Nel 1996 stavo a Managua, vivendo una delle mie rare situazioni di tranquillità reale e spirituale. E un pomeriggio mi è improvvisamente apparsa “La Venere di Urbino” del Tiziano in versione tropicale, nel ristorante italiano “Magica Roma”, vicino alla laguna di Tiscapa. Era una ragazza nicaraguense pura, pero’ abbastanza alta e non tanto magra, capelli scurissimi, occhi provocanti (come o più del dipinto di Tiziano) e una pelle abbronzata e vellutata che faceva voglia di mettersi a dipingere lì stesso.
Mi è venuto in mente, quella volta per davvero, di sfidare il mio Maestro Tiziano Vecellio, con una Venere tropicalizzata……..e da lì è nata una delle più affascinanti esperienze pittoriche della mia vita. Un lavoro che è durato 6 mesi e di cui sono estremamente orgoglioso, anche se poi non ho mai avuto la soddisfazione di vedere questo mio dipinto esposto in una Galleria o in un Museo……ma non importa. Io so che ho realizzato bene un lavoro molto importante e che la sfida con Tiziano non l’ho vinta…ma non l’ho neppure persa. E questa è la storia di questo dipinto.
Dalla preistoria ad oggi l’erotismo ha scandito ininterrottamente tutte le vicende espressive dell’arte occidentale, anche quando, per esempio, con il sopravvento della civiltà giudaico-cristiana si è cercato di demonizzarlo, provocando negli artisti e committenti le furbesche ispirazioni tematiche alla Bibbia, alle leggende o alle mitologie, per driblare le censure inquisitorie.
Ci sono tre dipinti famosissimi che, in questo senso, sono significativi di tre momenti della Storia dell’Arte. Sono tre nudi molto, molto sensuali, ma di sensualità totalmente differenti tra di loro, anche se queste opere sono state prodotte l’una come conseguenza diretta dell’altra.
LA VENERE DI DRESDA del Giorgione detta anche “La Venere dormiente”, dipinta tra il 1507 e il 1510. All’aperto, è i mmersa in un’atmosfera misuratamente sensuale e sognante (con gli occhi chiusi) sullo sfondo di un paesaggio idilliaco.
LA VENERE DI URBINO di Tiziano Vecellio, dipinta vent’anni dopo, nel 1538, con la donna ben sveglia che fissa spudoratamente l’osservatore, esibendo apertamente la propria nudità, sdraiata su un divano o un letto nell’ambiente sontuoso rinascimentale è un dipinto fortemente erotico. Nella sua mano destra tiene un piccolo mazzo di fiori, mentre con la sinistra si copre il pube. Sul primo sfondo un cane addormentato probabilmente simboleggia la infedeltà..
E infine LA OLYMPIA di Édouard Manet dipinta nel 1863, è una provocazione totale. Una prostituta sul “posto di lavoro” sfida con il suo sguardo lo spettatore, mentre la cameriera negra le porge un mazzo di fiori….In quegli anni iniziava a svilupparsi la fotografia, e molti dettagli sprezzanti di questo dipinto ricordano le prime foto pornografiche che circolavano clandestinamente. Ovviamente alla prima esposizione nel Salon di Parigi, questo dipinto desto’ uno scandalo impressionante.
Questi tre dipinti sono stati alla base della mia interpretazione tropicale del medesimo soggetto.
La sua storia nasce molti anni prima quando, alla fine degli anni ’60, stavamo studiando nella Accademia di Belle Arti di Firenze, nel mezzo delle lotte studentesche, con la voglia di cambiare tutto e di sperimentare tutto; quando non volevamo solamente partecipare agli eventi, ma creare eventi, partecipare e creare la Storia con entusiasmi, certezze, orgogli, compagnerismo, impegno e molta onestà (o forse ingenuità) morale ed umana.
Stavamo nella Scuola di Primo Conti, l’ultimo sopravvissuto dei Futuristi italiani: una avanguardia mummificata che viveva delle sue glorie passate.
La nostra fortuna è stata di trovare nel suo assistente, il Professor Goffredo Trovarelli, il nostro vero Maestro.
Il Maestro che ci ha incamminati definitivamente verso la Pittura.
E non solo verso il mestiere della Pittura, ma verso la Pittura di Colore, verso i Colori di Luce, quella particolare ricerca che ebbe le sue glorie nella Scuola dei coloristi Veneti del Rinascimento.
