Un posto nel mondo 2011

Cooperativa Lotta contro l’emarginazione partecipa anche quest’anno, a Varese alla decima edizione della rassegna Un posto nel mondo – percorsi di cinema e documentazione sociale.

La rassegna prevede una serie di appuntamenti dal 25 ottobre al 6 dicembre 2011.

Cooperativa Lotta contro l’emarginazione organizza due eventi.

Il primo in data 10 novembre alle ore 18 presso lo spazio ScopriCOOP di Varese con la presentazione di un video, una mostra fotografica e un ricettario a cura del progetto Oltre le porte attivo sul territorio di Sesto Calende.

A seguire ci sarà un aperitivo etnico realizzato dalle donne del progetto Oltre le porte.

Il secondo appuntamento è previsto per martedì 29 novembre ore 21 presso il Filmstudio 90 a Varese con la presentazione di due documentari che trattano il tema dello sfruttamento dei migranti nel lavoro agricolo.

 La terra (e)strema, Italia 2009, 60′

Richard K. – una storia di Rosarno, Italia 2011, 17′

 

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Sistemi di emersione e inclusione socio lavorativa di adulti vittime di sfruttamento del lavoro

Il secondo appuntamento di sensibilizzazione proposto da Cooperativa Lotta contro l’emarginazione in collaborazione con l’Università degli Studi dell’Insubria e la Fondazione Cariplo rispetto ai temi dello sfruttamento del lavoro, è previsto per venerdì 14 ottobre con un altro spettacolo teatrale, “Virginia“, atto unico di Giuseppe Battarino, Dolores Fusetti e Luciano Sartirana.

Lo spettacolo si svolgerà alle ore 19.30 presso il Chiostro di Sant’Abbondio della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi dell’Insubria, in Via Sant’Abbondio, 12 a Como.

A seguire interventi della prof.ssa Francesca Ruggeri, dell’Università dell’Insubria e del dott. Paolo Cassani di Cooperativa Lotta contro l’emarginazione.

 Virginia 14.10.2011

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Sistemi di emersione e inclusione socio lavorativa di adulti vittime di sfruttamento del lavoro

Percorsi e formazione contro gli sfruttamenti

Cooperativa Lotta contro l’emarginazione, insieme all’Università dell’Insubria, propone un percorso di formazione/informazione sul tema dello sfruttamento del lavoro.

Il percorso si articola in vari momenti.

Il primo appuntamento è per venerdì 30 settembre con lo spettacolo “Shirtwaist” di e con Jane Bowie.

Atto unico dedicato alla vicenda della fabbrica negli USA in cui morirono, il 25 marzo 1911, 146 operai in prevalenza giovani donne immigrate.

Lo spettacolo si svolgerà alle ore 19,15 presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Strudi dell’Insubria, in via Sant’Abbondio 12, Como.

A seguire interventi del prof. Marco Novella dell’Università di Genova e del dott. Paolo Cassani di Cooperativa Lotta contro l’emarginazione.

Locandina_Shirtwaist_30.9.2011

Gli altri appuntamenti prevedono:

un laboratorio craetivo;

un corso di scrittura di lingua spagnola per immigrati e studenti;

un laboratorio di teatro.

Percorsi formativi

 

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Schiavi

Segnaliamo il programma in onda mercoledì 27 luglio alle ore 23.50 su Rai 3, dal titolo Schiavi.

 Verranno raccontate tre storie dei “nuovi schiavi”:

la prima “Miss Lagos”racconta l’inferno di una ragazza nigeriana trafficata e costretta a prostituirsi per ripagare il debito contratto con i suoi sfruttatori;

la seconda racconta la storia di un ragazzo del Mali, sfruttato sul lavoro e poi punito dai suoi “padroni” per aver preteso un’equa retribuzione;

la terza infine racconta la storia di un ragazzo ghanese, che dopo essere sopravvissuto alla traversata del deserto fino alla Libia e da lì via mare fino in Italia, si è trovato sfruttato e poi aggredito, malmenato e ridotto in fin di vita a Rosarno in Calabria.

