Sono appena arrivato a Mare Rouge, nel nord dell’isola di Haiti, dopo 8 ore di Jeep in cui abbiamo attraversato l’isola, non senza sorprese. È buio e il paese lo conosceremo e lo mostrerò domani. Dopo 14 ore di volo in due tratte diverse, abbiamo (io e Stefania, la volontaria che si occuperà per alcuni giorni della parte medica) vissuto Haiti attraversandola quasi completamente, dalla costa all’entroterra. In capitale ci è venuto a prendere Etilius, autista incaricato dalla parrocchia di portarci a Mare Rouge.Da subito si è capito che siamo nell’altra parte del mondo. Le “mille luci di New York” sono ormai lontane e non solo fisicamente. Già fuori dall’aeroporto la strada, per metà viaggio asfaltata, è quasi senza regole: camion trasformati in trasporto pubblico con decine di persone sopra, moto cinesi da tutte le parti con a bordo anche quattro persone, ai lati della strada bancarelle di ogni cosa (acqua e frutta soprattutto, ma anche vestiti e cellulari). Finchè si rimane a Port-au-Prince, ancora qualche casa in muratura c’è, ma appena si esce, ai lati delle strade, si vedono solo baracche o capanne.
Unica nota “di colore” sono i colori sgargianti dei mezzi e dei vestiti, e spesso i sorrisi delle persone per strada, tutte con una loro dignità. La situazione è pessima e si pensa che oltre non si possa andare. Ma il peggio arriva al termine della strada asfaltata, dopo la città di Gonaviève. Le poche case in muratura spariscono, rimane l’oceano Atlantico a fare uno sfondo da cartolina alle poche capanne fatte di legno e paglia, con gruppi sporadici di abitanti che vivono di raccogliendo il sale o producendo carbonella ricavata tagliando alberi e bruciandoli (creando così un circolo di ulteriore impoverimento del territorio perchè non esiste alcuna ripiantumazione). Entrambi i prodotti, sale e carbone, vengono poi venduti alla città e le persone ricavano qualche soldo con cui poter vivere.
La strada sterrata che affrontiamo ci raccontano sia molto pericolosa con il calare del buio, per la presenza dei briganti. Noi la percorriamo di giorno e man mano che cala la sera entriamo nella foresta: la strada si fonde spesso il letto dei ruscelli, tra buche e solchi che sono affrontabili solo con mezzi come camion o jeep. È ormai buio, ma in giro ci sono ancora molte persone, alcune con delle torce e altre senza. Molti, soprattutto donne e bambini, hanno delle taniche in mano o in testa: stanno andando a raccogliere l’acqua alla fonte per il giorno successivo. Il niente che si crede sia presente in capitale cambia radicalmente significato man mano che ci si allontana.
Alla fine arriviamo a Mare Rouge al buio, verso le otto di sera. Ci accolgono Don Giuseppe Noli e Don Mauro Brescianini. E qui inizia un’altra avventura, alla scoperta di quanto si può fare per cambiare le situazioni. Non senza fatiche e in continua evoluzione. A partire da un piccolo centro come Mare Rouge, all’estremo dell’isola, lontano dalla capitale o da centri economici. Lontano dal mondo.