Via i ragnetti rossi dalle procure!

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Jack, ragnetto rosso, ha fermato i processi. Vi sottopongo la dichiarazione di guerra di un altro ospite del tribunale, oltre ai miei compagni roditori. Come un caporibelle libico è in cerca di un francese, che possa fare giustizia, o quanto meno che possa farlo entrare in una barzelletta di quelle che si raccontano ai vertici internazionali. Sulla vicenda, invece, gli italiani hanno già deciso di fare piazza pulita. I rossi in un palazzo di giustizia sono troppo scomodi, lo dicono i sondaggi. Al contrario delle vedove nere che, invece, creano meno imbarazzo e solleticano i ricordi dei nostalgici di ben altri palazzi.

“Sì sono Jack, sono un trombide e anche io sono finito in procura. Trombide nel senso biologico e non un malato di bunga bunga, come si potrebbe pensare con fin troppo facili allusioni: sono nipote di John l’acaride, altro trombide di razza, ma con Mubarak non ho nulla a che fare. Mentre in Parlamento si discute del fine vita, che scopro dal nostro presidente essere anche questo un privilegio dei pm, qui in tribunale il fine vita l’hanno deciso senza troppi complimenti: fine vita per noi ragnetti rossi. Ma io intendo sopravvivere: provate a schiacciarci tutti, ma quel colorino rosso sulle vostre manine resterà indelebile o quasi. Impossibile estinguerci: cercate, andate pure a cercare nelle vostre enciclopedie, di cosa ci nutriamo. Escrementi, escrementi soprattutto di volatili… ecco, allora, un ragnetto rosso che mangia stronzi, che fastidio vi dà?
Al quinto piano di questo magnifico tribunale, mi aggiro tra i faldoni del caso Ruby e ne leggo di tutti i colori: cara Milano, un ragnetto rosso potrebbe un giorno testimoniare e mandare tutto a p. Un giorno, ve ne accorgerete, parlerò: e saranno guai per tutti”.

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Milano, quando il topo vi rimette piede…

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Mentre il nostro governo decide di portarci in guerra senza interpellarci, le cronache milanesi stanno per riprendere. Topo di campagna, dopo un mese di stress, è tornato ad aggirarsi tra storie e personaggi. Si ferma il nucleare, per gabbare un referendum, ma non le cronache del topo… Intanto, non è solo schifo, a Milano: ieri si è addirittura festeggiato Shakespeare. Il vecchio William ha compiuto 447 anni e, siccome, non è il caso di stare allegri, a Milano lo hanno festeggiato leggendo Macbeth… Pace, amore e viuleeenza!
Meglio così, meglio allenare le menti piuttosto che rincoglionirsi davanti a un reality che ieri si è concluso e oggi sui giornali pare sia più importante della campagna di Libia. Per tenere alto il morale delle truppe, i quotidiani oggi si sbizzarriscono in cavolate… spiccano l’ecografia di Carla Bruni e il possibile discorso del principe Harry al matrimonio reale del fratello William… Con quel briciolo di cervello che pare sia germogliato in lui, si teme che possa debuttare con: “La sposa e lo sposo adesso girino la faccia e si guardino bene negli occhi… statisticamente state fissando la persona che ha maggiori probabilità di assassinarvi”.
E nonostante anche questo, a Milano ieri si è trovato un motivo per ridare ossigeno ai cervelli: dopo 233 anni di storia, ieri al teatro alla Scala è andata in scena per la prima volta un’opera diretta da una donna.
Dal 26 aprile al 7 maggio, Susanna Mälkki, finlandese, dirigerà l’orchestra del teatro scaligero in «Quartett», la nuova opera di Luca Francesconi basata sulla storia delle «Relazioni pericolose» di Choderlos de Laclos.
Susanna, a 42 anni, ha diretto le maggiori orchestre del mondo e sapete perché dirige alla Scala? Perché è brava! Milano non è più la stessa…

Il giorno dei Giusti

Aleksandr Solženicyn denunciò l'orrore dei gulag in Unione Sovietica

Aleksandr Solženicyn denunciò l'orrore dei gulag in Unione Sovietica


Una giornata per ricordare i Giusti di tutto il mondo. Si terrà oggi la celebrazione annuale che a Milano (come nel resto del mondo) sarà dedicata a cinque testimoni inascoltati: Romeo Dallaire, Armin T. Wegner, Jan Karski, Sophie Scholl e Alexandr Solženicyn.

