Un premio Nobel non si discute, lo si dovrebbe solo citare: “La letteratura è impegno, non intrattenimento”, ha detto Mario Vargas Llosa in una recente apparizione in Italia. Ha ribadito un cardine del suo pensiero. Tuttavia, visto da una carrozza viaggiatori intrisa di sporco, l’impegno è qualcosa di più complicato. Innanzitutto, per un topo di campagna, il primo impegno in letteratura è economico: infatti, non c’è uno straccio di editore che sia pronto a scommettere su un roditore pendolare, a meno che questi non sia disposto a pagare di tasca propria. La dice facile, Vargas Llosa, ma qui in basso, l’impegno ha ben altro sapore. Basta uscire dai salotti snob e dai talk show, per essere scrittore impegnato? No e non basta nemmeno scrivere dalle trincee di chissà quale periferia degradata.
Bisognerebbe prima cominciare a pubblicare… E il virtuale, purtroppo, è troppo evanescente, impalpabile. Lo sanno bene certi pendolari tutta ferraglia e tatuaggi, con bombolette e pennarelli, così come insegnano i grandi saggi della narrativa contemporanea… Chi? Scrittori impegnati? No, bensì writer da toilette, quelli che intrattengono il lettore nei momenti più intimi, con poesie, aforismi, massime impresse e pubblicate sulle pareti più luride di Milano (e non solo).
Che illusione, allora, la vita quotidiana di un topo di campagna in cerca di mecenati. Un pendolare roditore che vuol fare lo scrittore: non ha via di scampo, caro signor Vargas Llosa, se non premunendosi di pennarello indelebile. Come l’anonimo poeta che, sul finestrino di un interregionale con capolinea Domodossola, ha scritto e sottopone a lettura quotidiana il suo componimento: “Avvicinati, dai, avvicinati, ancora un po’, di più….. Ora appiccica la fronte perché se ti frena il treno ti pigli ‘na craniata”.
Ognuno ha il salotto che si può permettere, ogni salotto ha i propri scrittori impegnati.
Memorabile il
“Ragazzo, hai in mano il tuo futuro”
scritto nei bagni dell’aula 3 – o 1, non ricordo – della facoltà di Agraria.