“…. E’ giunto il momento di riguardare la storia dell’arte di questa seconda metà del secolo, certo il periodo di maggiore incertezza, e insieme di fiducioso dogmatismo, che si sia mai attraversato. Siamo vissuti in un lunghissimo equivoco, obbedendo a parole d’ordine che impedivano di vedere la realtà. Solo certi fenomeni sono stati giudicati degni di considerazione, uniche prove legittime dell’arte contemporanea, serenamente ignorando tutti gli aspetti non omologabili. Mai intolleranza fu piú forte e gli artisti considerati puri strumenti di strategie….…Si è trattato di una vera e propria guerra, con morti, feriti, dispersi. Assai pochi hanno coscientemente conservato una propria autonomia, e l’anno pagata con il silenzio e l’indifferenza…”
“…Siamo rassegnati. Ci hanno abituato a decine di manufatti mediocri, di facili trovate, di giochi ottici, di artificiosi surrealismi, di espressioni cosiddette concettuali o di arte povera (povera arte! ai tempi buoni ricca e sontuosa). L’arte contemporanea deve essere brutta, deforme, incomunicante, sperimentale…
…Ci confortiamo dell’altrui parere, spesso leggero, automatico; ci suggestioniamo reciprocamente, e mai come ora i sarti dell’imperatore sono stati cosí inattivi.
E quanti saprebbero dichiarare che l’imperatore è nudo, affidandosi soltanto ai propri occhi?….
…Ma la maggior parte degli artisti di cui continuamente leggiamo e sentiamo parlare non sono che un piccolo, marginale, non rappresentativo aspetto di una realtà infinitamente piú complessa e variegata che, con i suoi umori, le sue esuberanze, i suoi furori, sta in penombra….
…L’arte sta restringendosi – o inseguendo effetti roboanti, non sostenuti da vere invenzioni….
…Mi sono cosí fatto l’idea che esista una strada segreta, un sentiero, che ci puó condurre fuori dal labirinto, dalla confusione e dalla babele delle lingue, che rendono indecifrabile l’arte contemporanea, una strada misteriosa ma aperta su panorami bellissimi, con scorci e inedite vedute. E penso a episodi inconsueti, ma non rari, perché il sentiero sempre piú si ingrossa e le vedute suggestive si moltiplicano. Di questo secolo, cosí scoperto, cosí dichiarato, cosí pubblicizzato nei suoi molteplici aspetti, di questi tempi della riproduzione industriale resterá dunque una “arte segreta“?…
…Il futurismo e il dadaismo hanno dato i loro frutti e prospettato le attuali conseguenze: le abbiamo viste consumate, subite. E molti ne sono usciti con la testa cambiata, hanno pensato che lí soltanto, e nel perpetuo rinnovarsi dell’avanguardia, l’arte contemporanea trovasse un senso, il suo senso. E di qui incomprensioni, esclusioni, incompatibilità, e, soprattutto, censura e silenzio per chi indicasse diverse soluzioni. Cosí è sorta una città sotterranea, dove si sono rifugiati, orgogliosi e imperturbabili, artisti di sicuro talento, e dove giungono, come naufraghi sopra una terra insperata, alcuni temerari che non hanno piegato le vele nella direzione del vento favorevole e hanno affrontato tempesta e bonaccia per arrivare a un luogo di cui avevano sentito parlare, ma della cui esistenza non erano neppure certi fino in fondo. Si è trattato per molti, fin dalla prima generazione di questo secolo, di scavalcare le avanguardie, di attraversarle ignorandole, di riagganciarsi all’ultimo gesto della mano con il pennello o con la pietra, di ricominciare dove il percorso si era interrotto. Per molti è stata una testarda coerenza, una polemica ragione di vita, nell’isolamento e nel silenzio; per altri, e soprattutto ora, è una dimostrazione di riscatto…”
(da Vittorio Sgarbi, La stanza dipinta, Supersaggi BUR, 1993)