 

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Glossario

  1. tratta di esseri umani
  2. traffico di migranti
  3. sfruttamento:

–         lavorativo

–         accattonaggio

–         attività illegale

–         sessuale

Tratta di esseri umani  

La tratta di esseri umani (traffiking in person) è definita dai Protocolli addizionali alla Convenzione Onu di Palermo sulla criminalità organizzata transnazionale (2000) come:

 “il reclutamento, trasporto, trasferimento, l’ospitare o accogliere persone tramite l’impiego o la minaccia di impiego della forza o di altre forme di coercizione, rapimento, frode, inganno, abuso di poter o di una posizione di vulnerabilità o tramite il dare e ricevere somme di denaro o vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un’altra a scopo di sfruttamento.

 Analoga la definizione specifica prevista dalla normativa italiana; il reato di tratta viene così definito dalla legge n. 228/2003:

 “Chiunque commette tratta di persona che si trova nelle condizioni di cui all’articolo 600 c.p.  ovvero, al fine di commettere i delitti di cui al primo comma del medesimo articolo, la induce mediante inganno o la costringe mediante violenza, minaccia, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante promessa o dazione di somme di denaro o di altri vantaggi alla persona che su di essa ha autorità, a fare ingresso o a soggiornare o a uscire dal territorio dello Stato o a trasferirsi al suo interno, è punito con la reclusione da otto a venti anni. La pena è aumentata da un terzo alla metà se i delitti di cui al presente articolo sono commessi in danno di minore degli anni diciotto o sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi“.

La persona trafficata è vittima di violenze, fisiche o psicologiche, e di sfruttamento. La tratta di persone è dunque una violazione dei diritti umani, che lo stato è chiamato a difendere. Il rapporto tra trafficante e persona trafficata non è limitato al trasporto da un punto all’altro del territorio (non è necessario il passaggio attraverso una frontiera nazionale), ma prosegue nel luogo di destinazione attraverso lo sfruttamento della vittima a favore del trafficante o di chi ha preso il suo posto all’interno di una rete criminale.

 

 Traffico di migranti

Il  traffico di migranti (smuggling of migrants), sempre in base all’art.3 del Protocollo di Palermo, viene indicato come:

“il procurare, al fine di ricavare, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o materiale, l’ingresso illegale di una persona in uno Stato Parte di cui la persona non è cittadina o residente permanente.”

 Il traffico di migranti è una violazione delle leggi sull’immigrazione esistenti in un determinato Stato. Questa situazione prevede il passaggio illegale attraverso un confine nazionale e non pregiudica la condizione di libertà del migrante: il rapporto tra lui e chi organizza il trasferimento è di natura commerciale termina una volta arrivati a destinazione e corrisposto il pagamento.

  Sfruttamento

Lo sfruttamento richiede che via sia un soggetto che consapevolmente trae un ingiusto profitto (anche non economico) dalla attività legale o illegale di un altro soggetto e che ciò avvenga tramite una “imposizione”10 Pertanto da un lato la  vittima non è libera di decidere se svolgere o meno una certa attività, dall’altro gli vengono sottratti totalmente o parzialmente i profitti dell’attività medesima.

Questa “imposizione” può realizzarsi mediante violenza, minaccia, inganno o qualsiasi altra attività che incida significativamente sulla capacità di autodeterminazione dell’altro soggetto.

La vittima dello sfruttamento può essere un adulto o un minore; ciò che rileva è che la sua libertà di autodeterminazione sia stata diminuita o annullata dalle azioni dell’altro soggetto.

La presenza di un eventuale consenso è irrilevante sia per gli adulti che per le persone minori, in quanto, essendovi una “imposizione”, tale consenso sarebbe in ogni caso viziato e dunque irrilevante.

I Protocolli di Palermo sulla criminalità organizzata transnazionale (2000) formalizzano e definiscono le tipologie di sfruttamento. Nel già citato art.3 si legge:

 “ per tratta si intende il reclutamento, trasporto, trasferimento, l’ospitare o accogliere persone tramite l’impiego o la minaccia di impiego della forza o di altre forme di coercizione, rapimento, frode, inganno, abuso di poter o di una posizione di vulnerabilità o tramite il dare e ricevere somme di denaro o vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un’altra a scopo di sfruttamento. Lo sfruttamento comprende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato o prestazioni forzate, schiavitù o pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo di organi.”