Questi avvenimenti succedevano esattamente nello stesso momento in cui ovunque veniva effettuato l’assassinio pianificato e la “scomparsa” ufficiale della Pittura come forma di comunicazione e di espressione umana.
Dopo 20.000 anni di gloriosa storia in tutte le civiltà umane, negli anni ‘ 60 è stata effettuata questa intolleranza concentrata e diffusa contro la Pittura e il mestiere del Pittore:…. “per molti artisti negli anni settanta, rappresentare una mela sul tavolo ritorno’ ad essere un fatto così audace come lo era negli anni dieci introdurre l’orinatoio di Marcel Duchamp in una mostra d’Arte”….(Jean Clair “Critica della modernitá” Ed. Allemandi – Italia)
Con il Maestro Goffredo Trovarelli “scoprimmo” di nuovo e profondamente Gentile da Fabriano, Bellini, Giorgione, Tiziano e tutti i Maestri del Colore, fino a Cézanne, Braque, Gayoni etc.
Tiziano Vecellio era per noi in quei tempi, e lo è tuttora, il Maestro massimo: quello che ha raggiunto insuperate altezze e vibrazioni dei “colori fatti di luce”.
Siamo andati ai musei degli Uffizi e Pitti a copiare (e studiare) direttamente questi pittori, con le nostre tele e i nostri pennelli: faccia a faccia con le opere originali (dopo 40 anni che nessuno studente di pittura dell’Accademia era più venuto a copiare i grandi Maestri in questi Musei).
Io ho avuto la fortuna di combattere giornalmente e per molti mesi agli Uffizi in faccia alle opere di Rembrandt (l’autoritratto giovanile), di Tiziano (Il Cardinale Ippolito de’Medici) e di Botticelli (adorazione dei magi) e a Pitti con l’opera di Camille Pissarro (nell‘orto) e alla fine ho capito qualcosa in più dei loro “segreti del mestiere”….e l’emozione era alle stelle!
E più intendevamo quei grandi Maestri, meno”rompevamo con il passato” (come era stupidamente di moda dire allora e ancora oggi).
Ancor di più: già non sopportavamo i discorsi di “rompimenti” pseudo-avanguardisti, anche perchè negli anni ’60 ormai non c’era ormai più niente da “rompere”, tutto era già stato “rotto” e l’Arte del passato era semplicemente sconosciuta alla maggior parte degli “artisti” e studenti d’Arte.
Nel Museo degli Uffizi incontravo, ogni giorno, la “Venere di Urbino” di Tiziano. Stava nella sala attigua a quella delle mie battaglie.
Morivo dalla voglia di fare una copia di questa opera, ma il MaestroTrovarelli mi sconsigliava totalmente questa avventura, perchè sarebbe stata uno sfascio totale.
E aveva ragione. Questa è una delle 10 opere più importanti di Tiziano, e allora bisognava sapere COME affrontare queste sfide per riuscire a capirci qualcosa.
Sono poi passati gli anni e lavorando duramente sono riuscito a migliorare qualcosa nei miei strumenti e conoscenze della Pittura….a possedere abbastanza del mestiere di dipingere.
Non è stato un cammino lineare e tranquillo, al contrario è stato un guazzabuglio monumentale, mescolato di tutto……aprendo cammini insperati come autodidatta, come aiutante di bottega, come studente e infine come professore e come artigiano.
Pero’ questa “Venere di Urbino” mi ha sempre perseguitato, non come donna (anche se è una bella donna), ma come pittura in sè: questo dipinto di Tiziano è fatto di niente. Queste variazioni minime di tono e di colore che percorrono la pelle della Venere, non riflettendo la luce ma soavemente proiettandola da dentro verso l’esterno, illuminando lo spettatore di tutta la sensualità possibile.
Questi contorni inesistenti, dove il corpo si perde nel bianco del lenzuolo, senza poter scoprirne la linea esatta della separazione.
I capelli che realmente sono macchie, pennellate di colore, e che sembrano disegnate capello per capello, uno per uno.
Questa massa vaporosa che enfatizza la sensualità languida della figura fino ad arrivare alla molla provocante dello sguardo. Anche questo fatto di niente, con poco colore che appena copre la trama della tela.
I grandi coloristi, ci diceva il Maestro Trovarelli, dipingono con pochi colori.
