E alla fine ce l’ho fatta, ce n’è voluto di tempo, ma ne è valsa la pena, ho finalmente salito la Nord del monte Pasquale! Era da prima di Pasqua che la sognavo ma tutte le volte che salivo a Bormio “per lei”, il brutto tempo mi costringeva a rinunciare; almeno fino all’altro giorno (1 luglio). Controllato il meteo, preparato zaino e attrezzi vari, sono salito a Bormio accompagnato da alcuni amici con cui, sabato, ho arrampicato appena sotto il rifugio Branca dove sono anche riuscito a salutare il mio amico Stefano. Tornato a casa, rifatto ancora una volta lo zaino e mangiato qualcosa, come di consueto mi sono trovato con alcuni amici al campetto di Piatta per una partitella di calcio, per cercare di non pensare alla grande avventura del giorno seguente che iniziava un po’ a preoccuparmi. In fin dei conti, era la mia grande parete, era normale avere un po’ d’ansia. Nonostante mi stessi divertendo da matti, alle dieci mi sono infilato sotto le coperte e ho cercato di dormire, prima che la sveglia suonasse, alle tre. Già a quell’ora l’adrenalina si fa sentire e sono più carico di una molla; una colazione veloce e poi alle 4 si parte in direzione del rifugio Pizzini, arriviamo alle 4.50.
Da qui ci avviciniamo alla base della parete che da lontano sembra davvero verticale! Arrivati all’attacco ci prepariamo e io sfoggio la mia fantastica giacca Patagonia vinta inaspettatamente ad un concorso: offrirà un buon servizio. Bando alla ciance, si parte, all’inizio in conserva, poi a tiri, cinque in tutto, dai 45 ai 58 gradi (così dicono le relazioni). Va tutto bene, benissimo anzi, nonostante sia la prima volta su certe pendenze mi sento molto sicuro e, grazie agli allenamenti, anche abbastanza veloce. Gli ultimi tiri, i più verticali, sono i più belli, si sente profumo dell’uscita in cresta, il cielo è completamente sgombro di nuvole, il ghiaccio bello duro, ma io sono molto a mio agio, è perfetto! Usciamo in cresta, pochi metri e alle 8.30 è cima, quattro foto e una merenda veloce, poi si scende. In un’ora siamo di nuovo al rifugio e, gustando un buon panino, ammiro la “mia” parete, la mia prima Nord che tanto (tempo) ha richiesto, ma che tanto mi ha dato. E così, con la cima, ma soprattutto la via in tasca torno a casa, soddisfatto, fiero, felice, ma già concentrato sulla sfida più dura: tornare a casa in treno. Un notevole sbalzo passare dal ghiaccio a 58 gradi a 3000 mt alla piatta stazione centrale di Milano; ma con due treni e due fermate di metropolitana, quella che è probabilmente la sfida più dura della giornata è superata, e io posso coccolare l’idea di essere diventato un “quasi alpinista, quasi serio”.