 Le modalità di sfruttamento sono dunque:

–         sessuale

–         lavorativo

–         delle attività illegali

–         dell’accattonaggio

–         per il prelievo di organi

 Sfruttamento lavorativo

Lo sfruttamento lavorativo si colloca tra lavoro nero e lavoro forzato.

 Il lavoro nero si caratterizza come un rapporto di lavoro non formalizzato da un contratto, privo di tutele salariali e di diritti: non sono riconosciuti contributi, ferie, malattie, infortuni. Lo stipendio tuttavia è del tutto simile a quello di un lavoratore regolare ed è frutto di un libero accordo (nei limiti dei rapporti di potere) tra il lavoratore e il datore. Entrambe le parti possono interrompere in qualsiasi momento il rapporto, senza pregiudicare la propria sicurezza. Nel caso di migranti privi di documenti, questa è l’unica possibile modalità di lavoro.

Nei in casi di lavoro forzato la dipendenza del lavoratore verso il datore è pressoché totale, sia dal punto di vista economico, che delle libertà individuali. Il rapporto tra le parti è basato su meccanismi di violenza fisica e psicologica, che la vittima non è in grado di rescindere senza incorrere in gravissimi pericoli per la propria incolumità. L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) che definisce il lavoro forzato come la situazione in cui sono presenti: violenza fisica o sessuale, agita o minacciata, una limitazione della libertà di movimento del lavoratore; un’attività lavorativa prestata sotto il vincolo della restituzione di un debito; il trattenimento del salario o il rifiuto completo di pagarlo; la sottrazione e il trattenimento di documenti di identità; la minaccia di denuncia del lavoratore alle autorità.

 Lo sfruttamento lavorativo presenta elementi del lavoro forzato (violenza, un datore di lavoro che trae illecito beneficio dal rapporto di lavoro instaurato), ma spesso non ha le caratteristiche nette della schiavitù . La normativa non definisce quali siano i termini e i confini dello sfruttamento da lavoro, lasciando ampio margine di interpretazione a Questure, Procure ed enti del Terzo Settore. Di fatto in questo momento non è possibile individuare una definizione condivisa nemmeno all’interno dei tre ambiti.

 Sfruttamento dell’accattonaggio

Lo sfruttamento in attività di accattonaggio ha caratteristiche analoghe allo sfruttamento lavorativo. La principale differenza con quest’ultimo riguarda il fatto che la mendicità non rappresenta un’attività propriamente lavorativa. D’altro canto l’accattonaggio non rappresenta una attività penalmente illecita.

Perché sia riconosciuto lo sfruttamento è necessario che un soggetto “imponga” ad altri questa attività per poi privarlo di tutto o di parte dei profitti.

 Sfruttamento delle attività illegali

Un discorso analogo può essere fatto in relazione alle attività illegali. In particolare il riferimento è alle condotte punite con la reclusione, tra cui le più comuni sono traffico di sostanze stupefacenti, rapine e furti. Anche in questo caso, il semplice fatto che uno degli agenti rivesta un ruolo di maggiore autorità e che percepisca una maggiore quota dei proventi illeciti non significa che si sia innanzi a una ipotesi di sfruttamento. È necessario che concorrano tutti gli altri elementi evidenziati per lo sfruttamento lavorativo, in particolare l’imposizione dell’attività illegale dietro ricatto, minaccia, violenza fisica o psicologica; la sottrazione dei proventi; la limitazione della libertà di movimento e di scelta.

 Sfruttamento sessuale

La principale tipologia di sfruttamento sessuale è quello attinente allo sfruttamento della prostituzione. Questo si ha ogni qualvolta un soggetto tragga vantaggio economico o di altra natura dall’attività sessuale di una terza persona, ricorrendo a minacce, inganni e violenza. La tipologia di sfruttamento sessuale più diffuso e conosciuto e quello dello sfruttamento, induzione e favoreggiamento della prostituzione.

