- tratta di esseri umani
- traffico di migranti
- sfruttamento:
– lavorativo
– accattonaggio
– attività illegale
– sessuale
Tratta di esseri umani
La tratta di esseri umani (traffiking in person) è definita dai Protocolli addizionali alla Convenzione Onu di Palermo sulla criminalità organizzata transnazionale (2000) come:
“il reclutamento, trasporto, trasferimento, l’ospitare o accogliere persone tramite l’impiego o la minaccia di impiego della forza o di altre forme di coercizione, rapimento, frode, inganno, abuso di poter o di una posizione di vulnerabilità o tramite il dare e ricevere somme di denaro o vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un’altra a scopo di sfruttamento.
Analoga la definizione specifica prevista dalla normativa italiana; il reato di tratta viene così definito dalla legge n. 228/2003:
“Chiunque commette tratta di persona che si trova nelle condizioni di cui all’articolo 600 c.p. ovvero, al fine di commettere i delitti di cui al primo comma del medesimo articolo, la induce mediante inganno o la costringe mediante violenza, minaccia, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante promessa o dazione di somme di denaro o di altri vantaggi alla persona che su di essa ha autorità, a fare ingresso o a soggiornare o a uscire dal territorio dello Stato o a trasferirsi al suo interno, è punito con la reclusione da otto a venti anni. La pena è aumentata da un terzo alla metà se i delitti di cui al presente articolo sono commessi in danno di minore degli anni diciotto o sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi“.
La persona trafficata è vittima di violenze, fisiche o psicologiche, e di sfruttamento. La tratta di persone è dunque una violazione dei diritti umani, che lo stato è chiamato a difendere. Il rapporto tra trafficante e persona trafficata non è limitato al trasporto da un punto all’altro del territorio (non è necessario il passaggio attraverso una frontiera nazionale), ma prosegue nel luogo di destinazione attraverso lo sfruttamento della vittima a favore del trafficante o di chi ha preso il suo posto all’interno di una rete criminale.
Traffico di migranti
Il traffico di migranti (smuggling of migrants), sempre in base all’art.3 del Protocollo di Palermo, viene indicato come:
“il procurare, al fine di ricavare, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o materiale, l’ingresso illegale di una persona in uno Stato Parte di cui la persona non è cittadina o residente permanente.”
Il traffico di migranti è una violazione delle leggi sull’immigrazione esistenti in un determinato Stato. Questa situazione prevede il passaggio illegale attraverso un confine nazionale e non pregiudica la condizione di libertà del migrante: il rapporto tra lui e chi organizza il trasferimento è di natura commerciale termina una volta arrivati a destinazione e corrisposto il pagamento.
Sfruttamento
Lo sfruttamento richiede che via sia un soggetto che consapevolmente trae un ingiusto profitto (anche non economico) dalla attività legale o illegale di un altro soggetto e che ciò avvenga tramite una “imposizione”10 Pertanto da un lato la vittima non è libera di decidere se svolgere o meno una certa attività, dall’altro gli vengono sottratti totalmente o parzialmente i profitti dell’attività medesima.
Questa “imposizione” può realizzarsi mediante violenza, minaccia, inganno o qualsiasi altra attività che incida significativamente sulla capacità di autodeterminazione dell’altro soggetto.
La vittima dello sfruttamento può essere un adulto o un minore; ciò che rileva è che la sua libertà di autodeterminazione sia stata diminuita o annullata dalle azioni dell’altro soggetto.
La presenza di un eventuale consenso è irrilevante sia per gli adulti che per le persone minori, in quanto, essendovi una “imposizione”, tale consenso sarebbe in ogni caso viziato e dunque irrilevante.
I Protocolli di Palermo sulla criminalità organizzata transnazionale (2000) formalizzano e definiscono le tipologie di sfruttamento. Nel già citato art.3 si legge:
“ per tratta si intende il reclutamento, trasporto, trasferimento, l’ospitare o accogliere persone tramite l’impiego o la minaccia di impiego della forza o di altre forme di coercizione, rapimento, frode, inganno, abuso di poter o di una posizione di vulnerabilità o tramite il dare e ricevere somme di denaro o vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un’altra a scopo di sfruttamento. Lo sfruttamento comprende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato o prestazioni forzate, schiavitù o pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo di organi.”