Plinio il Vecchio, nella sua “Naturalis Historia” ci spiega che una delle meraviglie dell’antichità è stata la grande Pittura greca, e che il supremo Apelle (IV sec. a.C.) dipingeva praticamente mescolando solamente 4 colori: terra rossa, ocra, bianco e nero.
Creando con questi 4 colori tutti i contrasti possibili: freddo/caldo; secondari/complementari, luce/ombra; chiaro/scuro ecc. realizzando pertanto la Pittura di Colore….. (essere “coloristi” non significa affatto usare tanti colori….ma esattamente il contrario!)
Come ho già detto nel 1996 a Managua-Nicaragua io stavo vivendo una delle mie rare situazioni di tranquillità reale e spirituale. E un pomeriggio mi è improvvisamente apparsa “La Venere di Urbino” nel “Magica Roma”, un ristorante dove stavo dipingendo alcuni murali mobili sulle tradizioni italiane.
Una “Venere di Urbino” in versione tropicale: una bellissima ragazza nicaraguense pura……e mi viene in mente di sfidare finalmente il mio Maestro Tiziano Vecellio, con una Venere tropicalizzata.
Ho immediatamente proposto a questa ragazza sconosciuta di posare come modella per la mia opera, e lei ha accettato, pero’ con la condizione della presenza costante del suo fidanzato nelle sessioni di lavoro nel mio studio (il fidanzato, poi, è stato presente nelle prime 10 sessioni e si annoiava a morte….poi ha smesso di venire, e ci ha lasciati tranquilli).
Ho lavorato in una tela appositamente preparata, con una misura esattamente media tra “La Venere di Urbino” di Tiziano e “La Venere di Dresda” di Giorgione, cioè di cm.111×166.
La pazzia è stata totale, perchè ho aggiunto un problema in più rispetto alla Venere di Tiziano: la luce massima nel fondo del Mar Caraibico. Praticamente un nudo luminoso in controluce (il dipinto di Tiziano è illuminato nel primo piano e la luce va degradando nei piani successivi). Questo è stato un problemone che mi ha complicato la vita e la vista fino alla conclusione dell’opera.
Ho deciso anche di ridurre abbastanza gli estremi del chiaro/scuro per giocare di più con le luci e ombre intrinseche dei colori…..praticamente il nero puro e il bianco puro non esistono….e anche questo mi ha creato problemoni infiniti.
(Pero’ il bello di dipingere è proprio creare problemoni, cercando poi di risolverli, o no?…così si sperimentano e trovano nuovi cammini e nuovi ordini alle cose)
Ho lavorato 6 mesi, tutti i giorni, compresi i sabati e domeniche, dalla mattina presto fino al calar della sera.
E alla fine ho dovuto convincermi che non c’è niente da fare.
Bisogna accettare la dura realtà: Tiziano Vecellio è molto, pero’ molto migliore del sottoscritto.
Pero’…onestamente, un poco/abbastanza mi sono avvicinato al mio grande Maestro conterraneo, lui veneto che fu sicuramente ostinato, ma io friulano non da meno cocciuto, credo.
Ho anche portato Tiziano a visitare il tropico centroamericano e, chissà, forse gli sarebbe piaciuto vivere e dipingere da queste parti. In fondo la sua Pittura è nata a Venezia, che è la città dell’acqua, della luce e del colore….e anche il Nicaragua è una terra di acqua, di luce, di colore e di calore in tutti i sensi.
Che posso dirti,caro Michilini?
Sei stato bravo a dare afflato poetico a un normale incontro fra umani:
anch’io ho incontrato una Venere centroamericana,una salvadoregna.
Non so minimamente dipingerla ma la ricordo, anzi sttimana prossima la rivedrò.
Stammi bene Nino
Caro Maetro, nonché caro amico, per me non sei da meno al Maestro Tiziano.
La tua Venere ha una magia di colori naturalistici, il paesaggio, i particolari sono sublimi e si fondono con il tutto, anche con la pelle setosa e sensuale della Venere, che adagiata sulle foglie da’ una sensazione di rilassamento totale quasi a voler accarezzarla perché reale. Grande Sergio, mi inchino davanti alla tua Arte. Giovanna De Lorenzis
Grazie Giovanna. A quando la piccola Accademia Dauna di Pittura?….(Chissá, qualcosa sullo stile della “Academiuta” di Pasolini in Friuli, peró di Arti Plastiche invece che di Poesia e Lingua https://it.wikipedia.org/wiki/Academiuta_di_lenga_furlana)