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Le piazze del mondo

Anche quest’anno il Coordinamento Migrante Varese ripropone l’appuntamento LE PIAZZE DEL MONDO che si terrà domenica 26 giugno 2011 nel centro storico della città di Varese.

Il tema centrale della giornata sarà: “L’EUROPA E LE RIVOLTE DEL MAGHREB. Nuovi scenari di cooperazione ed integrazione nel Mediterraneo”.

L’intento dell’iniziativa è quello di ricreare anche nel cuore della città di Varese la vivacità e la ricchezza delle grandi piazze del mondo, dove le persone con le loro storie, culture, religioni diverse si incontrano, si incrociano e si conoscono. 

Domenica 26 giugno dalle 10 alle 20

 nel cuore della città

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Storia di John

II parte

Kirka

Opera del pittore Kirka

La fabbrica era disposta su due piani e divisa in diverse stanze. In ogni stanza dormivano circa sette persone. Dormivamo al piano superiore e mangiavamo in quello inferiore. Non c’erano né brandine, né letti, ma dormivamo sui cartoni con coperte molto leggere. Il capannone era senza corrente elettrica e senza acqua. Se volevamo fare la doccia a pochi metri dal dormitorio c’erano alcuni ragazzi africani che vendevano l’acqua calda a 50 centesimi al litro. Se volevamo l’acqua della fontana, c’erano quasi sempre degli uomini che con la loro auto ci portavano alla fontana per 5 euro.

Per mangiare facevo la spesa nel market del paese e per arrivarci serviva il “servizio taxi”, che costava 10 euro. Solo ogni tanto passava una signora anziana della Caritas a portarci vestiti e cibo. Vicino alla fabbrica si potevano acquistare sigarette di contrabbando o ci si poteva tagliare i capelli.

Un giorno un amico mi ha detto che delle persone italiane avevano sparato a dei lavoratori africani e che c’erano delle proteste nella piazza del paese. Io ero alla fabbrica, poco dopo è arrivata la polizia e ha portato via tutti gli stranieri presenti.

Sono stato stato accompagnato a Bari, alloggiato presso la tendopoli predisposta dalla Croce Rossa Italiana, lì ho potuto presentare regolare denuncia per sfruttamento da lavoro. Poi sono stato inviato a Varese, accolto dalla Cooperativa Lotta contro l’emarginazione, in attesa di un parere da parte del Pubblico Miinistero che mi permetta di prendere il permesso di soggiorno e intraprendere il percorso di protezione sociale, in modo da regolarizzarmi e affrancarmi dalla precedente situazione di sfruttamento.

Sono stanco di lavorare in nero, costretto ad accettare le ingiuste condizioni di lavoro che vengono proposte a chi, come me, non può rivendicare dei diritti, perché non in regola coi documenti.

Sono preoccupato, ma spero che prima o poi il giudice valuti la mia storia e mi riconosca il diritto ad accedere all’art. 18 del Testo Unico sull’immigrazione.

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Storie

La redazione ha deciso di pubblicare settimanalmente una rubrica sulle storie delle persone seguite da Cooperativa Lotta contro l’emarginazione nei percorsi di protezione sociale,  perché dietro alle definizioni  e alle leggi, si trovano  le drammatiche vicende personali  di esseri umani.

Sono uomini e donne che hanno  intrapreso un percorso migratorio per tentare di migliorare le loro condizioni di vita e aiutare le loro famiglie rimaste nei paesi di origine e invece si sono trovate a subire situazioni di sfruttamento molto forte, sfruttamento che in molti casi sembrava l’unica via possibile al loro desiderio di lavoro in Italia.

Dopo la storia di Lin, proponiamo un’altra vicenda di sfruttamento lavorativo, riguardante gli episodi avvenuti a Rosarno, in Calabria nel gennaio 2010.

Storia di John

I parte

Mi chiamo John, sono nato in Ghana nel 1977. Da quando ho 17 anni sogno di venire in Italia, la terra dei cristiani. Infatti della mia famiglia sono l’unico cristiano e per questo sono anche stato torturato dai miei fratelli.