Dallaire ha denunciato il genocidio in Rwanda. Wegner ha documentato quello armeno. Karski e la Scholl hanno lottato contro la Shoah. Solženicyn ha svelato al mondo l’orrore dei gulag. Nessuno di loro è riuscito a farsi sentire in tempo, prima che avvenisse la tragedia.

Le celebrazioni inizieranno alle 11 al Giardino dei Giusti di tutto il Mondo, nell’area verde del Monte Stella. Interverranno le più alte cariche del Comune di Milano, il presidente della Comunità Ebraica di Milano Roberto Jarach e il presidente del Comitato per la Foresta dei Giusti Gabriele Nissim. Musiche al violoncello eseguite dal maestro Guido Parma.

Secondo appuntamento alle 17.30: al Teatro Franco Parenti incontro pubblico coi familiari dei Giusti onorati quest’anno. Saranno presenti Ignat Solženicyn, figlio di Aleksandr Solženicyn; Misha Wegner, figlio di Armin Wegner; Ewa Wierzyńska, supervisore del progetto “Jan Karski – Unfinished Mission” del Museo di Storia Polacca di Varsavia; Françoise Kankindi, presidente di Bene-Rwanda Onlus, e Franz Müller, unico sopravvissuto della Weisse Rose di Sophie Scholl.

“Come ha ricordato il presidente Napolitano – dice Gabriele Nissim – furono i Giusti a salvare l’onore dell’Europa. È importante ricordare questi uomini proprio nel momento in cui la comunità internazionale è impegnata per impedire la prosecuzione dei massacri in Libia, e affinché in questo Paese non si ripeta la condizione di impotenza nella quale siamo rimasti rispetto al Darfur e al Rwanda”.

Niente ironie, niente battute per un fatto finalmente dignitoso per questa città: sarebbe bello, tuttavia, non vedere a queste celebrazioni alcun riciclato di tangentopoli o politico inquisito o dalla dubbia moralità. Ma, capisco, che è chiedere troppo.

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Vola, Dolores!

Dolores
Dolores lavora a tempo pieno, ormai, e di questi tempi è quasi un lusso per una neoassunta: ore notturne, alla stazione. Tre metri sotto di lei, nelle nicchie e sulle panchine dormono i clochard. Fuori, sul viale, invece, ci sono Ramona, Katia, Maruska, Thais: superaccessoriate, completissime, solo distinti. Dolores, invece, non fa distinzioni: mette paura ai piccioni, tutti. L’hanno assunta per questo. Le altre, invece, sono a caccia, ma non scacciano nessuno, a parte i perditempo e gli scocciatori.
Quanto è bella, Dolores, con quelle ali che sembrano infinite: chissà, forse per volare così, s’immagina un cielo di primavera, terso, spazzato dai venti. Ah, quanto deve essere bello giocare col vento! Dolores lo sa. Ma sul lavoro, il vento se lo inventa, un battito d’ali per aggrapparsi a una lieve corrente, impercettibile. Quanto basta per restare su, a mezz’aria, tra i binari e le vetrate della stazione Centrale. E con quello sguardo fisso e minaccioso, mette in fuga un orda di miserabili, all’ultimo posto nella scala sociale degli uccelli. Li chiamano topi con le ali, oggi, ma una volta erano il vezzo di bambini e fotografi, nelle piazze e davanti ai monumenti. Oggi sono razza decaduta, sporca, da eliminare: contro la loro invasione, ora c’è Dolores, elegante e severa, rassicurante.
La stazione è luogo di frontiera, una porta d’ingresso oppure una via d’uscita: inevitabilmente vive di contrasti e indifferenza, come una periferia. E chi ha smarrito la meta, finisce per fermarsi in quel posto, a metà strada tra la città e ciò che sta fuori: con il proprio disagio o con la propria “non” scelta. Gli unici che hanno “scelto” di vivere lì sono i piccioni, ma ora Dolores farà loro cambiare idea. Le basterà un battito d’ali, perché la natura ha le sue leggi, meravigliose e spesso crudeli. Sopra le teste dei senza casa, dei senza meta e dei senza futuro, il volo di una poiana romperà la monotonia di quelle notti che sembrano non finire mai: come una poesia.
Da Corriere.it
http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/11_febbraio_18/rapaci-contro-piccioni-stazione-centrale-19042234969.shtml

