Nel 1907 Pablo Picasso aveva 26 anni, mentre Gustav Klimt ne aveva 45.
In quell’anno cruciale dipinsero due capolavori totalmente differenti, “che sembrano…di pianeti diversi” e che Jean Clair analizza acutamente nel bellissimo saggio “IL NUDO E LA NORMA” (Carte d’artisti, ed.ABSCONDITA Milano 2008)
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“Durante il 1907, a Vienna, Gustav Klimt finiva il più bello dei suoi ritratti a fondo oro, senza dubbio uno dei più bei quadri che l’arte occidentale abbia prodotto. Il Ritratto di Adele Bloch-Bauer.
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Lo stesso anno, all’altra estremità dell’Europa, in quel cuore del continente che era Parigi, un altro pittore destinato a diventare famoso, Picasso, decideva di lasciare definitivamente incompiuta la grande tela a cui aveva lavorato per lunghi mesi, e che sarebbe stata più tardi conosciuta come “Les Demoiselles d’Avignon“.
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A Vienna, lusso, calma e voluttà; a Parigi, orrore, bruttezza e disarmonia.
L’intelligenza prova una certa difficoltà a cogliere la contemporaneità di fenomeni che sembrano avere avuto luogo su pianeti diversi, non appartenere alla stessa storia.
Eppure, se si osasse l’avventura…
Cosa può significare la nascita, nello stesso anno, di queste due opere, oggi considerate, in virtù del distacco del tempo, di pari importanza e ugualmente ammirate? Cosa ha prodotto il mutare, in quel preciso momento, di quel che si suole definire il corso della storia? ”
introduzione “Il nudo e norma“, Jean Clair
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Un libro per noi (pittori del corpo femminile) che dobbiamo “riappropriarci di quel corpo martirizzato”, dopo le tremende reazioni pittoriche alla paura, angoscia e terrore verso un mondo ostile……..
Ma anche un libro sul problema della visione, sulla contrapposizione dell’occhio e dello sguardo, “un occhio che non solo osserva il mondo, ma si sente a sua volta osservato dal mondo” …… da un mondo ”divenuto ostile” cattivo, inclemente, minaccioso e falso…il grande fallimento da cui difendersi e da esorcizzare ebbe inizio proprio intorno al 1907.
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Credo che sia perfetto : abbiamo percorso la via di Picasso, il suicidio dell’eros. Levet riprende la contrapposizione di Jean Clair in modo decisivo. E un lavoro infinito – per quanto non mi piaccia usare la parola lavoro