La domenica è il giorno della festa. In tutti i paesi del mondo si tira fuori il vestito pulito e ci si presenta alla messa in chiesa. Succede anche qui a Mare Rouge, dove la celebrazione non è solo preghiera, ma un modo per fare comunità e avere informazioni. La cerimonia dura più di due ore e non ci sono solo le preghiere e il Vangelo. La chiesa, a Mare Rouge e in tutte le sue località, è un luogo di incontro dove vengono date le informazioni: una sorta di bollettino, con gli annunci da parte dei responsabili delle varie attività, dagli incontri alla vita pubblica.
Il Sole splende e anche se tutti sperano si metta a piovere perchè i pozzi d’acqua si stanno esaurendo, in questa domenica in piazza non c’è una persona triste. Bambini, ragazzi, genitori e i pochi anziani presenti sono felici. Soprattutto di incontrarsi: «Il sagrato della chiesa nuova è un ottimo punto di incontro e adesso si fermano lì tutta mattina. Mare Rouge è una parrocchia giovane, non ci sono molti anziani a messa – spiega Don Mauro al termine della messa delle 7 -. Per arrivare dalle varie frazioni ci si impiega anche due ore, per questo periodicamente facciamo anche delle celebrazioni dislocate, così cerchiamo di arrivare a più persone possibili. Il senso della messa è proprio quello di fare comunità».
Oggi per esempio è il giorno di Digodry, una località a quasi un’ora di distanza in auto. Ed eccoci quindi di nuovo sulla Jeep, questa volta con Don Mauro. Si parte dopo la celebrazione della messa delle 7 in centro a Mare Rouge. Alle 9.30 salgo con lui sul mezzo. Partiamo su una stradina che dire sterrata è poco.
Le case si diradano, la vegetazione aumenta, ci si avvicina all’oceano. Abbastanza per vederlo all’orizzonte.
Intorno la condizione delle case e delle persone è persino peggiore che a Mare Rouge: più isolate, più lontane da qualsiasi cosa. Si torna a non avere niente, le persone che si incontrano per strada sono quasi tutte con le taniche da andare a riempire d’acqua alla fonte. Donne e bambini che devono perdere anche due o tre ore al giorno, a piedi per riempire questi bidoni. Altre persone che si incontrano vanno al mercato a piedi con il pesce pescato nell’oceano. Altri tornano dal mercato con le banane.
Dopo quasi 45 minuti di jeep e con la schiena a pezzi arriviamo a una piccola collinetta a Digodry, dove c’è il luogo della celebrazione. Una chiesetta improvvisata, con rami e foglie di palma per fare ombra. Sembra debbano arrivare poche persone, ma nel giro di qualche minuto alla fine se ne contano circa un centinaio, a piedi da tutta la zona.
Anche loro indossano il vestito buono. Ma sono meno appariscenti di coloro che hanno partecipato alla messa a Mare Rouge. Anche qui la preghiera è importante, ma viene quasi in secondo piano rispetto ai canti e alle comunicazioni varie date alla fine della celebrazione. Il tutto in creolo, la lingua locale.
Vengo presentato anche io alla popolazione, esattamente come era stato fatto ai ragazzi della scuola. In tanti si mettono poi in fila per farsi fare una foto. Per far vedere il loro volto al mondo, sicuramente. E per un altro motivo più semplice: voglio rivedersi subito dopo. Da qui le tante risate e la fierezza quando si vedono sul display della macchina fotografica.
Rimane il sapore di una giornata di festa, dove sono i canti a fare da “colore”, vera espressione dei sentimenti di queste persone. Le parole, religiose o meno, sono poco importanti, sono i volti a parlare durante il canto.