Il fatto del giorno: la residenza Calvino

“Quarantadue bilocali superaccessoriati a misura di anziano. Per continuare a vivere a casa propria con i propri affetti e le abitudini di sempre, ma con la possibilità di essere assistiti 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 quando serve un medico o un infermiere, un aiuto per le faccende domestiche o semplicemente un po’di compagnia. Nasce in città il primo «condominio di lunga vita»: non è una casa di riposo né una comunità, ma un nuovo modello abitativo dedicato ad anziani ancora autosufficienti, in tutto o in parte. Si chiama «Residenza Calvino» il condominio pensato per sostituire l’ospizio o la badante, è in via Giovanni Calvino (zona Sempione-Cenisio). Privacy garantita è la parola d’ordine, pur in presenza di uno staff a completa disposizione degli speciali inquilini”.
Costo del servizio: 2.600 euro al mese in bilocale. Apperò… considerando che, oggi, in Italia le pensioni medie si aggirano attorno ai 1.100 euro, questo servizio è da ritenersi sociale? Boh, una volta c’erano i cortili, che erano vere e proprie grandi famiglie nelle quali ognuno dava una mano all’altro, soprattutto all’anziano. La solidarietà non era un servizio a pagamento. Oggi, a quanto pare, un anziano che vuole il rispetto della privacy deve essere disposto a pagare 2.600 euro al mese. Tutti gli altri, devono rassegnarsi ad averne troppa, di privacy.

A ognuno il suo Calvino, però:
“La vita, pensò il nudo, era un inferno, con rari richiami d’antichi felici paradisi”. (se pensiate che la residenza sia intitolata a Italo)

“…l’ingresso nella vita è preclusa a tutti quelli che Egli vuole abbandonare alla condanna; e ciò accade per un giudizio suo occulto e incomprensibile, per quanto giusto ed equo”. (se pensiate, invece, che la residenza sia intitolata a Giovanni)

C’era un uomo sul cornicione

Una pausa Natale più lunga del solito? Su dai sapete come sono i topi, se la prendono comoda… Mai dubitare, comunque: fossi stato un tacchino o un cappone, forse avreste avuto ragione nel temere di non rileggermi più dopo le feste natalizie.
Ormai sono già tre settimane che “pendoleggio” tra la provincia, Milano e Pero. Che aria tira da queste parti? Anno nuovo vita nuova, si direbbe: ma l’andazzo non promette bene.
Da quest’anno, oltre al Diario del topo, alle storie di Nebbia e tanti altri personaggi, ho deciso di condividere con voi un fatto del giorno. Quello di ieri, mi sembra quanto meno curioso, ma forse non sorprendente più di tanto.
Da una notizia Ansa:
Un imprenditore si è intrufolato oggi in un palazzo dove ha sede la Banca Popolare di Milano e da un balcone ha srotolato uno striscione contro la banca.
L’uomo, che è già stato identificato dalla polizia, intervenuta in piazza Meda, è un imprenditore di 45 anni residente in provincia di Pavia e titolare di una ditta di servizi. Intorno alle 10, secondo quanto precisato in Questura, è entrato nell’edificio, è salito al quinto piano e ha srotolato uno striscione riferito alla Bpm che riporta la scritta ”Abusi di potere”.
All’origine del gesto ci sarebbe il mancato rinnovo di un finanziamento. Dopo un colloquio con il direttore dell’istituto di credito si è convinto a scendere, imbragato dai vigili del fuoco, che lo hanno poi consegnato alle forze dell’ordine. La Banca popolare di Milano ha precisato che: «la persona non è né un dipendente né un cliente di Bpm, ma un fornitore che a oggi non ha più rapporti con il nostro istituto».

Insomma, prima di perdere anche un solo centesimo a causa di un disgraziato, era bene prendere subito le distanze: un poveraccio che si lamenta di una banca, cosa inaudita. Meglio una rapina, insomma…