“Jumpman”, così venne chiamato ai tempi dal padre di quel buffo e baffuto idraulico italiano che fa tanta tenerezza, ma che ci porta anche tanta allegria, nello spassoso mondo di Super Mario Bros . Ne è trascorso di tempo dal primo capitolo all’ ultimissimo arrivato su console rivoluzionaria Wii con New Super Mario Bros. Wii. Miyamota ha fatto un ” Back in the Days ” ricordando che c’ erano titoli come Pac-Man di fama mondiale e meno fortunati come Sheriff, tutti tra il 1979 e il 1980. In quel periodo le console erano molto rare e tutti si fiondavano nelle sale giochi. Nintendo non aveva ancora lanciato sul mercato la sua prima console il NES, però avendo all’ attivo già sviluppato diversi arcade. A quei tempi esisteva a capo della Nintendo un personaggio di spicco come Yamauchi-san che disse: “Create un gioco che venda di più!”. Ai tempo Miyamoto era tra i giocatori più esperti sulla piazza e cercò di ragionare a fondo e studiare il videogioco perfetto. I giochi “mangia-punti” erano gettonatissimi dove per esempio eri infilato in un labirinto e dovevi eliminare i nemici totalizzando punteggi da record e Pac-Man era tra questi appunto. Esistevano altri tipi di videogiochi in 2D che sono quelli a scorrimento laterale ed essendo Mr. M un designer industriale, analizzava i videogiochi più apprezzati del momento prendendo spunto per la sua creazione finale. Rabbia, questa era la fonte dell’ hardcore gamer che non si dava pace ed infilava un’ altra monetina nel videogioco della sala. Mentre Miyamoto parlava con un collega più anziano, Gunpei Yokoi, lo illuminò d’ immenso, infatti vantò progetti del calibro di Game & Watch e Game Boy, oltre al sistema NES, Robotic Operating Buddy (R.O.B.) e Dr. Mario. Miyamoto realizzava e disegnava immagini in pixel per i giochi arcade, ma ad un certo punto della carriera lo misero a capo dell’intero sviluppo. Da qui partorì e stese le sue prime idee per cinque giochi ed il primo fu Braccio di Ferro. In pratica lo scopo del gioco era stendere i suoi rivale con l’ apporto degli spinaci che poi ricalca le dinamiche di Pac-Man. Con una bella spinta da parte di Yokoi-san, il presidente di Nintendo approvò il primo videogioco di Miyamoto-san e da qui partì l’ escalation verso uno dei titoli più discussi dell’ epoca, ovvero Donkey Konge Mario. Era l’ anno 1981, il mondo stava scorgendo una astro nascente e il videogioco venne pubblicato anche su Nintendo Entertainment System nel 1983. L’ idea di base era sempre la stessa per tutti i giochi futuri, ovvero il gameplay deve essere assimilato subito, senza dare scocciature al giocatore. L’ intuizione dell’ obbiettivo deve arrivare immediatamente e se non ce la fai a superare la prova, te la prendi con la tua incapacità a giocare e non con la difficoltà del game. Il discorso era inserire elementi semplici, in sequenza per arricchire sempre più l’ esperienza di gioco e nel frattempo diventa tutto molto più difficile. Unire due o più azioni semplici, diventa una sfida vera esaltante. Salire sulle scale e saltare da un piano all’ altro rende la vita difficile. Il gocatore si abituerà a prevedere lo schema di gioco e a progredire salento e saltando barili con grande stile, per non parlare della possibilità di ” tagliare ” il più possibile lo scenario da vero ninja. A quel punto a qualcuno parve diabolico il concetto e disse: “La scheda non scorre!“. Il significato che ha questa frase sta nel voler indicare le proprietà harware, il circuito stampato che ogni coin-op possedeva, ognuna differente. A Donkey Kong non era stata implementata la scheda hardware che consentiva lo scorrimento dei giochi. ” Bella Fregatura! ” direste, ma le idee correvano e si pensò subito a quattro schermi collegati tra loro. Il sistema di controllo era stato ideato con un joystick e un pulsante, ma all’ inizio era solo stata presa in considerazione l ‘uso dal manettino… questo vuol dire che Mario non avrebbe saltato senza quel pulsante accanto! L’ elemento strategico del gioco era quello di non evitare i barili saltandoli come poi è successo, ma inserendo il pulsante per far saltare Mario, il gioco prendeva una nuova vita e divantava molto più divertente. Miyamoto a riguardo dice: ” A mio avviso, se non avessimo fatto saltare Mario, sarebbe venuto fuori un gioco di una difficoltà inimmaginabile. “. Si poteva prendere un ‘altra strada, ovvero sarebbe bastato spingere in alto il joystick al posto di aggiungere un bottone da schiacciare… E fu così che Mario imparò a saltare.
Forty e le sue storie di vita vissuta dei grandi precursori dei videogiochi, tutti i lunedì placa l’ orrendo inizio della settimana e rasserena ogni piccolo Mario che albega in tutti voi 🙂
Fabio “Forty” Fortina
Speaker Radiofonico (Forty) Fanbit