Quando ho finito la scuola a 17 anni ho iniziato a lavorare e mettere via i soldi per partire. Nel 2002 sono arrivato in Libia dove sono rimasto 3 anni per mettere da parte i 1000 euro per raggiungere l’Italia con una barca.

Sono arrivato a Lampedusa a giugno del 2005.

Sono andato da un mio amico a Napoli che mi ha ospitato a casa sua e mi ha trovato un lavoro.

Per un anno e mezzo ho lavorato in una cava di sabbia. Guadagnavo 200 € alla settimana per 12 ore di lavoro. Poi c’è stata una retata dei carabinieri e ho perso il lavoro.

Tramite passa parola ho scoperto che a Rosarno cercavano braccianti agricoli per la raccolta delle arance e olive.

Ho lavorato per diversi datori di lavoro, per quasi 2 anni, prendendo circa 400 euro al mese.

Ho chiesto spesso al mio datore di lavoro di essere regolarizzato, ma l’uomo si prendeva gioco di me dicendo che mi stava cercando un avvocato.

Per questa persona ho raccolto le olive per 13 ore al giorno lavorando dalle 7 alle 20. In tutto questo tempo dormivo con altre mille persone in una fabbrica abbandonata lontano dal paese di Rosarno…

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La cooperativa Lotta contro l’emarginazione accoglie i profughi.

La balsa de Lampedusa di Kirka

Sono stati messi a disposizione alcuni posti nelle strutture che, a Varese e Sondrio, accolgono le vittime di tratta e sfruttamento.

Accoglienza profughi dalla Libia
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La storia di Lin

II parte

Ho cercato un altro impiego tramite il passaparola tra connazionali e rispondendo ad annunci di lavoro in cinese affissi in negozi nella zona di Paolo Sarpi a Milano.

Così ho conosciuto una donna cinese che mi ha portato in un nuovo laboratorio tessile, il proprietario mi ha spiegato che il lavoro non era molto: 10 ore al giorno senza riposo settimanale con vitto e alloggio e 500 euro al mese…ho subito accettato.

Il proprietario mi ha aumentato l’orario di lavoro fino a 17 ore al giorno lasciando invariato lo stipendio.

Ho litigato con lui perché mi sentivo truffata, ma non è servito a niente.

Iniziavamo a lavorare alle 6 del mattino fino a mezzanotte, sospendevamo per mangiare 3 pasti al giorno per una tempo di 20 minuti a pausa.

Il laboratorio era organizzato nella stesso appartamento nel quale vivevamo. Noi operai dormivamo in una stanza vicino a quella dei padroni. Lavoravamo, mangiavamo, dormivamo…vivevamo sempre nello stesso luogo. Era impossibile uscire. Non eravamo segregati, ma non c’era tempo.

Eravamo 7 operai a condividere il poco spazio, lavorando in un luogo poco illuminato, malsano per i fumi delle colorazioni dei tessuti, senza l’uso di guanti o protezioni, col rischio di compromettere in modo irreparabile la nostra salute.

Dopo un anno in questa situazione ho deciso di andarmene e di denunciare la situazione di grave sfruttamento cui vengono sottoposti cittadini cinesi senza permesso di soggiorno, senza conoscenza della lingua italiana, costretti ad accettare le disumane condizioni imposte da connazionali senza scrupoli.

Ho incontrato delle persone che mi hanno spiegato che esiste una legge che garantisce la protezione all’aiuto ai cittadini stranieri sfruttati e maltrattati: io all’inizio non pensavo che riguardasse me e la mia condizione, in fondo riuscivo a guadagnare qualche soldo e poi avevo un contratto di lavoro!

Solo con l’aiuto di alcuni operatori ho capito che il mio non era un contratto regolare e che mi stavano sfruttando.

Ho deciso così di denunciare la mia storia.

Dopo aver sporto denuncia sono stata inserita in un percorso di protezione sociale ottenendo un permesso di soggiorno per motivi umanitari, col quale spero di poter ricominciare a vivere in Italia in modo regolare.

Sto studiando l’italiano e sto imparando a cercare lavoro fuori dai circuiti gestiti da connazionali. È difficile ma mi sto impegnando…mio figlio in Cina ha bisogno del mio aiuto!

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