Le modalità di sfruttamento sono dunque:
– sessuale
– lavorativo
– delle attività illegali
– dell’accattonaggio
– per il prelievo di organi
Sfruttamento lavorativo
Lo sfruttamento lavorativo si colloca tra lavoro nero e lavoro forzato.
Il lavoro nero si caratterizza come un rapporto di lavoro non formalizzato da un contratto, privo di tutele salariali e di diritti: non sono riconosciuti contributi, ferie, malattie, infortuni. Lo stipendio tuttavia è del tutto simile a quello di un lavoratore regolare ed è frutto di un libero accordo (nei limiti dei rapporti di potere) tra il lavoratore e il datore. Entrambe le parti possono interrompere in qualsiasi momento il rapporto, senza pregiudicare la propria sicurezza. Nel caso di migranti privi di documenti, questa è l’unica possibile modalità di lavoro.
Nei in casi di lavoro forzato la dipendenza del lavoratore verso il datore è pressoché totale, sia dal punto di vista economico, che delle libertà individuali. Il rapporto tra le parti è basato su meccanismi di violenza fisica e psicologica, che la vittima non è in grado di rescindere senza incorrere in gravissimi pericoli per la propria incolumità. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) che definisce il lavoro forzato come la situazione in cui sono presenti: violenza fisica o sessuale, agita o minacciata, una limitazione della libertà di movimento del lavoratore; un’attività lavorativa prestata sotto il vincolo della restituzione di un debito; il trattenimento del salario o il rifiuto completo di pagarlo; la sottrazione e il trattenimento di documenti di identità; la minaccia di denuncia del lavoratore alle autorità.
Lo sfruttamento lavorativo presenta elementi del lavoro forzato (violenza, un datore di lavoro che trae illecito beneficio dal rapporto di lavoro instaurato), ma spesso non ha le caratteristiche nette della schiavitù . La normativa non definisce quali siano i termini e i confini dello sfruttamento da lavoro, lasciando ampio margine di interpretazione a Questure, Procure ed enti del Terzo Settore. Di fatto in questo momento non è possibile individuare una definizione condivisa nemmeno all’interno dei tre ambiti.
Sfruttamento dell’accattonaggio
Lo sfruttamento in attività di accattonaggio ha caratteristiche analoghe allo sfruttamento lavorativo. La principale differenza con quest’ultimo riguarda il fatto che la mendicità non rappresenta un’attività propriamente lavorativa. D’altro canto l’accattonaggio non rappresenta una attività penalmente illecita.
Perché sia riconosciuto lo sfruttamento è necessario che un soggetto “imponga” ad altri questa attività per poi privarlo di tutto o di parte dei profitti.
Sfruttamento delle attività illegali
Un discorso analogo può essere fatto in relazione alle attività illegali. In particolare il riferimento è alle condotte punite con la reclusione, tra cui le più comuni sono traffico di sostanze stupefacenti, rapine e furti. Anche in questo caso, il semplice fatto che uno degli agenti rivesta un ruolo di maggiore autorità e che percepisca una maggiore quota dei proventi illeciti non significa che si sia innanzi a una ipotesi di sfruttamento. È necessario che concorrano tutti gli altri elementi evidenziati per lo sfruttamento lavorativo, in particolare l’imposizione dell’attività illegale dietro ricatto, minaccia, violenza fisica o psicologica; la sottrazione dei proventi; la limitazione della libertà di movimento e di scelta.
Sfruttamento sessuale
La principale tipologia di sfruttamento sessuale è quello attinente allo sfruttamento della prostituzione. Questo si ha ogni qualvolta un soggetto tragga vantaggio economico o di altra natura dall’attività sessuale di una terza persona, ricorrendo a minacce, inganni e violenza. La tipologia di sfruttamento sessuale più diffuso e conosciuto e quello dello sfruttamento, induzione e favoreggiamento della prostituzione.