Ci sono sport fatti solo di sacrificio e di sudore, di fatica e di rinunce, e che raramente finiscono sotto le luci della ribalta, a causa dei minori ricavi che generano dal punto di vista degli sponsor e dei diritti televisivi.
Parliamo di pugilato, canottaggio, atletica leggera, hockey su ghiaccio, judo…tutti sport presenti e praticati nella nostra città ma lontani dal grande pubblico, sicuramente più attratto dalle glorie del calcio, dalla tradizione cittadina legata alla pallacanestro.
E, invece, Varese nasconde molte sorprese da questo punto di vista, e si scopre essere culla di società storiche, che hanno segnato il tempo attraverso i successi.
In questo primo “capitolo” parleremo del pugilato, sport umile ma che richiede grandi sacrifici. Siamo andati a trovare Augusto Lauri nel tempio della boxe varesina, la palestra dei Panthers a Bizzozero, situata nell’edificio della scuola Marconi di via Adriatico a Varese.
All’ingresso, le pareti della palestra sono ricoperte di poster, stendardi e vessilli che certificano il lungo lavoro che il “maestro” Lauri ha svolto in più di 40 anni di carriera dedicata a questo sport.
“E’ un onore poterla intervistare; ci può dare qualche informazione sulla sua vita, su come ha iniziato a praticare questo sport, e su cosa l’ha spinta a diventare un pugile ??”
“Sono nel mondo del pugilato fin da bambino. Iniziai all’età di 12 anni, in una palestra di Venegono. Ero uno di quei ragazzi un po’ troppo vivaci e spavaldi, e mi piaceva difendere i ragazzini che venivano bullizzati, usando i pugni. Per questo mio padre decise che dovevo ‘raddrizzarmi’, e mi portò per la prima volta in quella palestra venegonese. Tra me e il pugilato ci fu un colpo di fulmine, amore a prima vista. Dovevo solo imparare a rispettare le regole, cosa che ai tempi non mi piaceva.
La mia storia è stata piuttosto travagliata e nella mia vita ho viaggiato parecchio, dentro e fuori dall’Italia. Ho aiutato l’Albania e il Kosovo a fondare la federazione nazionale pugilistica in quei territori… insomma la mia vita è stata completamente dedicata al pugilato, tanto che i miei due figli, Giuseppe e Tony, sono diventati entrambi campioni, il primo dei due anche mondiale.”
“Ci parli un po’ della palestra in cui ci troviamo e della sua storia”
“Non sono stato io a fondare questa palestra. Arrivai qui quando quella di Venegono chiuse. Ma una volta cresciuto e dopo aver dimostrato a tutti le mie abilità, la presi in gestione. Il nome glielo diedi io: Panthers Varese Lauri Boxing Team. Ma non pensate che sia megalomane: Lauri è in onore di mio padre, per ricordarmi che è stato grazie a lui se ora io sono qui. Panthers invece non ha nessuna spiegazione precisa. Era un bel nome, aggressivo quanto basta, e mi è piaciuto fin da subito. In questa palestra sono cresciuti i miei figli, sono diventati campioni, e ancora oggi ogni tanto tornano qui a fare da esempio ai ragazzi che si allenano.”
“A che età ci si accosta a questo sport?”
“Sono arrivate qui persone, sia maschi che femmine, di tutte le età. Bambini accompagnati da genitori o nonni dall’aria dubbiosa, ma anche giovani uomini sui 20 anni. Non c’è un limite di età preciso, basta che ci sia la passione e la voglia di fare. E ovviamente il fisico allenato, non come il mio, ho una certa età (ride).
“Cosa spinge i giovani ad avvicinarsi al pugilato?”
“Molti dei ragazzi che arrivano qui hanno avuto problemi di diversi tipi, con la famiglia o con la legge, e vogliono fuggire da queste realtà che non danno loro il giusto spazio per crescere. Ma non solo, alcuni vengono qui per imparare a difendersi, e altri ancora hanno voglia di riscattarsi per qualche torto subito, o per qualche errore commesso in passato. Per me sono come dei figli, conosco la storia di ciascuno di loro, e voglio bene a tutti i ragazzi che qui ormai vivono”.
“Quali valori insegna il pugilato?”
“Umiltà, caparbietà, tenacia, capacità di trasformare in grinta i propri insuccessi, fame e voglia di riscatto. Queste sono le parole chiave alla base del pugilato nella mia palestra. Ma la boxe è una scuola di vita, prima di tutto. Essere un campione è molto raro, perciò qui in palestra alleno i miei ragazzi per diventare uomini, tramite il rispetto reciproco, l’amicizia e l’onore. Ho allenato molte persone, pochi sono stati poi campioni, ma tutti sono diventati uomini rispettabili. Sono orgoglioso di quello che ho fatto per questo sport in questa città, e anche a livello nazionale”.
Tommaso Cantoni
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