 Una giornata tra i malati, lunga e difficile. È lunedì ed è ricominciata l’attività del paese dopo la breve pausa festosa di domenica mattina. Anche i volontari fanno ripartire le attività nel loro ambito di competenza. Oggi ho “seguito” Stefania Falcone, 28enne originaria di Salerno che vive a Tradate da dieci anni. Lavora come cardiologia all’ospedale di Circolo di Varese e ha scelto di utilizzare le sue ferie per fare il medico generico a Mare Rouge. Domenica mattina, durante la messa è stata annunciata l’apertura del “dispensario”, una sorta di ambulatorio per le visite ai malati, grazie alla presenza di Stefania. Una struttura situata a mezz’ora di cammino dal centro. Ci si impiega anche molto di più dalle altre frazioni del paese.
Una giornata tra i malati, lunga e difficile. È lunedì ed è ricominciata l’attività del paese dopo la breve pausa festosa di domenica mattina. Anche i volontari fanno ripartire le attività nel loro ambito di competenza. Oggi ho “seguito” Stefania Falcone, 28enne originaria di Salerno che vive a Tradate da dieci anni. Lavora come cardiologia all’ospedale di Circolo di Varese e ha scelto di utilizzare le sue ferie per fare il medico generico a Mare Rouge. Domenica mattina, durante la messa è stata annunciata l’apertura del “dispensario”, una sorta di ambulatorio per le visite ai malati, grazie alla presenza di Stefania. Una struttura situata a mezz’ora di cammino dal centro. Ci si impiega anche molto di più dalle altre frazioni del paese.
Il medico ufficiale non c’è più da qualche settimana e questa mattina la coda fuori dal dispensario è molto numerosa, almeno con una trentina di persone, con molte altre in arrivo. Si tratta soprattutto anziani, donne e bambini.
 Stefania, con l’aiuto di Cesar, il responsabile del dispensario in assenza del medico, inizia subito le visite. Ma tra la difficoltà di comunicare in creolo, le traduzioni in francese, e il bisogno di trovare per ogni singolo caso il farmaco adatto presente nel dispensario, si capisce ben presto che non si riesce a visitare tutti, anche senza fare la pausa pranzo (nè Stefania, nè i pazienti che probabilmente non la fanno nemmeno normalmente). Qualcuno viene mandato a casa, ma tornerà nei prossimi giorni, considerando che Stefania si fermerà due settimane. «Mi vien male a mandarli via ma non riusciamo a farli tutti oggi – racconta Stefania tra una visita e l’altra -. Fare la pausa pranzo? Non la fanno loro che aspettano, perché dovrei farla io?».
Stefania, con l’aiuto di Cesar, il responsabile del dispensario in assenza del medico, inizia subito le visite. Ma tra la difficoltà di comunicare in creolo, le traduzioni in francese, e il bisogno di trovare per ogni singolo caso il farmaco adatto presente nel dispensario, si capisce ben presto che non si riesce a visitare tutti, anche senza fare la pausa pranzo (nè Stefania, nè i pazienti che probabilmente non la fanno nemmeno normalmente). Qualcuno viene mandato a casa, ma tornerà nei prossimi giorni, considerando che Stefania si fermerà due settimane. «Mi vien male a mandarli via ma non riusciamo a farli tutti oggi – racconta Stefania tra una visita e l’altra -. Fare la pausa pranzo? Non la fanno loro che aspettano, perché dovrei farla io?».
 Alla fine della giornata Stefania ha visitato 28 pazienti, è stanca e provata, ma racconta comunque come è andata, senza nascondere una certa sfiducia: «Ci si è arrangiati con quello che si aveva. Si trattava per lo più di infezioni, soprattutto intestinali. Altri casi erano più gravi, ma i mezzi a disposizione sono quelli che sono. Si fa quel che si può, anche se sembra di buttare una goccia nell’oceano. Si dovrebbe riuscire a migliorare le condizioni igieniche, a portare a tutti l’acqua potabile. Curare queste infezioni con un antibiotico è solo un palliativo: se non cambiano le condizioni in generale, sarà tutto come prima in meno di un mese ».
Alla fine della giornata Stefania ha visitato 28 pazienti, è stanca e provata, ma racconta comunque come è andata, senza nascondere una certa sfiducia: «Ci si è arrangiati con quello che si aveva. Si trattava per lo più di infezioni, soprattutto intestinali. Altri casi erano più gravi, ma i mezzi a disposizione sono quelli che sono. Si fa quel che si può, anche se sembra di buttare una goccia nell’oceano. Si dovrebbe riuscire a migliorare le condizioni igieniche, a portare a tutti l’acqua potabile. Curare queste infezioni con un antibiotico è solo un palliativo: se non cambiano le condizioni in generale, sarà tutto come prima in meno di un mese ». 
Stefania riprenderà il suo lavoro al dispensario anche domani. E così tutti i giorni della settimana. «Questo lavoro è come mettere una pezza, mi sto convincendo che si debba fare altro per trovare una soluzione».
