Una volta il Chiarone segnava il confine dello Stato pontificio. I corsi d’acqua oltre a portare energia e sviluppo, spesso segnano i territori. Così capita che, da una parte puoi pescare e dall’altra no. Si capisce perché la burocrazia italiana fa diventar matti, e ci tiene in fondo alle classifiche mondiali per attrattività degli investimenti esteri.
In ogni caso il confine tra la Toscana e il Lazio è Pescia romana, frazione di Montalto di castro, dove per generazioni i sindaci si sono arricchiti grazie agli Etruschi.
Fare i “tombaroli”, negli anni Sessanta e dopo, era un’attività quasi ordinaria. Questo antico popolo mi ha accompagnato dalla foce dell’Arno a Pisa, fino a quella del Tevere a Ostia.
“Gli Etruschi furono gli unici, tra i popoli antichi, a non disprezzare le donne, ma le rispettarono come persone e le amarono come compagne. Coltivarono i piaceri della vita più della guerra: amarono le feste, la musica, i banchetti, i giochi, il sesso…”
Le parole del professor Giuseppe Moscatelli fanno capire, meglio di ogni altra presentazione, il perché dell’attualità di questo popolo.
C’è tutto un filone di ricerca e di pubblicazioni che tratta questi aspetti. Ricordo che da bambino, altri tempi, non ci permettevano di vedere alcune tombe. Erano “vietate ai minori” per le troppe scene di sesso.
Nei giorni scorsi a Tarquinia è stata ritrovata la più antica tomba etrusca dipinta. Risale alla metà del settimo secolo avanti Cristo. Appartiene ad un principe importante tanto da far balenare perfino l’ipotesi che possa appartenere ad un antenato (se non al padre stesso) del quinto re di Roma, Tarquinio Prisco.
La strada per Ostia è lunga e noiosa, e l’Aurelia non si farà certo rimpiangere. Quasi settecento chilometri per la SS1 da Ventimiglia a Roma. La lascio a Fregene. È tardi, e scelgo di andare subito a cercare il monumento dedicato a Pasolini. Mi erano rimasti in mente cinque minuti del film di Nanni Moretti, Caro diario. Il protagonista sfoglia le prime pagine dei giornali che raccontano l’assassinio di Pier Paolo Pasolini. Subito dopo con la sua vespa, senza dire una parola, va all’idroscalo di Ostia. Cerca il luogo del delitto dove è stata collocata una scultura di Mario Rosati. Tutta la zona è lasciata all’incuria più totale. A fianco c’è un campetto da pallone con i pali delle porte tutti a pezzi. Negli anni successivi le cose peggiorano addirittura e la scultura verrà spesso oltraggiata, tanto che il comune decise di realizzare una nuova opera, del tutto uguale alla precedente, ormai distrutta, e di intitolare un parco a Pasolini.
Oggi è lì. Nel tratto finale di via Idroscalo. Tutta cintata, senza alcuna indicazione esterna. Non c’è più incuria perché la Lipu di Ostia si è incaricata di tener pulita l’area. Occorre sapere però che quella scultura è proprio lì, altrimenti è impossibile trovarla. Se provate a chiedere, nessuno vi sa indicare. Un paese che non sente il bisogno della memoria è un paese vecchio e fermo. Altro che modernità.
Quella, finta, artefatta, modaiola, la ritrovate in alcune zone di Ostia. La cittadina ha confinato le zone pedonali all’interno dell’area di Cineland (appena fuori dal lido) e del porto che è un «grande centro commerciale all’aperto», come lo chiama il ragazzino che è all’ingresso del viale con un baracchino per far pagare il posteggio. «È n’euro dottò. Così sta tranquillo perché io qua la vespetta nun ce lascerei manco n’ora».
Ostia è rimasta quella che raccontava Michele Serra. Sono spuntati altri palazzi, alcuni con stili architettonici più moderni, altri meno.
Dopo tre località con cinque vele blu, la cittadina laziale si conquista quella nera. Legambiente la boccia, da anni. Le ragioni non sono solo legate alla qualità dell’acqua, ma dei servizi. «Su dieci stabilimenti visitati, sono sei quelli in cui è stato impedito il libero accesso al mare previsto dalla legge. Spiagge inaccessibili, ma anche muraglioni, tornelli e recinzioni. Alla prova dei fatti – spiega Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio – la situazione, rispetto agli anni scorsi, non sembra essere migliorata. Per questi motivi la Goletta Verde di Legambiente ha assegnato al ‘lungomuro’ di Ostia la bandiera nera».
Quello che dovrebbe essere il litorale della capitale, non ha uno straccio di attenzione turistica, ma anche di accoglienza per i tanti romani che si riversano nelle spiagge a due passi dalla fermata della metropolitana che arriva dalla città.
Il lungomare, malgrado i dossi e i semafori, di notte si trasforma in una pista da gara con moto, motorini truccati e macchine a farsi la gara suonando e sgommando.
Per contro ha invece un parco archeologico straordinario. «Qui si può vedere com’era tutta la città». Mi spiega una professoressa in pensione che ci viene tutti i giorni per dar da mangiare ai gatti. «È un peccato che non la pubblicizzino abbastanza». Già. E pensare che il porto di Ostia Antica è appena rientrato nella top 10 dei monumenti più amati d’Europa secondo l’influente social network per turisti TripAdvisor. Una meraviglia. Il parco lo trovi sul web e se ti impegni anche ad Ostia.