ha dipinti con tonalità morbide, contrapposte al geometrico candore degli sposi. Essi avanzano verso il portale, intarsiati nel massimo contrasto del bianco e del nero individuato al centro della composizione. Che dire ancora del reperto prospettico del muro sullo sfondo ? Una parete domestica, intima e familiare dipinta con sincera naturalezza : l’intonaco antico dei palazzi è caldo di sole. Nel profilo geometrico dei portali sono impastate condense di tonalità livide. Sul muro sono affisse carte come fiori grandi : mi piace immaginare ad un pretesto pittorico colorato d’affetto, quasi una carezza augurale del Maestro effigiata nell’umano silenzio del mezzogiorno. L’ortolano espone ortaggi rossi e gialli : sono pomodori ? Sono pesche ? Chissà ! Nell’arte, nella pittura, il colore fissa in eterno la memoria del ‘reale’. Forse eran quelli icolori di quella estate, …..forse, …..io guardo,…sento,….”ed è come se tutto accadesse qui ed ora “.
Giorgio Giolli
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E questa è la mia lettura (di Gianfranco Tognarelli)
Le immagini dei 2 dipinti di Gajoni che mi hai mandato assieme alle tue profonde osservazioni sono state un piacere ed uno stimolo per me.
Per quanto riguarda il dipinto “ il matrimonio” del 1950 credo tu ne abbia fatto un analisi esauriente e direi pervasa di un autentico stupore , molto bella, quindi nulla da aggiungere. Mi limito a dire che la visione di questo lavoro, (le misure?) che non conoscevo, mi ha fatto venire in mente certi dipinti di Goya, con quella incredibile capacità di racconto. (per uno come me che guarda un quadro per come è dipinto e non per il contenuto, un’po’ alla Cezanne, dipingere una mela o un ritratto è la stessa cosa,) la tua lettura è stata illuminante , qui pittura e racconto si equivalgono in un tutto armonico e collegato al senso.
Proverò allora a fare una lettura dell’altro dipinto: “piazza del popolo”( misure?) che era poi quello che vedeva dalla finestra dello studio. Vorrei fare una premessa che riguarda la visione pittorica di Gajoni dato che tu e talvolta anche Marco Fagioli parlate di influenza della pittura francese. Secondo me la pittura di Gajoni non ha nulla a che vedere con la pittura francese, Parigi è stata importante per un infinità di ragioni, Gajoni diceva che “ a Parigi aveva imparato a dipingere la luce”poi era venuto in toscana ed aveva trovato questa luce! Nella sua pittura non c’è mai quel senso di eleganza, quel gusto direi del “gotico fiorito” che trovo nella pittura francese, in Matisse, in Braque ma anche in Bonnard. Dico questo senza nulla togliere all’impatto che quella pittura deve aver avuto su di lui quando è arrivato a Parigi, basti pensare ad Utrillo e ad alcuni paesaggi suoi di Parigi che a questi fanno chiaro riferimento. Ed appunto veniamo a questo “piazza del popolo” dipinto circa 10 anni dopo il “matrimonio”. Ad una visione superficiale potrebbe sembrare un quadro post impressionista in realtà è ben altro e non c’è più nemmeno Utrillo! Mi viene in mente un espressione del Frosini che una volta riferendosi a Gajoni disse che era un uomo “che traboccava di pittura”. Qui tutto è pittura nulla è trascurato è ogni particolare è realizzato nella sua totalità. Incredibile l’attenzione non solo ad ogni finestra, non ce ne sono 2 uguali, allo scorrere della luce su ogni muro,ed i fori sul muro della chiesa il loro ritmo che partecipa al ritmo generale, così come le auto inserite con forza pittorica e al contempo con naturalezza ed armonia (come nell’altro dipinto); non conosco pittura contemporanea dove questo tipo di inserimento sia avvenuto con questa forza di pittura. Ha dipinto anche l’antenna della televisione Sul tetto per non dire dell’orologio sulla destra o dell’insegna delle poste sulla sinistra! Il soggetto pittorico pare essere il pavimento della piazza che con il suo colore robusto sostiene tutta la pittura permettendo a tutti i particolari di esistere e partecipare al ritmo generale con quella pennellata di nero del cartello davanti alle auto che crea tutto lo spazio possibile e da la misura a tutte le forze.
Che cos’è questo? E’ una sfida con se stesso e con la realtà. Riprendo alcune espressioni del Frosini riferite come parole di Gajoni : “tutto è Pittura”Tutto quello che si vede è collegato ed in armonia e va tradotto in pittura. Questo principio potremmo collegarlo alla lezione cubista; Gajoni non rifiutava le avanguardie , anzi!
Questo dipinto da la misura del suo sforzo di dimostrare che la pittura è una “scienza” ed è un esempio della sua ricerca per arrivare ad una pittura totale.
Dopo le avanguardie questo è o avrebbe potuto essere un -NUOVO RINASCIMENTO- con il suo concetto di pittura totale, pittura che non avrebbe potuto realizzarsi prima di esse.
Il periodo di SAN MINIATO IN QUESTO SENSO è il superamento dei periodi precedenti.
La totalità del vero tutto in collegamento ed in armonia.
Poi la pittura ha preso un’altra direzione e queste cose oggi quasi nessuno le osserva e valuta con attenzione come tu hai fatto nelle note che mi hai mandato, nel mio ottimismo immagino che tra qualche generazione o qualche secolo qualche giovane scoprirà questi lavori ed la loro profondità.
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